Aldo Bianchini
SALERNO – Non è questa la prima volta che scrivo sulla cardiochirurgia di Salerno ed in special modo sul prof. Giuseppe Di Benedetto che della cardiochirurgia salernitana è stato ed è il principale ispiratore ed artefice. Alla base dei miei scritti c’è la splendida pubblicazione “20 anni di cardiochirurgia – Salerno a cuore aperto” (ed. AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona) curata in maniera brillante da Antonio Longobardi, Paolo Masiello, Elvira Morena e Antonio Panza, impaginazione di Maria Grottola, guidata ed illustrata da Liliana Verdoni (giornalista e moglie del prof Di Benedetto). Ufficialmente la struttura complessa di cardiochirurgia aprì i suoi battenti il 15 febbraio 2013, l’inizio vero del lavoro arrivò poche settimane dopo e cioè il 1° aprile. Qualcuno parlò di un brutto “pesce d’aprile per Salerno” in quanto molti non credevano che un giovane cardiochirurgo con un gruppo di medici – anestesisti e infermieri del tutto sconosciuti avrebbero saputo portare avanti un discorso di grandissima organizzazione e professionalità. Sbagliavano tutti quelli che erano scettici, sbagliarono anche le istituzioni quasi del tutto assenti alla cerimonia di inaugurazione che, come recitavano i manifesti dell’epoca, registrò la presenza “soltanto” dell’assessore alla sanità della regione Campania on. Giovanni Clemente. Un’occasione decisamente sprecata; è vero che il sindaco Vincenzo Giordano navigava a vista nei marosi di tangentopoli (si dimise poco più di un mese dopo) ma l’assenza delle istituzioni romane fu un vero e proprio schiaffo in pieno viso per tutti i salernitani. Invece quel gruppo coraggioso, quasi interamente ancora in prima linea, diede vita a quella che oggi possiamo decisamente definire come “una splendida eccellenza” che dà lustro alla nostra città ed all’intera provincia. Il gruppo ebbe la forza e la capacità di resistere per ben 44 giorni, tra ritardi – altalena di notizie e rinvii da parte delle istituzioni, prima di poter tagliare il vero nastro di partenza del 1° aprile 1993. La storia indica nella persona della signora A. R., una giovane di 33 anni, battipagliese, e mamma di due bambini, il cui nome fu proiettato con grande capacità mediatica sul palcoscenico pubblico. Un difetto interatriale assillava la giovane mamma che in una settimana si riprese e venne anche dimessa. Il giorno successivo andò sotto i ferri di Di Benedetto anche un’altra giovane donna, F. S. di Cava de’ Tirreni. Anna e Francesca (questi i loro nomi di battesimo) furono dimesse nella stessa giornata e ritornarono rapidamente a casa, la prima per dedicarsi amorevolmente ai suoi due figli, la seconda per completare i preparativi dell’imminente matrimonio. Due realtà di vita diverse, due esigenze di vita restituite alla serenità dai magici bisturi di Giuseppe Di Benedetto, Severino Iesu e Franco Triumbari, con l’assistenza di Rocco Leone, Paolo Masiello, Generoso Mastrogiovanni, Antonio Panza, Domenico Petriella e Antonio Romiti e la lista potrebbe continuare con i cardioanestesisti, con i tre caposala e i 35 infermieri. Le liste di attesa cominciarono subito a gonfiarsi ma per Di Benedetto quel successo iniziale non era sufficiente, non soddisfaceva appieno le sue aspettative, il suo sogno rimaneva quello di portare la “sua struttura” quel “giocattolo” (che alcuni politici sostenevano essere stato dato nelle mani di uno sprovveduto !!) ai livelli di assoluta eccellenza nazionale. Pensò bene, quindi, di ritornare alla sua “vocazione naturale” rilanciandosi nella cardiochirurgia pediatrica. Scopre una mamma che partorirà un figlio maschio che già nel grembo materno è portatore di una seria patologia cardiaca. Di Benedetto non si lascia sfuggire la grande occasione ed interviene sul cuore del neonato quando ha appena sei giorni di vita; il successo pieno ed assoluto rilancia le quotazioni del cardiochirurgo nel firmamento nazionale della cardiochirurgia, tutti i dubbi e le incertezze d’improvviso vengono spazzate via e lo sguardo di molti comincia a fermarsi su quanto sta accadendo all’interno di quel dipartimento che agli occhi dell’opinione pubblica appare come una specie di “oasi felice” nel bel mezzo del deserto dei tartari in cui versa tutto il resto della struttura ospedaliera a poco più di dieci anni dalla sua inaugurazione. Sempre a marzo, ma l’anno successivo “1994”, arriva la consacrazione ufficiale a livello internazionale con quella che passerà alla storia come “il caso Ivan”. E’ un giovanissimo bosniaco di 16 anni, Ivan Dujo, al quale manca addirittura un ventricolo e le sue condizioni fisiche generali si sono aggravate anche a causa della guerra che imperversa nel suo Paese. Potrebbe essere operato in Inghilterra ma non ha i soldi necessari, entra in gioco Di Benedetto che riesce a portare il ragazzo a Salerno grazie all’interessamento di Ana Juricic (responsabile italiana per l’organizzazione sanitaria per la Bosnia), si proprio quell’Ana che si scontrò inizialmente con Franco Di Mare -noto giornalista Rai- per la vicenda dell’affidamento di sua figlia (vicenda magistralmente portata sul piccolo schermo da Peppe Fiorello con “L’angelo di Sarajevo”). Ora il successo è definitivamente accettato da tutti; la divisione di cardiochirurgia può navigare da sola nell’attesa della “Torre del Cuore”. Alla prossima.
direttore: Aldo Bianchini