di Antonio Citera
Da Aprile a dicembre, da dicembre a chi sa quale altra data. E’ la storia del processo Chernobyl, una storia infinita iniziata nel 2007 quando 39 persone furono incriminate di traffico e smaltimento illecito di rifiuti tossici. Una lunga indagine condotta dal pm Donato Ceglie che mise alla sbarra i presunti “killer” dei terreni della provincia di Salerno. Dopo un lunghissimo iter processuale fatto di udienze quasi sempre rimandate per questo o per quel vizio di forma, finalmente a febbraio di quest’anno c’è stato il primo responso. Tutti gli indagati sono stati rinviati a giudizio. Tutti accusati di aver contribuito in maniera illecita allo sversamento di rifiuti tossici nei terreni soprattutto della provincia di Salerno. Un vero e proprio disastro ambientale secondo l’accusa. Il processo doveva aver inizio a Salerno il 9 aprile scorso ma, anche questa volta è stato rimandato al prossimo 17 dicembre per vizi di notifica. Ricomincia la folle corsa alla ricerca di una verità che forse non sapremo mai. Una verità nascosta anzi, interrata da un processo passato di mano dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a Salerno e, in quest’ultima sede dovrà con tutta probabilità avere un suo epilogo. Si dovrà stabilire l’effettiva tossicità dei rifiuti sversati, si dovranno effettuare analisi specifiche per rendicontare i danni subiti dai terreni e dalle persone. Da precedenti analisi su alcuni di essi, concentrati essenzialmente nel Vallo di Diano, gli studi effettuati escluderebbero la tossicità, accreditandoli come rifiuti pericolosi. Ma, sempre di rifiuti si tratta quindi, bisognerebbe sapere cosa hanno provocato e cosa provocheranno in termini di salute per i cittadini che abitano nelle zone individuate che la Procura ha catalogato come “fossa di scarico”del traffico illecito: località Tempa Cardone, circa 12.000m2, San Pietro al Tanagro, zona Buco Vecchio, Teggiano, località Sannizzi, Sant’Arsenio, località Via Larga, San Rufo, località Serroni di Montecorvino Rovella, zona ponte Barizzo, Capaccio. I materiali che vi sarebbero stati sversati, secondo l’accusa sono di diversa tipologia e vanno dagli scarti di tessuti vegetali, urine e letame di animali – comprese lettiere usate – fanghi prodotti da trattamento di lavaggio rifiuti in alcuni depuratori, residui della distillazione di bevande alcoliche, miscugli triturati di scorie di cemento e agenti chimici, liquidi prodotti dal trattamento di rifiuti di origine animale, fanghi prodotti dal trattamento delle acque delle fognature e di impianti industriali. Addirittura i fanghi delle fosse settiche delle navi approdate nel porto di Napoli. Tutto questo agli atti di un processo definito fin da subito morente da parte degli stessi giudici destinato alla prescrizione come già avvenuto per altri dibattimenti simili.