SALERNO – Pensavo che salire sul carro dei vincitori fosse una prerogativa tutta italiana; mi sbagliavo, e la vicenda della strage nella redazione parigina ne è stata la piena conferma. Comunque ci vuole fiuto per capire qual è il carro dei vincitori ma per Charlie è stato tutto più semplice con i dodici corpi inerti a fare da scivolo verso la megamanifestazione di piazza con oltre due milioni di persone e la corsa alle edicola per l’acquisto della prima copia di Charlie dopo la strage. Tutti insieme appassionatamente per manifestare contro il terrorismo di matrice islamica e in difesa della libertà di stampa. Ai circa cinquanta capi di stato e di governo avrei chiesto come fosse possibile per loro manifestare quando il migliore tra essi avrà fatto quantomeno una legge per condizionare, se non bloccare, la libertà di stampa. L’unico giornale italiano che ha dimostrato vera indipendenza e libertà è “Il fatto quotidiano” che, pur non ricevendo alcun finanziamento pubblico (cosa questa non di secondo piano), la libertà di stampa non si difende con le manifestazioni ma con la diffusione delle idee di chi scrive in assoluta libertà; ed ha acquistato diverse centinaia di migliaia di copie che ha distribuito il 14 gennaio “a panino” (come si dice in gergo) l’intero settimanale ritornato in edicola e stampato in 5 milioni di copie: un successo senza precedenti per Il Fatto Quotidiano. Ed ha replicato la mattina successiva 15 gennaio, ma la corsa all’edicola era già scemata; quello che conta per la stragrande massa di gente è la curiosità della prima notizia nel primo giorno, una curiosità che non deve però conoscere ostacoli di file e di lunghe attese. Così la massa difende la libertà di stampa e combatte contro il terrorismo. Siamo oltre la frutta, forse già agli spaghetti aglio e olio, per dirla tutta. Addirittura il mio giornalaio ieri mattina mi ha pregato di acquistare qualche copia in più de “Il Fatto” e visto che non le avevo trovate il giorno prima ne ho preso tre. Ma cos’è la libertà di stampa, che è libertà di espressione, e come la si difende ? Il filosofo – drammaturgo – saggista francese Voltaire (pseudonimo di Froncois Marie Arouet) amava dire: “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”; ma sono già in tanti ad affermare che Voltaire non ha mai detto una cosa del genere !! Io più terra terra arriverei a dire semplicemente che la mia libertà non deve annullare quella dell’altro; saremmo tutti un po’ più tranquilli, giornalisti compresi. Una spiegazione molto più saggia, umana e religiosa l’ha data proprio ieri Papa Francesco in una delle tante tappe del suo viaggio nelle Filippine quando ha detto che “La fede degli altri non deve essere presa in giro ma che per la fede non si può uccidere”. Ma le opinioni in merito sono molto difformi; c’è chi dice che la libertà di stampa non si tocca ma il Parlamento da tempo approva leggi sempre più severe, c’è chi parla di coraggio e coerenza nel continuare a pubblicare Maometto in lacrime e con la scritta “je suis Charlie”, c’è chi dice che la satira è sacra e non deve conoscere limitazioni ma sia il Papa che Obama hanno già fatto qualche passo indietro, c’è invece chi dice che Charlie non è andato per il sottile con la satira, ci sono docenti che hanno portato in classe le discussioni. A volte, però, chiamare in causa i giovani per sentire il loro pensiero in merito è abbastanza rischioso in quanto oggi molti sanno solo distinguere il nero o il bianco, per loro la giusta mediazione non esiste anche se non intacca la libertà d’espressione che deve rimanere sacrosanta così come è stata creata. Mi è piaciuto molto la risposta che Francesca, studentessa del Liceo Mamiani di Roma (scuola storica degli anni della contestazione e primo istituto occupato nel 1998), uscendo da scuola con una copia di Charlie in bella evidenza nel suo zaino all’intervistatore ha risposto: “Compro sempre Il Fatto e sono contenta di aver trovato questa sorpresa. Ma non mi chiedere cosa penso di questa vignetta, della libertà di satira e dei suoi limiti. Sono questioni più grandi di me”.