SALERNO – Rischio di dover cambiare mestiere se qualcuno non mi spiega come si fa a sbattere in prima pagina nazionale il seguente titolo: “L’inchiesta – Il brasiliano ha sparato a Vassallo”; quasi come a dire che l’inchiesta è finita ed è stato trovato l’assassino. Probabilmente queste cose orrende accadono soltanto perché bisogna vendere qualche copia in più del giornale, però sono altamente a rischio di credibilità per tutto quello che poi si andrà a scrivere in quella che si annuncia ancora come una lunga telenovela prima di arrivare a capire chi e perché ha ucciso la sera del 5 settembre 2010 il cosiddetto famoso “sindaco pescatore Angelo Vassallo”. Un’altra cosa che intendo subito far rilevare è quella che Angelo Vassallo non venne mai lasciato solo ma nel partito si era auto isolato; infatti la politica di Vassallo era contraddistinta dal suo atteggiamento caratteriale molto simile a quello di Vincenzo De Luca, e dato che nello stesso pollaio due galli non possono mai convivere toccò a lui isolarsi. L’ultima cosa riguarda una vicenda raccontata con dovizia di particolari da “Il Mattino” del 23 novembre 2014; la vicenda degli albergatori è diversa da come è stata descritta. Non ci fu nessuno screzio tra un gruppo di albergatori e il sindaco pescatore, furono al contrario soltanto due ristoratori-albergatori (fratelli !!) buoni amici di Vassallo che cercarono di ammorbidire la rabbia dello stesso Vassallo che in quei giorni se l’era presa con Bruno Humberto Damiani (figlio del cosiddetto “Peppe ‘a catena” che era stato tra i tifosi protagonisti della brutta notte allo stadio Heysel del 29 maggio 1985) prendendolo addirittura a calci in piazza la sera del 13 agosto 2010 davanti a molte persone; e proprio quella sera del 13 agosto 2010 ci fu lo scambio di almeno tre sms tra Vassallo e il gruppo di ristoratori-albergatori. Non è vero, quindi, che Damiani non conoscesse Vassallo come avrebbe dichiarato a Bogotà agli inquirenti italiani capeggiati dal pm Rosa Volpe ed in presenza del suo difensore avv. Michele Sarno; e poi come si fa a considerare Damiani un delinquente dal profilo mafioso se una volta preso a calci in pubblico non esternò il minimo cenno di reazione immediata. Fin qui i fatti reali sui quali, ovviamente, ognuno può cucire e scucire qualsiasi considerazione ed anche ricostruzione in termini pseudo giudiziari dell’amarissima vicenda che portò alla brutale uccisione del sindaco Vassallo. Per me quell’omicidio rimane un omicidio d’impeto e non programmato, né tantomeno previsto o prevedibile. Tanto è vero che Vassallo stazionò la macchina tirando il freno a mano e stava per fare una telefonata non per chiedere aiuto ma, forse, per rassicurare su qualche vicenda di carattere personale che potrebbe aver unito lo stesso sindaco con colui il quale lo aveva fermato. Nel pubblicare i fatti che vengono raccontati da chi ha interesse alla loro pubblicizzazione dobbiamo sempre stare molto attenti a non enfatizzare corsie investigative preferenziali rispetto ad altre; ho visto in questi giorni alcuni servizi nei telegiornali nazionali, tutti assolutamente fantasiosi e, a dir poco, ai limiti della querela per il taglio assolutamente aggressivo ed anche diffamatorio; ma la gente forse è proprio questo che vuole. Così facendo creiamo soltanto confusione e rischiamo di bloccare il processo evolutivo delle indagini che fin da quella sera non si sono mai fermate e che la dottoressa Rosa Volpe (pm antimafia di vagliata e lunga esperienza) non ha mai smesso di curare con assoluta diligenza nell’ambito di quell’inchiesta, giorno dopo giorno in questi oltre quattro anni, e che per poter accedere ad altri atti investigativi ha dovuto formulare l’ipotesi accusatoria di “omidicio volontario con aggravante mafiosa”; ma ripeto è solo una ipotesi investigativa, quasi come un atto dovuto anche per poter compiere il viaggio fino in Colombia e interrogare il Damiani; ma tutto ciò non può essere utilizzato in modo tale da ingenerare la degenerazione in titoli e commenti come estratti da sentenze passate in giudicato. Non so se anche il procuratore capo Corrado Lembo abbia “voluto in prima persona” la trasferta colombiana, so per certo che la trasferta è nata sicuramente nella mente della Volpe nei primi mesi di quest’anno (quando Lembo era ancora molto lontano da Salerno), all’indomani della scoperta dei particolari sopra descritti (lite di Vassallo con Damiani e intervento dei due ristoratori-albergatori), quando andò a rintracciare perfino in Florida (USA) i due facendoli rientrare immediatamente a Salerno dalla loro vacanza. Come ho già scritto in precedenza ribadisco ancora una volta di condividere una sola affermazione, tra le tante, che Dario Vassallo -fratello di Angelo- ha pubblicamente esternato: “Bruno Damiani è solo una pedina utile per scardinare l’omertà di questo territorio”. Spero che sia così anche se io, onestamente, ci credo molto poco.
direttore: Aldo Bianchini