Aldo Bianchini
SALERNO – I tragici fatti accaduti all’interno del Tribunale di Milano stanno mettendo in mostra una evidente spaccatura tra la magistratura e la gente comune, forse per colpa della stessa magistratura. Premesso che ritengo gravissimo quanto accaduto a Milano, proprio per questo bisogna andare al di là dell’emozione e del dolore del momento per le vittime ignare ed innocenti per concentrarsi sul perché questi fatti accadono e sul perche qualcuno che ha fatto parte della stessa magistratura oggi parla di “un clima strano” che aleggia intorno alla figura del giudice in generale. Chi l’ha detto non è stato un magistrato qualsiasi, è stato storicamente uno dei tre magistrati inquirenti che con Antonio Di Pietro e Pier Camillo Davigo hanno seppellito per sempre la cosiddetta “Prima Repubblica” in quello strano e torbido giorno del 17 febbraio 1992 quando, con l’arresto di Mario Chiesa, diedero l’avvio di quella che passerà alla storia come “Tangentopoli”. Capisco la rabbia di Gherardo Colombo ma proprio da lui, che voleva rivoltare l’Italia come un calzino, non mi sarei mai aspettato una frase del genere. Perché ? Perché quei tre valorosi magistrati seppero costruire ed avviare “la svolta” clamorosa che portò la magistratura nazionale, dopo decenni di sonnacchioso silenzio e migliaia di misteri della repubblica, alla ribalta internazionale con segnali positivi e di rispetto anche verso il nostro Paese. I tre magistrati furono ospitati dalle migliori università americane, inglesi, tedesche e francesi ma anche da quelle giapponesi ed australiane. Insomma in quel periodo la magistratura italiana ha vissuto il suo momento di maggior splendore per finire rapidamente nell’oblio della dimenticanza. Perché ? Perché la stessa magistratura non seppe sfruttare quel periodo di splendore per posizionarsi in maniera definitiva nell’immaginario della gente comune; anzi una volta passato quel momento magico la vita quotidiana ha scavato un solco incolmabile tra la gente e la magistratura, un solco che oggi (e qui ha ragione Colombo) sta registrando la sua massima divaricazione con ricaduta negativa anche sull’immagine e sulla proiezione esterna di ogni singolo magistrato che più di qualcuno comincia a vedere come nemico della giustizia e non più giustamente come amico della voglia di giustizia che permea tutti gli strati sociali. Le cause sono molteplici ed è difficile fissarne soltanto alcune; è facile pensare all’aggressività mostrata da alcuni pubblici ministeri che a tutti i costi volevano e vogliono entrare nelle sfere della politica che non rientra tra le loro possibilità, è facile parlare di PM esibizionisti e desiderosi di occupare le prime pagine dei giornali e i primi servizi dei telegiornali. La spiegazione di questa inversione di marcia, cioè della gente che ha rapidamente ritirato il proprio e incondizionato consenso nei confronti della magistratura, va forse ricercata in altre motivazioni più profonde che attengono lo stato sociale di un Paese che pur avendo una grande voglia di cambiare e di rinnovare non ha voluto e non vuole farlo attraverso le forzature di una magistratura che dopo i primi apparenti successi incomincia a battere clamorose mosse a vuoto. Ovviamente le affermazioni di Gherardo Colombo andrebbero analizzate in maniera molto più attenta e approfondita, Colombo non è un ex magistrato che parla tanto per parlare e le sue irruzioni nel mondo civile producono sempre effetti molto marcati. Insomma ridurre le ferie ai magistrati non è e non può essere il segnale di uno stato di delegittimazione della magistratura da parte della politica che rimane ancora sotto traccia ed incapace di formulare concrete e serie proposte di riforma dell’intero sistema giudiziario. I gravissimi fatti di Milano devono, comunque, indurre tutti a più sereni e costruttivi approfondimenti per lavorare tutti insieme e non gli uni contro gli altri. Del resto lo stesso Gherardo Colombo, dall’alto della sua serena capacità di analisi, nelle ore immediatamente successive alle sue prime dichiarazioni ha invitato tutti a lavorare di comune accordo per costruire un mondo giudiziario migliore.
direttore: Aldo Bianchini