Aldo Bianchini
SALERNO – Seguo attentamente da oltre trent’anni la cronaca giudiziaria che spesso si intreccia con la nera, quindi una certa esperienza in materia ce l’ho; non fosse altro che nel comprendere più mo meno rapidamente l’essenza degli atti giudiziari e/o dei report giornalistici che leggo sulle varie vicende che si accavallano nel tempo. Su Anna Esposito, fino a questo momento, non avevo scritto ancora niente nonostante abbia già letto e riletto il libro “Il segreto di Anna” scritto dall’indomito Fabio Amendolara che con costanza certosina è andato alla ricerca anche dei più piccoli elementi atti a confutare le conclusioni della prima inchiesta giudiziaria che accreditava la tesi del suicidio della super poliziotta cavese in servizio nella caserma Zaccagnino di Potenza, ed anche della seconda inchiesta condotta dalla Procura di Salerno (Rosa Volpe e Luigi D’Alessio) che smentì qualsiasi collegamento con il delitto Claps. Difatti non mi ha mai preso più di tanto l’ipotesi suggestiva di un aggancio tra la morte di Anna e quella di Elisa Claps, nel senso che Anna sarebbe stata uccisa o indotta al suicidio perchè a conoscenza di alcuni misteriosi passaggi di quell’orrendo delitto. Non mi ha mai coinvolto più di tanto neppure la dichiarazione, nettamente pro omicidio, di Gildo Claps (fratello di Elisa) posta a prefazione del lavoro letterario del pur bravo Fabio Amendolara. Per queste ragioni non sono mai stato schierato con quelli che gridano all’omicidio di Anna, piuttosto sono stato sempre convinto che fu la stessa Anna a porre fine alla sua breve esistenza terrena per ragioni che forse, se aiutata psicologicamente, avrebbe superato in bellezza visto e considerato l’amore che la legava ai suoi due figli alla pari dell’amore sicuramente sincero che la univa al giornalista Rai Luigi Di Lauro che ho sempre ritenuto lontano mille miglia dal momento finale della vita di Anna. Voglio essere ancora più chiaro. La certosina ricerca delle prove e degli elementi pro omicidio fatta da Fabio Amendolara non mi ha mai convinto per il semplice fatto che nel contesto del lavoro letterario ben fatto vengono analizzati a senso unico soltanto gli elementi dubbiosi perché, probabilmente, l’autore aveva ed ha come obiettivo la dimostrazione che la morte di Anna fu causata da “un gesto non autolesionista”. In questi ultimi giorni ho cercato di capire leggendo il mio quotidiano storico (Il Mattino) cosa sia emerso dalla nuova perizia autoptica ordinata dalla Procura di Potenza (Francesco Basentini e Valentina Santoro) ed eseguita dal mitico professore Francesco Introna coadiuvato dalla dottoressa Liliana Innamorato di Bari. Sinceramente non ci ho capito nulla, e spiego perché. Sabato 18 luglio Il Mattino esce con il titolo “La superperizia sulla poliziotta. Anna si suicidò” (pag. 32) anche se nell’articolo si legge: “La superperizia redatta dagli esperti dell’istituto di medicina legale di Bari, non lascerebbe dubbi: non si è trattato di un gesto autolesionista messo in atto legandosi con una cinghia, lunga ben 93 cm., alla porta del bagno dell’appartamento che occupava presso la Caserma Zaccagnino”. Dunque, al di là della palese e deprecabile contraddizione tra il titolo e l’articolo (ma si sa che i titoli non li scrive il giornalista !!), la mattina di sabato mi è sembrato di aver capito che Anna non si sarebbe suicidata. Il giorno dopo, però, ecco la grossa novità apparsa sempre su Il Mattino (pag. 37 del 19 luglio). Nell’articolo dal titolo “Anna uccisa, non chiudete il caso” si legge, però, tutto il contrario: “Secondo i due consulenti non si sarebbe trattato di omicidio, ma di un gesto autolesionista e cioè di suicidio”. Mi sono messo nei panni di un lettore qualunque, non aduso ai perversi ingranaggi della giudiziaria fatta a volo e tanto per farla, e mi sono ritrovato quantomeno sconcertato dalla leggerezza con cui in due giorni i due titoli non corrispondono affatto al contenuto degli articoli e, cosa peggiore, in un articolo si parla di omicidio e nel secondo di suicidio. Per carità è un fatto che può accadere, senza nasconderci dietro un dito sappiamo tutti come la composizione di un giornale in redazione venga fatta con grande ansia e velocità a discapito della qualità, ma il responsabile della redazione farebbe bene a mettere prima d’accordo le due teste giornalistiche pensanti per arrivare ad una conclusione più o meno accettabile anche sul piano della credibilità. Altrimenti ci avviamo davvero verso la deriva.
direttore: Aldo Bianchini
Solo una cosa voglio dire,questo che ha messo su questa sceneggiata di parte e da querela…