Da Marco Bencivenga e Filippa Antinoro
ROMA – Da Gela a Catania, Palermo, Cagliari, Bari, Roma, Milano, Aosta. Le piazze di tutte le città d’italia, ieri, 5 maggio 2015, hanno ospitato insegnanti, Personale educativo, Ata, alunni e perfino genitori e studenti dell’Università per una protesta unitaria contro il Ddl sulla Buona Scuola voluto da Renzi e dal ministro all’istruzione Giannini. Per la prima volta tutte le sigle sindacali si sono trovate riunite nel portare avanti un solo obiettivo. Il ritiro del disegno di legge che lede ogni diritto degli insegnanti e sminuisce la scuola pubblica.
Tanti i punti che hanno portato alla protesta di ieri, prima di tutto l’enorme potere che, il disegno in discussione in questi giorni al Parlamento, darà ai dirigenti scolastici, che avranno la piena facoltà di decidere il personale di ruolo pescandolo da albi regionali. Personale che verrà valutato ogni tre anni dal dirigente stesso, che deciderà se rinnovare o meno l’incarico. E in un Paese , come l’Italia, dove si sconosce la meritocrazia, questo punto del decreto la dice lunga. Il personale scolastico non avrà più sede fissa. Il preside, tra l’altro deciderà anche sull’organico dell’autonomia , senza alcun parametro o norma di riferimento. La cosa ancor più grave è che, secondo il ddl, il personale precario con più di 36 mesi di servizio verrebbe automaticamente licenziato, per evitare che questo possa avanzare diritto all’assunzione, vista la sentenza della Corte costituzionale Europea, che ha multato l’Italia per la reiterazione dei contratti nel settore scuola.
La cosa che lascia interdetti, è la perdita di diritti acquisiti da parte dei precari, che dopo aver superato un esame di abilitazione, o con concorso o con Sissis, entrambi banditi dal Miur, hanno avuto accesso alle cosiddette graduatorie permanenti ad esaurimento, che avrebbe doto il diritto all’assunzione, fino appunto al loro esaurimento. Bene, coloro che non rientreranno nel piano assunzioni stabilito dal Ddl Buona Scuola, non avranno più diritto a far parte di queste graduatorie, in quanto verranno cancellate, eliminate. Cioè si decide con legge, di eliminare un diritto acquisito con legge. Solo nella scuola vale la retroattività della legge. Così tanti insegnanti precari, appartenenti a classi concorso più sfortunate, potrebbero rinunciare per sempre al sogno di diventare insegnante. Si tratta di ultraquarantenni, che hanno speso una vita per la scuola, con concorsi, master, scuole di specializzazioni e supplenze.
Tra questi “sfortunati”, ci sarebbero anche coloro che fanno parte del personale educativo dei convitti. Una classe di concorso L030, appartenente all’Ordine di Scuola PPPP, equiparata a quella degli insegnanti delle elementari, che sembra essere stata dimenticata dal Ddl. Per questi non è prevista nessuna assunzione, nonostante abbiano superato un esame di abilitazione nel 2002, sempre bandito dal Miur, e abbiano investito da allora sulla scuola. Insomma i punti critici sono tanti. Gli studenti, reclamano una scuola pubblica più equa, che è stata svenduta a favore di quella privata.
Gli studenti hanno, dunque, protestato per un nuovo diritto allo studio con il fine di raggiungere la piena gratuità della scuola, e un’alternanza scuola-lavoro più qualificata. Ma anche scuole più sicure. Gli universitari e i tieffini, chiedono un sistema lineare di accesso all’insegnamento, mentre nel DDl Buona scuola, vi è solo una delega in bianco. Ma Renzi dall’alto sembra indifferente a tutto ciò. Asserisce solo che chi ha aderito allo sciopero di ieri fa parte di una scuola che non è “Buona”, e sembra risoluto ad andare avanti. Oppure sospenderà il ddl, solo se con questo verranno a decadere anche le 100 mila assunzioni promesse