Di Franco Pelella
SALERNO – Caro direttore, l’antropologo Antonello Ciccozzi ha dedicato un articolo alla chiusura degli ospedali psichiatrici (Chiusura degli ospedali psichiatrici e buonismo: un pazzo assassino non è come un ‘ladro di pere’; Il Fatto Quotidiano.it, 31/3/2015). Secondo lui: 1) Il buonismo esiste come visione del mondo manichea che, facendo proprio l’assioma rousseauiano per cui l’uomo nasce buono e la società lo corrompe, non ammette che il male possa venire dalle persone, dal “basso”, ma lo colloca, solo e sempre, verso l’“alto” delle istituzioni. 2) Un esempio attuale di come il buonismo si traduce in prassi sociale sta nell’imposizione della chiusura degli “ospedali psichiatrici giudiziari” (Opg), e nella loro sostituzione con delle “residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive” (Rems). 3) Qui il buonismo è un paraocchi ideologico che prescrive di vedere, con lo sguardo della pietas, solo quelle deboli umanità, inducendoci a ignorare che lì dentro c’è, stando ai dati, un 66% di esseri (dis)umani, dichiarati dai tribunali socialmente pericolosi; mostri che hanno esercitato follemente violenza sulle vite del loro prossimo: metà per omicidio o tentato omicidio, metà per lesioni e maltrattamenti. 4) Così seguitiamo inavvertitamente a concimare la nefasta idea dell’umanizzazione del mostro, l’illusione che si possa essere riabilitati, rieducati da qualsiasi crimine, anche il più orrendo, accostando uno che stupra e massacra un bambino a uno che ruba una pera. 5) In ciò si vede la cifra di una società impazzita, che ancora una volta s’illude di poter superare l’eccesso coercitivo dei manicomi con l’eccesso illusorio del pensare di poter abolire la follia con delle leggi. Sono pienamente d’accordo con Antonello Ciccozzi. La sua mi sembra una positiva presa di posizione da parte di uno studioso di sinistra dopo che per molti decenni la sinistra ha generalmente avuto una atteggiamento preconcetto antimanicomiale, arrivando a rifiutare l’esistenza della malattia mentale. In questa battaglia ideologica hanno avuto un ruolo di primo piano associazioni come Psichiatria Democratica e uno psichiatra come Franco Basaglia. Essi, tra l’altro, hanno avuto come bersaglio preferito Cesare Lombroso, il fondatore dell’Antropologia Criminale e promotore dei Manicomi Criminali (poi denominati Ospedali Psichiatrico Giudiziari), negando qualsiasi validità all’idea di fondo di Lombroso che esistono uomini e donne che non possono essere definiti né semplicemente pazzi né semplicemente criminali ma “pazzi criminali” e che essi andavano ospitati in strutture specificamente attrezzate che potessero contemporaneamente curarli e custodirli. Sono particolarmente d’accordo con la critica che Antonello Ciccozzi fa del buonismo, dell’atteggiamento secondo il quale il male sta sempre in alto (nelle istituzioni) e ma in basso (nella società). E’ questo il motivo per il quale quando si parla, ad esempio, del Mezzogiorno sono personalmente critico verso coloro i quali se la prendono solo con la classe dirigente senza rendersi conto che nel Sud il degrado è diffuso in tutta la società perché essa è caratterizzata da una grave carenza di senso civico e di capitale sociale. Ciò fa sì che non sono neanche totalmente d’accordo con gli studiosi più acuti del Mezzogiorno, come lo storico Emanuele Felice, quando attribuiscono tutti i mali del Sud alla cronica (e storica) incapacità della classe dirigente di svolgere un ruolo positivo.
direttore: Aldo Bianchini
Mi rendo conto che trattare degli OPG e della loro chiusura non è una cosa facile, ma qualche precisazione va doverosamente fatta.
Prima di tutto Franco Basaglia non ha mai negato l’esistenza del disagio mentale, anzi, con la sua azione studio denunciò una cosa semplice : le istituzioni chiuse, fondate sul custodiolismo e l’esclusione, non erano assolutamente “curative” ma erano esse stesse , così come formulate e concepite, producenti una “cronicizzazione” senza ritorno……una condanna a vita senza paracadute.
Sappiamo tutti che la “180” non è stata la panacea di tutti i mali ma anche perchè è stata largamente disattesa e non applicata sul territorio nazionale, lasciando non poche volte le famiglie in una condizione di “abbandono istituzionale” a dir poco scandaloso.
Gli OPG andavano chiusi, non per negare l’esistenza del “mostro” ma per concedere al mostro una minima possibilità di ragionevole recupero, cosa praticamente inpensabile negli OPG.
La psichiatria, per sua stessa ammisione non è una scienza esatta. I farmaci che dispensa a larghe mani non sanno come funzionano (ipotesi), ne, se gli effetti “collaterali” che provocano sono peggiori del disturbo stesso. C’è chi si è spinto oltre definendoli “camicie di forza” chimiche e forse non si è sbagliato.
In provincia di Salerno abbiamo il caso “Mastrogiovanni” ancora vivo nelle nostre coscienze ( per chi ne ha una). Oltre questo c’è ancora in giro chi sostiene che “l’istituzione Mancomio” potrebbe essere ancora considerata una risposta “medica” al disagio mentale.
Nessuno si permette di negare il disagio mentale, ci mancherebbe, neanche Basaglia, o Sergio Piro, arrivarono a teorizzare una corbelleria simile, ma da questo a sostenere dubbi sulla chiusura degli OPG, anche con teorie sociologiche, significa avere gli occhi foderati di prosciutto (quello nazionale e non di marca).
Se la chiusura degli OPG significherà quello che è stato il destino della “180”, con CSM, SPDC, TSO e casi “Mastrogiovanni” all’ora che non se ne parli proprio.Se si vogliono sostituire ai Manicomi,”Manicomietti”,Basaglia e suoi seguaci come G.Dell’Acqua, da incompresi sono vissuti e da incompresi finiranno.
E’ la Psichiatra, nel suo insieme, che deve fare uno scatto di qualità ed avere un moto d’orgoglio.
La politica, la sinistra,le teorie sociali hanno poco a che vedere con la “dignità umana”, negata e calpestata nelle Istituzioni manicomiali e simili ( vedi le Cliniche private).
Possiamo permeterci una assistenza psiciatrica degna di questo nome?In tempo di crisi i primi a pagare sono sempre i più indifesi….gli improduttivi e tra questi i così detti malati di mente, peggio se considerati pericolosi….mostri.
Provate a parlare con i medici dei CSM e degli SPDC e prendete visione di come stanno e dove lavorano o sono costretti a lavorare.E’ una vergogna per loro e per i pazienti che cercano di curare.Contezione e bombe farmacologiche sono all’ordine del giorno.I poveri medici si turano il naso, si chiudono la bocca, si turano le orecchie,guardano da un altra parte, e aspettano quando finisca il turno sperando che Dio li protegga da un avviso di garanzia.
Un paese civile dovrebbe plaudire alla chiusura dei circhi “OPG”, purtroppo il nostro non è un paese civile.
E’ stato condannato per “tortura” (Strasburgo)……..e cosa sono o erano gli OPG?
Il dottore Pelella è stato in visita ad Aversa, Monte Lupo Fiorentino, Barcellona Pozzo di Gotto? Ci vada e poi riscriva.Buon lavoro.
Leggo con disappunto che il dottore Pelella non è daccordo con la chiusura degli OPG.
Per argomentare riporta stralci dell’articolo scritto da Antonello Ciccozzi dalle colonne del Fatto Quotidiano e qull’articolo conclude : “……… Il Buonismo……..Vince perché non ci accorgiamo che la nostra società impazzita non è più in grado di riconoscere il male, rovesciando la pretesa biopolitica moderna di istituire un confine netto tra i “pazzi” e i “normali” in quella postmoderna dell’assenza assoluta di confine, dell’assenza di differenza, che in questo caso si traduce in indifferenza nei confronti delle azioni commesse dagli squilibrati ai danni di altri. Non a caso oggi questa politica impazzita, mentre toglie le sbarre che separano i maniaci da chi non uccide mosso dalla follia, pretende di mettere dietro le sbarre chi in trattoria ordina un coniglio alla cacciatora.
Queste esagerazioni non meriterebbero commento. Non parliamo poi dell’accostamento poco felice tra il “buonismo considerato stolido” e il “nazismo”.Cose da OPG, che per fortuna è stato cancellato per Legge.
In assoluto non c’è nulla di più difficile che stendere una linea netta tra “norma” e antinorma ” o anormalità, il tutto deve fare i conti necessariamente con il “contesto storico” cui si fa riferimento ,se no si parla di aria fritta.
Al tempo dei Greci e Romani la pedofilia era ben altra cosa di come la si giudica oggi.
L’atavismo di Cesare Lombroso è una riesumazione inutile ed è per questo che giustamente Basaglia lottò certe teorie senza quartiere, anche con qualche esagerazione ma si sa “la verità è rivoluzionaria” (frase che fa bella mostra di se fuori all’ex opedale psichiatrico di Trieste).
la verità è che gli OPG andavano chiusi da tempo,il loro lezzo,vergogna,disumanità erano ben noti da tempo ma nessuno faceva niente.
Diversamente qualcuno mi convinca dell’ “eugenetica”………meglio morire che stare in OPG.
Se la Psichiatria non è capace di curare o alleviare lo dica chiaramente e la si finisca con la farsa degli OPG, che dietro quel connubio devastante : psichiatrico-giudiziario ha commesso prevaricazioni indicibili.
La psichiatria si è sempre distinta per il suo asservimento al potere………basta ricordare l’uso della stessa in Russia.
Non desideriamo il mostro della porta accanto ma neanche sepolti vivi in strutture fatiscenti e tutt’altro che mediche.Rifletta dottor Pelella…….non è questione di coniglio alla cacciatora ma di uomini condannati all’oblio.
chi non vive certe realtà inevitabilmente sbaglia giudizi Franco essendo lombrosiano ne infila una dietro l’altra che non ne vale neppure più la pena perderci tempo alle astrusità del suo pensiero
Caro direttore, rispondo ai miei critici dicendo innanzitutto che forse Basaglia e Psichiatria democratica non hanno apertamente teorizzato l’inesistenza della malattia mentale ma l’hanno in pratica negata battendosi per la chiusura dei manicomi quando ancora non erano state attrezzate strutture alternative che ospitassero i malati mentali. Molti malati sono tornati alle loro famiglie d’origine e molti altri non hanno trovato strutture pronte ad ospitarli; ciò ha significato caricare sulle spalle delle famiglie tutto il peso della malattia. Quanto agli ospedali psichiatrici molti psichiatri di sinistra si sono giustamente battuti per la loro chiusura negando però la necessità dell’esistenza di strutture specifiche che ospitassero i pazzi criminali; cosa che giustamente sosteneva Cesare Lombroso. In ogni caso non sono isolato nell’esprimere critiche alla psichiatria italiana. Gli autorevoli studiosi Gilberto Corbellini ed Elisabetta Sirgiovanni hanno scritto un interessante articolo a proposito della chiusura dei manicomi giudiziari (Chi cura il pazzo morale?; Domenica – Il Sole 24 Ore, 29/3/2015). Ecco la parte finale: “Negli anni Sessanta libri come Asylums (1961) del sociologo canadese Erving Goffman o Manicomi come lager (1966) del giornalista italiano Angelo del Boca denunciavano gli orrori dei trattamenti manicomiali, e in Italia si affermava un movimento culturale, ispirato al pensiero di Franco Basaglia, avverso ai manicomi in quanto frutto anche se non soprattutto di una concezione medica della malattia mentale. Queste idee contenevano gravi errori, dovuti a pregiudizi anti-illuministi e antiscientifici. Quello che il clima ideologico anti-asili degli anni Settanta ha diffuso in Italia è un ragionamento infondato e insidioso, oltre che ascientifico: collegare l’attenzione etica al paziente neurologico e psichiatrico con l’idea falsa che le malattie mentali non esistano affatto e, in particolare, che non possano essere dannose per chi le ha e per coloro che gli sono intorno. Come accade per qualunque malattia, non tutte le condizioni psichiatriche richiedono interventi o causano gravi sofferenze o predispongono a comportamenti gravemente dannosi per sé o per altri. Ma alcune di esse sì. Le malattie psichiatriche non sono il frutto dell’immaginazione dei clinici o peggio uno strumento di potere e repressione, perché quando è così non si tratta di malattie psichiatriche. Anzi, è proprio chi sostiene che le malattie del cervello esistono e vanno diagnosticate e trattate adeguatamente a ritenere che l’isolamento pressoché carcerario e che le situazioni di svilimento e degrado del paziente sono non solo inaccettabili dal punto di vista etico, ma vanno contrastate perché controproducenti e inutili ai fini della cura e del suo benessere. Aiutare la costruzione di strutture che puntino alle migliori condizioni per il trattamento dei malati psichiatrici criminali non dovrebbe sfociare automaticamente nell’idea che queste persone non siano malate, o peggio che non siano pericolose socialmente. Si va dai killer seriali a sangue freddo, agli stupratori, agli stalker, agli affetti da psicosi deliranti e allucinatorie violenti: tutti con alto grado di recidivismo. In molti casi, per sfortuna, la medicina non è ancora in grado di guarirli e riabilitarli ed è compito delle istituzioni e dei governi garantire la sicurezza per tutti gli altri. Non è il caso di cadere negli stessi errori della legge 180, impropriamente chiamata Basaglia e approvata nel clima politico tormentato del 1978, appena quattro giorni prima del rapimento di Aldo Moro. Anche in quel caso la chiusura degli ospedali psichiatrici prevedeva un’organizzazione territoriale dell’assistenza, che è stata valutata negli anni qualitativamente inefficace e inadeguata non solo localmente da chi doveva gestire con scarsi mezzi e risorse le esigenze del settore della salute mentale, ma anche in modo documentato dalla letteratura internazionale. Mescolare pazienti criminali, potenzialmente manipolatori o violenti, ad altri pazienti vulnerabili è in più una scelta azzardata e ingiustificabile, perché i primi necessitano di cure e attenzioni ancora più specifiche, come la psichiatria forense ha insegnato”.
Cordiali saluti
Franco Pelella – Pagani (SA)
A completamento della risposta ai miei critici inviata ieri propongo una mia recensione ad un libro della parlamentare radicale Maria Antonietta Farina Coscioni (Matti in libertà. L’inganno della “Legge Basaglia”; Editori Internazionali Riuniti, Roma, 2011). La recensione è stata pubblicata sul mio blog (francopelella.blogfree.net) il 16 maggio 2012.
Il libro di Maria Antonietta Coscioni è un vero e proprio atto d’accusa alla società italiana per come sono gestiti i 6 Ospedali Psichiatrico Giudiziari attualmente in funzione. Il libro fa una disamina attenta del problema attraverso un’inchiesta presso le sei strutture, una lettura approfondita degli atti parlamentari, un’indagine su come viene affrontata la problematica nelle altre nazioni europee. Esso contiene, inoltre, una serie di interessanti allegati e una postfazione di Sergio Staino. Uno dei punti chiave del libro è costituito dalla riflessione sull’utilizzo quasi esclusivo di poliziotti giudiziari per i malati mentali presenti negli OPG. Secondo l’autrice il binomio infermità mentale-polizia non si può più comprendere né giustificare; così come non è più giustificabile la mancata presa in carico dei soggetti con disturbi mentali da parte dei dipartimenti di salute mentale del territorio di residenza del malato. Ci vorrebbero strutture alternative funzionali e funzionanti che al momento non ci sono: case famiglia, centri diurni, programmi di reinserimento, lavoro, formazione, ecc.; ma ci vorrebbe anche una maggiore disponibilità all’accoglienza da parte delle famiglie d’origine dei malati quando essi vengono dichiarati guariti o in via di guarigione. Secondo Maria Antonietta Farina Coscioni la politica per lunghi tratti si è dimenticata degli OPG. La legge 180 del 1978, infatti, ha previsto la chiusura di quasi tutte le strutture manicomiali ma non degli OPG. L’autrice cita un’inchiesta del Corriere della Sera del 1997 le cui conclusioni sono che “Impedendo il ricovero coatto in manicomio, in assenza di una riforma degli OPG, la 180 ha avuto l’effetto paradossale (non voluto) di incrementare l’ingresso negli ospedali psichiatrici giudiziari di individui imputati o condannati per reati anche particolarmente lievi e per vicende che palesemente non ineriscono alle turbe psichiche”. Negli OPG ci finiscono persone che hanno commesso un reato e che, a seguito di una perizia che le dichiara totalmente o parzialmente incapaci di intendere o volere, vengono prosciolte dal reato ma che, a causa di una presunta pericolosità sociale, anziché essere curate vengono recluse con l’unica prospettiva di cronicizzare la malattia. Secondo l’autrice oggi, nonostante la chiusura dei manicomi, visitando gli OPG spesso sembra di essere ancora nel 1891 quando il Ministro dell’Interno Giovanni Nicotera nella sua “Ispezione sui manicomi del Regno” denunciava di tali strutture, tra l’altro, la scarsità o la fatiscenza dei locali, l’inadeguatezza degli strumenti di cura, le scarse condizioni igieniche e il sovraffollamento. Assai significative sono anche le conclusioni del rapporto di Alvaro Gil-Robles, primo commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, rapporto stilato dopo una visita in Italia dal 10 al 17 giugno 2005. Secondo lui “In una società prospera e benevola come quella dell’Italia, è difficile ammettere che persone colpite da malattie mentali molto gravi finiscano in strutture penitenziarie per mancanza di strutture non giudiziarie disponibili”. Molto interessante è la riflessione del dottor Antonino Calogero, direttore dell’OPG di Castiglione delle Stiviere, sugli effetti della 180. Egli si chiede innanzitutto se la chiusura degli Ospedali Psichiatrici ha veramente portato dei benefici in miglioramenti assistenziali, in percorsi di cura, in riabilitazione, dei pazienti psichiatrici. Ma si chiede anche dove sono finiti i pazienti usciti dagli Ospedali Psichiatrici, senza che la società, le famiglie e i servizi fossero adeguatamente preparati alla loro presa in carico; invece le dimissioni di massa si sono dimostrate un grave boomerang per i pazienti stessi, le famiglie e la società; non poteva essere sufficiente un atto legislativo per risolvere un problema complesso, che era più di ordine culturale, scientifico e sociale. Secondo il dottor Calogero con gli OPG non si deve commettere lo stesso errore commesso con gli Ospedali Psichiatrici. C’è chi pensa alla chiusura netta mentre c’è chi invece ritiene che si debba agire con molta cautela dato che è indispensabile pensare attentamente alle alternative effettivamente disponibili prima di qualsiasi forma di superamento dell’attuale assetto della psichiatria giudiziaria. Dopo la pubblicazione del suddetto libro la Camera dei deputati ha approvato, convertendolo in legge, il Decreto Legge n. 211 del 22/12/2011 (Interventi urgenti in materia di sovaffollamento carcerario). L’articolo 3 ter del decreto prevede la chiusura entro il 31 marzo 2013 dei 6 Ospedali Psichiatrici Giudiziari presenti sul territorio nazionale (anche se è stato approvato un ordine del giorno che impegna il Governo a posticipare la chiusura di sei mesi se non ci saranno le condizioni per procedere entro la data prevista) e in loro sostituzione l’apertura di varie piccole strutture sanitarie che ospiteranno i malati mentali considerati socialmente pericolosi. Tali malati dovranno essere curati e custoditi da psichiatri e infermieri mentre all’esterno di queste strutture opereranno, senza entrare in contatto diretto con i malati, le forze di polizia. Sui contenuti del Decreto Legge si è accesa un’intessante polemica tra Franco Rotelli, storico esponente di Psichiatria Democratica, e il Senatore Ignazio Marino, il principale promotore della chiusura degli Ospedali Pschiatrici Giudiziari. Sostanzialmente lo psichiatra Franco Rotelli ha sostenuto (vedi L’Unità del 12/2/2012) che con l’entrata del vigore del Decreto Legge n. 211: 1) Chiudono gli ospedali psichiatrici ma se ne apriranno tanti altri “piccoli e carini” mentre Franco Basaglia (principale promotore della Legge 180 che decretò la chiusura dei manicomi) si battè affinchè l’assistenza psichiatrica fosse diffusa sul territorio. 2) Franco Basaglia si battè per l’eliminazione del pregiudizio della pericolosità sociale della sofferenza mentale ma in Italia attualmente su 600mila persone che soffrono di disturbi mentali gravi solo uno su mille commette reati; dove sta, quindi, la pericolosità sociale? 3) Nelle nuove strutture previste dal Decreto Legge ai medici verrà affidato di nuovo il ruolo di carcerieri. 4) Chi ha commesso un reato punibile col carcere deve scontare la sua pena, matto o non matto; chi ha ucciso stia in carcere per il tempo previsto dal Tribunale. La risposta di Ignazo Marino è stata, sostanzialmente, la seguente (vedi L’Unità del 13/2/2012): 1) Grazie al Decreto Legge n. 211 cancelleremo la tortura e il letto di contenzione, due pratiche odiose attualmente diffuse negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. 2) Cosa si deve fare con i pluriomicidi affetti da gravi sofferenze psichiche? Non si possono destinare ad una cella a dispetto delle disposizioni di un Tribunale. 3) In cella non si cura nemmeno un raffreddore, altro che sofferenze psichiche gravi. E’ sorprendente che dalla discussione tra Franco Rotelli e il Senatore Marino (due uomini di sinistra) venga fuori un contrasto quasi insanabile sul concetto di malattia mentale grave, sul ruolo degli psichiatri e sulla funzione del carcere per i malati mentali. Ma ciò che maggiormente sorprende è che mentre Rotelli nega la pericolosità sociale della sofferenza mentale contemporaneamente sostiene che il malato mentale che ha commesso un reato deve stare necessariamente in carcere. Dal suo ragionamento, stranamente, sembra emergere quale principale preoccupazione quella che vada evitato un contatto troppo stretto tra i malati mentali gravi e gli psichiatri.
Cercherò di non essere impietoso come il commentatore Domenico, ma la lettura della risposta data dal dottor Pelella alla fin fine non chiarisce niente.E’ bottocerchiesta. Prima di fatto ammette che gli OPG di fatto erano una vergogna, poi insiste sul pregiudizio dei “mostri”.
Nessuno nega, ribadisco la malattia mentale, ne tanto meno una scala di valori nella gravità della stessa, ma da questo a far passare, sia pure sotto traccia ,che alla fine igli OPG, sia pure riformati, potrebbero essere ancora una risposta possibile a questo problema è antistorico e antiscientifico (termine abusato dal dottor Pelella).
Se una persona è malata va trattata da malato ,curata,e non da bestia da rinchiudere e custodire.
L’istituzione OPG rispondeva solo alla esigenza “custodialistica”, di medico c’era poco o niente e anzi molte volte la parte medica è servita solo ad offrire un insperato paravento a feroci criminali (veri) facendoli passare per persone non capaci di intendere e volere…….le cronache sono piene di fatti del genere……arresti di direttori compiancenti…….perizie false.
Ma tutto questo con la inderogabile esigenza del superamento del modello OPG che cosa centra?
Il dottore Pelella si affanna a spargere a larghe mani il “pregiudizio”, lo “stigma”, il terror panico per il mostro della porta accanto. Ma dove si informa? Dove studia? I criminali sono criminali, i malati di mente sono poveri disgraziati, senza se e senza ma.
Povero Basaglia così vilipeso e tutto perchè tentò di sottolineare che oltre il disturbo (che non negò mai) esisteva l’essere umano e non in un anelito di “buonismo”, ma come frutto di un attenta analisi e studio sul campo.Gli Ospedali Psichiatri erano una discarica della società…..gli OPG l’antinferno,la punizione “alla diversità”, prima della morte.
Trieste non è un modello esportabile (costi,organizzazione, dedizione del personale), ma funziona, gli OPG andavano chiusi perchè erano una vergogna.
Il dottore Pelella se ne faccia una ragione, Lombroso Cesare non è superato è “paleolitico”….”Jurastico”…….si aggiorni.
Devo dire che fa veramente specie leggere il dottor Pelella e sentirvi l’eco di Salvini che per qualche voto in più raderebbe al suolo i campi ROM o lascerebbe aperti le fogne degli OPG. E’ come se avesse smarrito le sue origini culturali. Peccato, ma ormai, tutto è possibile.
“Perché la cultura occidentale ha affermato con chiarezza, a partire dal XIX secolo, ma anche già dall’età classica, che la follia era la verità denudata dell’uomo, e tuttavia l’ha posta in uno spazio neutralizzato e pallido ove era come annullata?”: questo chiede il filosofo Michel Foucault nella sua celebre Storia della Follia nell’età classica (1961). Spazio neutralizzato, annullato e pallido: ecco cosa sono stati gli OPG.
L’idea di internare detenuti pazzi e pericolosi (non sono sinonimi) negli OPG, nasce con il Codice Penale fascista del 1930 (ne tenga conto il dottor Pelella). Ma chiudere degli esseri umani in gabbie (per quanti crimini efferati possano aver commesso) e buttarne le chiavi, non è stata un’idea lungimirante. Eppure è stato fatto, secondo la legge di questo Stato, nei 6 Opg italiani: Montelupo Fiorentino; Aversa, provincia di Caserta; Napoli; Reggio Emilia; Barcellona Pozzo di Gotto; Messina, Castiglione delle Stiviere, provincia di Mantova, l’unico ad avere anche un reparto femminile. Poi, nel 1978, mentre la cultura psichiatrica (e non solo quella) si andavano evolvendo, la legge Basaglia (criticabile quanto si vuole, ma francamente non applicata) sanciva la chiusura dei manicomi, che per molti anni a venire, purtroppo, fu solo teorica. Ma gli OPG restavano tali e quali. Nel 1982, una sentenza della Corte Costituzionale stabilì che la pericolosità sociale non può essere definita come attributo naturale di una persona e di quella malattia. Deve avere, piuttosto, opportunità di cure e di emancipazione (cose che Lombroso prima e il novello seguace Pelella negano aprioristicamente). Ma gli OPG non potevano restare tali e quali per le paure del dottor Pelella. Nel 2003 e nel 2004, altre 2 sentenze della Corte Costituzionale hanno dichiarato incostituzionale la non applicazione di misure alternative all’internamento degli OPG, per “assicurare adeguate cure all’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale”. Ma gli Opg erano restati tali e quali.
È trascorso quasi un secolo dall’apertura degli OPG in Italia. Sono morti o hanno interrotto le loro esistenze altre centinaia di migliaia di persone. I dati recenti dicono che il numero dei detenuti è diminuito, ma i ricoveri sono costanti: si è passati infatti dalle oltre 1200 persone internate nel 2012 alle 761 del 30 novembre 2014; ciò nonostante, la media di ricoveri è di 77 a trimestre, praticamente un paziente al giorno. Attualmente, la vera follia, è che dei 750 internati, circa la metà è dichiarato “dimissibile” (cioè non socialmente pericoloso) e ricoverabile in altre strutture. Dal 31 marzo, nascono le Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza): strutture sanitarie con pochi posti letto (al massimo 20) e dovrebbero essere diffuse e pronte su tutto il territorio nazionale. Ma non tutte le regioni sono pronte ad accogliere gli internati in complessi consoni ( e qui sono d’accordo sulle riserve del dottor Pelella).
La chiusura degli OPG è stato un atto da tempo necessario – osserva Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia – Nella maggior parte dei casi, il trattamento inflitto ai detenuti in queste strutture è stato contrario alla dignità umana e in violazione degli standard internazionali in materia di reclusione di soggetti psichiatrici o presunti tali. Gli OPG italiani hanno consolidato la pericolosa e infondata idea che vi fosse un legame tra follia e delinquenza e che la società potesse sentirsi al riparo dall’una e dall’altra attraverso la sedazione e la contenzione dei corpi dei detenuti. Le storie individuali di queste persone, rivelate dall’indagine parlamentare del 2011 e portate sullo schermo dal documentario Lo Stato della follia, hanno dimostrato invece che, nella maggior parte dei casi, non si trattava di soggetti socialmente pericolosi, ma anzi dimissibili, se solo fossero esistite strutture che avrebbero potuto prenderle in carico.Certo sia Salvini che Pelella al prima caso che vedrà protagonista uno sfortunato “dimesso”, apriti cielo, ma la colpa non sarà del “malato” ma dello Stato inadempiente.
Signor Michele, ribadisco che non è vero che nessuno nega la malattia mentale. Basaglia e i suoi seguaci l’hanno in pratica negata non preoccupandosi adeguatamente, nel mentre chiedevano giustamente che fossero chiusi i manicomi, della carenza di strutture dedicate alla cura dei malati mentali. Ribadisco che le strutture sostitutive degli ospedali psichiatrico-giudiziari, se adeguatamente attrezzate, possono essere una risposta per la cura di coloro i quali sono sia delinquenti che malati mentali. Le Rems non sono state pensate da pazzi ma sono state il frutto di un dibattito reso necessario dalla chiusura degli OPG; sarebbe stato assurdo non avere strutture che curassero i criminali malati mentali. L’obiettivo è proprio quello di curare, e non rinchiudere solamente, queste persone. Sono anch’io dell’opinione, come ho più volte ribadito, che gli OPG andavano chiusi perché erano diventate solo strutture di detenzione e quindi non rispondenti agli scopi per i quali sono stati creati. Può darsi anche che Lombroso sia in gran parte superato. Ciò non dovrebbe impedire di riconoscere che egli, pur avendo commesso molti errori, è stato un precursore delle moderne neuroscienze nel momento in cui ha ribadito più volte che sul comportamento umano, e delinquenziale in particolare, non influisce solo l’ambiente ma anche la struttura cerebrale.
Signora Emilia, sono offeso dal suo paragonarmi a Salvini; non ho mai sostenuto che gli OPG non andavano chiusi. Lombroso, che fu il primo in Italia a proporre l’istituzione degli ospedali psichiatrico-giudiziari, motivò questa proposta proprio con l’intenzione di avere un luogo, diverso dalle carceri, dove si potesse curare il malato mentale che aveva commesso dei delitti. Se poi gli OPG sono stati mal gestiti, diventando soprattutto luoghi di detenzione e non di cura, la colpa non può essere attribuita a chi aveva avuto una giusta intuizione.
Dottore Pelella non si offenda per quel che ha commentato la signora Emilia, ma cerchi di mettersi d’accordo con se stesso.
Mi creda veramente, si corre il serio rischio di finire con il dare ragione al lapidario Domenico che ha liquidato il suo pensioro definendolo bonariamente “astruso”.
Ancora con la difesa d’ufficio del Prof.Cesare Lombroso?
Lasciamo da parte i meriti scientifici del buon Cesare……..ma è sicuro di averlo letto? Approfondito? Ho dei dubbi ( mi consenta questa libertà).
E’ vero Cesare Lombroso è stato il Padre dell’Antropologia Criminale, ma lei è convinto che delinquenti si nascie? Che con le misure antropometriche del cranio, l’attaccatura delle orecchie,la forma e la lunghezza del naso,l’iperostosi frontale, l’atavismo insomma,si possa fare discrimine tra una persona per bene e un criminale nato?Si sbagliava fortunatamente Lombroso……..si sbaglia Lei se ci dovesse credere ancora.
Lombroso in linea con le sue teorie aderì al fascismo ( non è un peccato ) e di fatto spianò le scellerate pratiche eugenetiche del Nazismo (questo è un peccato…. e non veniale) e alla fine dalla scienza o parvenza di scienza atterrò senza punto ferire allo spiritismo.Per favore stendiamo un velo pietoso.Ha avrà avuto sicuramente qualche buona intuizione iniziale ma ha dissipato tutto infilando una c****** dietrol’altra.Non è caduto nel dimentacatoio perchè aderì anima e corpo al fascismo ( ribadisco che non è un peccato….sono scelte….condivisibili o meno…ma scelte)…..c’è chi ha fatto di peggio come Marco “Levi” Bianchini a Nocera Inferiore ( ebreo e fascista…..che coerenza),ma torniamo alla questione OPG si….OPG no.E’ riuscito “astrusamente”, con voli pindarici a non farci capire nulla.Ma Lei, Lombroso permettendo,questi OPG li viole aperti, come le profonde teorie lungimiranti del “deliquente nato” sempre del buon Cesare, o chiusi? Si chiarisca prima con se stesso, si rilegga il suo caro Cesare e poi se vuole ci faccia sapere.Aspetteremo in religioso silenzio.
Consideri che con le strampalate teorie Lombrosiane, all’epoca di quante furono concepite, mezza popolazione del mezzogiono d’Italia andava rinchiusa in un OPG…..piccoli,brutti e cattivi.
E poi si offende se la brava Emilia le da del “Salvini”? Rifletta e ci faccia sapere.Senza impegno….ma rifletta.
Caro Gianfranco, se il mio pensiero è astruso non sa quanto è astruso quello di Domenico Ferraioili! Io Lombroso l’ho letto e approfondito molto. Ho scritto due articoli su due riviste [Cesare Lombroso: un precursore nell’utilizzo del paradigma indiziario, “Nuovi Argomenti”, n. 22, 1987 e Riabilitare Lombroso (Per la riapertura di un dibattito); in “Il Risorgimento”, anno XLI, n. 3, ottobre 1989] ed ho raccolto materiale bastante per scrivere più di un libro. Come è possibile che Lombroso abbia aderito al fascismo se è morto nel 1909? La tesi che Lombroso abbai spianato la strada alle pratiche eugenetiche è stata sostenuta dallo storico statunitense Mosse ma non è condivisibile . Cesare Lombroso non era un sostenitore dell’eugenetica; questo, secondo me, è uno dei tanti luoghi comuni impropriamente diffusi sulla figura del fondatore dell’Antropologia criminale. Francesco Cassata, uno dei maggiori studiosi italiani di eugenetica, ha scritto che “La teoria del delinquente nato sarà oggetto di innumerevoli critiche ma il cordone sanitario di difesa sociale teorizzato da Lombroso, con la sua sequenza di prevenzione, utilizzazione socio-economica, segregazione e – soltanto come extrema ratio – eliminazione degli elementi disgenici, influenzerà a lungo l’eugenica italiana, definendone la specifica collocazione nel contesto internazionale” e che “…il rifiuto di misure eugenetiche negative (prime fra tutte, la sterilizzazione) da parte degli eugenisti [italiani – ndr] prenderà le mosse dall’idea lombrosiana che nella degenerazione possa manifestarsi in realtà il genio, che i malformati o gli epilettici possano nascondere nelle loro file un Leopardi o un Manzoni” (Francesco Cassata: Dall’Uomo di genio all’eugenica, in Silvano Montaldo – Paolo Tappero (a cura di): Cesare Lombroso cento anni dopo; Utet, Torino, 2009, pp. 176 e 177). Ho già scritto che Lombroso ha commesso molti errori, estremizzando troppo le sue teorie. Ma egli è stato un precursore sia nell’aver indicato come causa del comportamento umano (ed in particolare del comportamento delinquenziale) anche la conformazione cerebrale e nell’aver individuato nella fisiognomica una disciplina con basi non scientificamente rigorose ma che consente di avere degli indizi sulla psicologia umana. Ho ripetuto più volte che c’è bisogno di strutture specifiche all’interno delle quali si curino i malati mentali che abbiano commesso dei delitti. Se gli OPG hanno fallito adesso bisogna provare con strutture diverse come le REMS. Ho, infine, ben ragione di offendermi se mi si paragona a Salvini visto che Salvini è razzista mentre io non lo sono. Ma non lo era neanche Lombroso. Lombroso era ebreo e socialista ed era uno studioso delle differenze antropologiche tra gli uomini. Ma dopo aver riscontrato queste differenze non riteneva giusto discriminare solo per questo motivo. Lo so che la distinzione tra chi studia le differenze e chi è razzista può sembrare sottile ma è una distinzione sostanziale
Gentile dottor Pelella,
Prima di tutto la ringrazio per la sollecita risposta.Mi creda, ero certo,che Lei avesse letto e approfondito Lombroso, la mia era solo una provocazione.
Anche il fatto che Lombroso avesse aderito al Fascismo era un’altra provocazione, e ,giustamente, mi correggo….sono stati i fascisti che hanno aderito a Lombroso, ma il risultato è stato sempre lo stesso: una tragedia.Comprendo e ammiro il Suo sforzo intellettuale di salvare la parte “buona” del pensiero Lombrosiano, ma mi creda (consiglio di uno sprovveduto) potrebbe impegnare il suo indubbio talento di studioso in cose più gratificanti ( un umile e personale punto di vista).
Forse abbiamo letto cose diverse ma è ormai unanimemente condiviso che Lombroso e le sue teorie fornì strumenti utilissimi allo scopo del nazismo . Il regime, ad esempio, fece analizzare le persone di colore e attraverso la misurazione del cranio le divise in persone da eliminare e persone da sterilizzare a seconda di quanto simili fossero ai bianchi ariani. Per quel che concerne la questione “Salvini”, che la offende tantissimo, ma mi scusi, mi ripeto, abbiamo letto le stesse cose? Già ne “L’uomo delinquente”, il padre dell’antropologia criminale, sorretto dalle conclusioni frenologiche ed antropometriche, presentava delle conclusioni razziste relative all’etnia zingara.
Ritenuti elementi di una razza deviata, gli zingari presentavano del delinquente “tutti i vizi e le passioni: l’oziosità, l’ignavia, l’amore per l’orgia, l’ira impetuosa, la ferocia e la vanità. Essi infatti assassinano facilmente a scopo di lucro. Le loro donne sono più abili nel furto e vi addestrano i loro bambini” (LOMBROSO, 1878, pag. 114).
Secondo Lombroso questi “delinquenti antropologici” non delinquevano per un atto cosciente e libero di volontà, ma perché “hanno tendenze malvagie che ripetono la loro origine da una organizzazione fisica, psicologica diversa da quella dell’uomo normale” . Una naturale propensione al crimine che finì con il giustificare azioni di “prevenzione” da parte di tutti gli stati interessati dal problema zingaro e oggi una stronzata ( mi scusi per il termine ma quando ci vuole ci vuole) ripescata dal buon Salvini.
Cesare ( Marco Ezechia) Lombroso, medico ebreo di nazionalità italiana (1835-1909), fu un
riformatore del moderno diritto penale ed è considerato da molti (anche Lei) come il padre della criminologia positivista (detto questo bisogna calare il sipario). I suoi scritti sulle razze, comunque, fanno di lui in indiscutibile antisemitico.
Lo storico George Mosse (1978) asserisce che i nazisti in Germania ed i fascisti in Italia, solitamente respingevano la teoria freudiana, mentre accoglievano la psicologia lombrosiana,estendendola pretesa di inferiorità razziale ad altre popolazioni, ovviamente includendo correligionari di Lombroso.
L’eutanasia nazista fu basata sul principio che la degenerazione come esemplificato dai
criminali abituali o dai malati mentali fosse strutturale e finale, ma dal momento che i
nazisti credevano anche che gli ebrei fossero degenerati tanto quanto i criminali, la
definizione di criminalità di Lombroso divenne una parte della soluzione finale di Hitler al
problema degli ebrei (Mosse, 78). Non solo i regimi totalitari erano entusiasti degli insegnamenti di Lombroso. Le sue idee furono promosse tra gli assitenti sociali, educatori, medici e chierici, specialmente dopo il 1890 negli Stati Uniti d’America (Rafter, 1992), dove le
idee circa l’eugenetica, specialmente quella negativa, furono proposte.
Lombroso propose la creazione di colonie penali (OPG ?), l’isolamento delle popolazioni inferiori, e
la prevenzione della possibilità delle loro riproduzione. E’ istruttivo leggere l’esplicito originale
che incoraggia l’eugenetica negativa, con la spiegazione di coloro che essendo di struttura
irrimediabilmente inferiore senza mitigazione non saranno degni di riproduzione .Illustre dottore, con tutto il rispetto, Ma abbiamo letto le stesse cose? Lei si è spinto a raccogliere materiale per scrivere un libro, credo, forse, con l’insano (secondo me) proposito di riabilitare Lombroso.Auguri.
Teorie che hanno preteso di appiattire l’intera umanità su un unico modello “giusto” e che in nome di ciò si sono arrogate il diritto di uccidere chi è “diverso” (cosa avrebbe pensato di questo Giacomo Leopardi) non può ricevere nessun asilo in un paese democratico, e in un uomo di cultura come Lei ( resta sempre una opinione assolutamente personale) eppure, ancor oggi, non solo ci sono gruppi neonazisti, ma ci sono politici e parlamentari( Salvini) che amano quelle idee. Su questo bisognerebbe riflettere più approfonditamente. Io, nel mio piccolo , e per quello che ho letto l’ho fatto. Non credo scriverò un libro su Cesare Lombroso, lascio con piacere questo desiderio a Lei ( nel massimo del rispetto).
Gentile signor Gianfranco, forse è riuscito a bloccare le “astrusità” del dottor Pelella, ma se non bastasse vorrei ricordare che quella di Lombroso è una finzione scientifica per dimostrare l’inesistente inferiorità genetica delle popolazioni del Sud Italia.
E ancora…….le teorie di Lombroso, ancora solo in Italia assurdamente sostenute (forse anche dal dottor Pelella), furono alla base dello sterminio degli ebrei e dei rom. E se non bastasse ricordo, in questa sede, un pensiero lungimirante del Prof.Lombroso :«È agli elementi africani ed orientali (meno i Greci), che l’Italia deve, fondamentalmente, la
maggior frequenza di omicidii in Calabria, Sicilia e Sardegna, mentre la minima è dove predominarono stirpi nordiche (Lombardia)». Così scriveva Cesare Lombroso nella sua opera principale, L’uomo delinquente, nel 1876.
Le tesi razziste di Lombroso ebbero grande influenza e popolarità negli anni in cui vennero pubblicate. Sono anni, quelli, in cui, come osservava Antonio Gramsci, tra le masse operaie del Nord si diffonde l’idea secondo la quale: «il Mezzogiorno è la palla di piombo che impedisce i più rapidi progressi allo sviluppo civile dell’Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori dei semibarbari o dei barbari completi, per destino naturale»
E’ veramente strano che dopo oltre cent’anni, le tesi di Lombroso , e degli altri lombrosiani che tentarono di spiegare le differenze economiche e sociali attraverso la razza, affiorano dalle pagine di una rivista ( aspettando il libro del dottor Pelella). Si badi bene, non si tratta né di una rivista di nostalgici né di un qualche foglio politico, ma di una rivista scientifica, cioè sottoposta a quella procedura detta peer review che dovrebbe garantire la qualità e l’originalità degli articoli pubblicati. Si tratta della rivista accademica Intelligence che ha pubblicato un articolo di Richard Lynn, professore emerito di psicologia all’Università dell’Ulster (Regno Unito), che in maniera eloquente si intitola: “In Italia, le differenze nord-sud nel quoziente intellettivo spiegano le differenze nei redditi, nell’istruzione, nella mortalità infantile, nella statura e nell’alfabetizzazione”. E’ un infamia e una vergogna.
Quanto la fisiognomica di Lombroso fosse priva di fondamento l’hanno dimostrato la scienza e la storia. Preoccupante è la situazione attuale in cui si accreditano teorie basate su semplici correlazioni che, se non fosse per le implicazioni tragiche che possono derivarne, andrebbero al più accomunate a quelle di Lombroso, che scrisse che “le prostitute, come i delinquenti, presentano caratteri distintivi fisici, mentali e congeniti”, tra cui “l’alluce prensile”. Non sapeva, però, Cesare Lombroso che quelle su cui aveva basato le sue acute osservazioni non erano le fotografie di prostitute da lui richieste alla polizia parigina. Si trattava, invece, di foto di oneste (e presumibilmente morigerate) bottegaie parigine che avevano richiesto una licenza e che la polizia gli aveva spedito per errore scambiandole, appunto, per quelle di prostitute.
Non ho altro da aggiungere.Siamo partiti dagli OPG e siamo giunti alle teorie Lombrosiane (da rivalutare).Complimenti dottor Pelella.Ma Lei è nato a Milano?
Voterà “amici di Salvini” ? Padrone di fare chiaramente quello che meglio crede, ma per favore lasci nell’ombra il Lombroso e le le sue antiscientifiche aberrazioni.
Caro Gianfranco, non è del tutto vero che i fascisti hanno aderito (?) a Lombroso. Durante il periodo fascista le teorie lombrosiane non hanno goduto di molta fortuna; il codice Rocco, ad esempio, è stato poco ispirato ad esse. Quanto alla questione dell’utilizzo del lombrosismo da parte del nazismo Le ho già risposto che le opinioni di Mosse non sono oro colato. Il fatto è che le teorie che parlavano delle razze erano molto diffuse all’inizio del 20° secolo e Lombroso, sbagliando, era convinto anche lui che gli appartenenti alle varie razze erano molto differenti tra loro. Ma c’è una differenza fondamentale tra chi teorizza l’esistenza delle differenze razziali e chi pratica concretamente la discriminazione così come c’è una differenza sostanziale tra lo scienziato che studia i possibili modi di utilizzo dell’energia e chi decide di far scoppiare la bomba atomica. Tenga presente che, come già Le ho detto, Lombroso era ebreo e che certamente non teorizzava la discriminazione degli ebrei (quindi non poteva essere antisemitico) e che, come già Le ho scritto, Lombroso non derivava dalle sue teorie razziali la necessità di procedere a politiche eugenetiche di eliminazione delle persone appartenenti a razze o categorie particolari. Le ripeto che c’è una differenza di fondo tra uno studioso delle razze e un politico razzista; Lombroso, nonostante i suoi molti errori, non avrebbe mai detto, come Salvini, che andavano spianati i campi rom.