Aldo Bianchini
SALERNO – La folla delle grandi occasioni in trepidante attesa per l’esordio ufficiale salernitano del giovane Federico Conte, figlio d’arte, candidato nelle file del PD per il Consiglio Regionale delle prossime elezioni amministrative del 31 maggio 2015. E’ salito sul palco del Grand Hotel Salerno visibilmente emozionato, al punto giusto però, tanto da lasciarsela subito alle spalle quell’emozione quasi doverosa che è stata anche portatrice di un messaggio molto preciso: il ritorno alla politica attiva, innovatrice e lungimirante. In pochi secondi, tanti quanto bastavano per salire sul palco, Federico ha rotto tutti gli indugi e scavalcato tutti quegli argini che, per troppo tempo, hanno tenuto suo padre Carmelo Conte (già ministro della Repubblica) fuori dalla politica pensata e propositiva. “Perché no … eccomi sono quà con passione ed umiltà… perché no, perché non provarci …” ha tra l’altro detto Federico; ed io aggiungo “per raccogliere un’eredità molto importante e significativa”. Diversi anni fa l’allora giovanissimo Federico aveva dato una lezione di rispetto genitoriale e di etica comportamentale rispondendo con un secco “nella mia famiglia uno solo fa politica … mio padre” a chi dalla direzione nazionale del Nuovo PSI brigava per una sua candidatura al parlamento nazionale dopo aver fatto brutalmente fuori suo padre, temuto oltre ogni logica comprensione. Quei pochissimi metri, cinque o sei i n tutto, per raggiungere il microfono sul palco dalla prima fila della platea del Grand Hotel sono stati, probabilmente, i più lunghi mai percorsi nella sua giovane vita di rampollo di due schiatte prestigiose della vita politica nostrana degli ultimi decenni: quella di Carmelo Conte e quella di Alfonso Andria; il primo come esponente della politica pensata, il secondo come esempio di signorilità applicata alla politica. Passo deciso, dialettica sciolta e forbita, voce forte e ben intonata per spiegare in maniera concreta il suo pensiero politico ad una platea gremita e molto attenta: “un centrismo campano da proporre come alternativa costruttiva allo storico napolicentrismo”. Federico accoppia con naturalezza una signorilità intrinseca ad una classe politica sicuramente di primo livello; la sua concezione della politica è chiara e precisa ed è tutta proiettata verso il futuro. Diversi anni di attività professionale come avvocato penalista lo hanno temprato e formato grazie anche al valore aggiunto di aver difeso vittoriosamente suo padre nel processo “California”, uno dei processi più assurdi e, forse, insensati nella storia giudiziaria della nostra circoscrizione. Insomma Federico Conte è pronto per la grande avventura sia regionale che nazionale in un mondo politico che aspetta con ansia nuovi giovani talenti. Pensa addirittura alla nascita ed alla crescita di “diverse medio città metropolitane” nell’ambito di quel “centrismo campano” di cui prima e con Salerno al primo posto di questi nuovi centri di aggregazione sociale, culturale, economica e progettuale senza mai dimenticare le categorie meno abbienti. Lo ha presentato con grande entusiasmo il vecchio socialista Enzo Bove; un abbraccio li ha stretti sul palco tra il delirio dei socialisti presenti a valanga nell’ampio salone. Ma anche sul socialismo Federico ha espresso idee molto chiare ed ha precisato “di aver aderito al PD nel momento in cui i democratici sono entrati a far parte della grande coalizione socialista europea” e rivolgendosi alla platea con tono da maturo avvocato penalista ha quasi gridato “non dimentico le mie radici … per questo ho deciso il grande passo”. Ed il Partito Democratico ha risposto nella maniera migliore inviando alla festa di Federico il segretario provinciale del partito, Nicola Landolfi, che con grande lucidità ha riaffermato la linea di apertura e di legalità ha augurato al candidato i migliori successi sull’onda trascinatrice di Vincenzo De Luca. Le premesse, dopo la serata del Grand Hotel Salerno, sono tutte positive e favorevoli al giovane Federico, difficile prevedere come andrà a finire questa tornata elettorale ma il dado è stato ormai tratto e il palcoscenico non potrà più essere abbandonato. L’applauso scrosciante, lungo e convinto è stato la dimostrazione plastica dell’ottima accoglienza che il pubblico del Grand Hotel ha riservato all’erede di un patrimonio e di una cultura politica da non sottovalutare per nessuna ragione.
direttore: Aldo Bianchini