ROSCIGNO – “Il divin disegno del sentimento di amore quasi filiale … si avverte sul calar della sera … quando spenta la candela si chiudono gli occhi e si vede … tutto un grappolo di visi giustapposti su piani differenti e che non si vedono insieme”. Questa stupenda descrizione è di Marcel Proust quando scrive del suo Ruskin e delle opere d’arte che lo estasiavano. Questa è l’immagine che sul calar della sera di domenica 9 novembre scorso mi ha trasmesso Michele Albanese, direttore generale della Banca di Credito Cooperativo Monte Pruno di Roscigno e di Laurino, nel momento in cui in una sala gremitissima di pubblico ha quasi chiuso gli occhi per parlare del “suo amato Zì Mich’lin” (al secolo Michele Albanese senior, mitico direttore, anzi “Il direttore” della Bcc Monte pruno). Profondamente e sinceramente commosso, per ricordare meglio lo zio ha testualmente detto: “Qui in sala ci sono altri due Michele che continuano e continueranno a camminare sulla strada da lui tracciata”. Non so quanti in sala hanno sentito e/o capito il messaggio dell’oratore; io istintivamente mi sono girato sulla mia destra ed ho osservato attentamente, nella culla al mio fianco, il neonato Michele (nipotino dell’oratore) e mi è parso di vedere un leggero e rapido battere di ciglia, quasi come un segnale, quasi come se il piccolo nato da poco più di cinquanta giorni avesse avvertito il messaggio di “nonno Michele” ed avesse confermato che raccoglierà il testimone della famiglia Albanese e, soprattutto, del ceppo durissimo di quelli che portano il nome di Michele. “Non a caso -scrive Michele Albanese- portare lo stesso nome aggiunge qualcosa in più a questa storia, quasi come se il disegno divino avesse immaginato l’enorme senso di responsabilità celato dietro questo nome così importante”. Soltanto guardando Michele che parla nella sala gremitissima e il nipotino che batte le ciglia nella sua culla e soltanto intuendo il legame che già li unisce in una profondità di animo e di spirito capisco l’effettiva e pregnante magia di quel messaggio inviatomi la sera del 19 settembre scorso da Michele Albanese per parteciparmi la gioia della nascita del suo omonimo erede. Ma questo è solo un preambolo, forse una divagazione di stampo affettivo, certamente è la scoperta di come un uomo possa nutrire lo stesso sentimento di affetto intenso, insostituibile e perenne verso “Zì Mich’lin” e verso il piccolissimo e dolce Michele ancora in fasce. Signori questa è storia, è la storia vera di una grande famiglia roscignola che ha fatto del credito, come aiuto verso il prossimo, la sua ragione di esistere, quasi come se avesse compiuto un’opera d’arte. Ecco perché nella sala gremitissima aleggiava e sovrastava su tutti non solo l’immagine ma soprattutto il ricordo del compianto Michele Albanese, deceduto improvvisamente a soli 59 anni nella triste giornata del 12 marzo del 1994. Una presenza quasi ingombrante ma rispettata da tutti; anche da quel giovane collaboratore che chiamato a parlare per la prima volta nella sala delle assemblee a Roscigno aveva avvertito sulla propria pelle la presenza del “direttore”, quasi come se fosse uscito dalla grande foto posta alle sue spalle e si fosse seduto accanto al giovane oratore per accompagnarlo lungo i difficili sentieri della comunicazione bancaria, e non solo. A distanza di vent’anni dalla fine fisica dell’uomo “Michele senior” l’intera cittadinanza ha voluto partecipare la tristezza ma anche la gioia del ricordo che nella memoria di tutti non morirà mai. A sua immortale testimonianza un libro “Michele Albanese – pioniere, forse sognatore, certamente lungimirante” edito dalla Bcc Monte Pruno è splendidamente curato dal giornalista e scrittore Giuseppe D’Amico (meglio noto come “Geppino”) che nella prolusione verbale della serata ha sicuramente e finemente tratteggiato la figura umana e l’opera del compianto. Ma chi era, o meglio chi è stato il mitico “Zì Mich’lin” tanto amato dall’attuale direttore generale della Bcc. Era l’ultimo dei dieci figli del capostipite “Michele Albanese”; praticamente era il giovin signore della famiglia, vezzeggiato dalle quattro sorelle e spinto a far bene e meglio dai due fratelli (altri tre erano morti infanti). Studi superiori a Salerno, rapida iscrizione nell’Albo degli Esattori e poi … matrimonio, figli e banca, solo banca, fortissimamente banca fino all’ultimo istante della sua vita. Infine la ricerca del suo delfino, già pronto e di nome Michele, come nella tradizione familiare che opera nel campo dei tributi e del credito ormai da cento anni. Forse qualcuno l’ha dimenticato questo aspetto, è vero che non si legge molto e non si legge tutto, ma la storia della famiglia Albanese inizia ai primi del ‘900, cioè all’alba del XX secolo per arrivare in pieno XXI secolo tra pochi bassi e molti alti; ed è quanto dire. Il lungo e convinto applauso che si leva dalla platea mi riporta alla realtà del momento intriso di grande commozione, Michele Albanese ha finito il suo intervento e le lacrime rigano il suo volto, ha gli occhi chiusi e probabilmente ora in quel “grappolo di visi giustapposti su piani differenti e che non si vedono insieme” che si affollano nella sua mente scorge distintamente la figura di Alfiero Albanese, suo padre, che seppe con grande dignità ed onestà intellettuale fare un passo indietro per fare spazio al fratello Michele senior e conseguentemente al proprio figlio Michele. Aveva capito per tempo che nella famiglia Albanese soltanto chi si chiama Michele può essere protagonista del bello e del cattivo tempo, di momenti difficili e di successi travolgenti. E la storia continua, anzi certamente continuerà con l’ultimo arrivato della schiatta dei “Michele” che adesso si è completamente svegliato per meglio godere, forse, della lunghezza e dell’intensità degli applausi.
direttore: Aldo Bianchini