ROMA – E’ mio diritto e piacere offrirvi solo un’annotazione personale: ho deciso di non occuparmi più di televisione, come autore. Coloro che mi detestano e mi hanno criticato (non molti per la verità, ma apprezzabilmente tenaci) possono essere soddisfatti: mi tolgo definitivamente di mezzo. Agli amici, invece, debbo una spiegazione. Stanchezza, delusione e disgusto. Sinceramente, è proprio così.
1- Stanchezza. A 72 compiuti pochi giorni fa, non ho l’energia e la determinazione di qualche anno fa. Forse non ci crederete, ma per fare televisione, anche i programmi più lievi e di cosiddetto intrattenimento, ci vuole una robusta condizione fisica: soprattutto per tollerare le stupidaggini e le perdite di tempo. Il mondo televisivo in apparenza è meravigliosamente caotico e democratico: chiunque entra in una sala riunione e può dire la sua. Si perde una giornata di lavoro, diciamo otto ore, per realizzare qualcosa che si potrebbe concludere in mezzora. La democrazia, nella realtà non c’è, ed è giusto che non ci sia. Ma è orribile la perdita di tempo: alla fine decidono i conduttori, quasi sempre egocentrici e convinti di essere pressochè perfetti, anche se in grande maggioranza sono insicuri e ignoranti. E va bene. Non va bene che, altre volte, le decisioni arrivino oscuramente da chissà chi, poteri alti, poteri esterni, chi diavolo lo sa! La prima volta che feci “Domenica in”, un geniaccio simpatico e buontempone, Alfredo Cerruti, mi disse: “Se vuoi passare qualche tua idea senza essere contestato, sussurra a mezza voce che il suggerimento ti è stato dato dal cardinale…e al momento di pronunciare il nome, abbassa ancora la voce rispettosamente, storpia il nome, fa in modo che risulti incomprensibile! Nessuno fiaterà. Pensai lì per lì che fosse una battuta…
2- Delusione. La televisione è sostenuta dalla pubblicità, anzi vive grazie alla pubblicità. E’ inevitabile. Se un programma non fa ascolti, la pubblicità si ritira, e i dirigenti dell’emittente chiudono il programma e ti tolgono il lavoro. Tutti sono consapevoli di questa inesorabile realtà. Se vuoi vivere e sopravvivere, devi fare ascolto. Questa obbligatorietà conduce tutti, dirigenti conduttori e autori, verso uno standard di qualità basso e facile. Per sopravvivere, anch’io ho rispettato questo diktat, e sono stato accusato di eccellere nella tivu/trash. Non è vero e non è proprio così. Sia nelle domeniche pomeridiane, sia al Festival di Sanremo e nel “Senso della vita”, ho cercato di inserire “pezzi” di attualità, di buon livello culturale e sociale. Nessuno se n’è accorto, tuttora sono colpito periodicamente dalle accuse di trash facile, anche se da anni dichiaro (ho fondato anche un movimento e un premio senza fine di lucro, per questo obiettivo) di voler dedicarmi alla ricerca del merito e della qualità. Penso, nelle condizioni attuali, che l’impresa sia pressochè impossibile per tutti. Certo, al di là della retorica e delle buone intenzioni retoriche, la qualità non interessa ai vertici delle emittenti e tanto meno ai poteri esterni che cercano di condizionarla, di influenzare, con le pretese più volgari, siano di contenuto politico, siano di premio alla sgallettata di turno.
3- Disgusto. A poco a poco queste consapevolezze hanno provocato un sentimento di disgusto sia verso me stesso, che ho buttato tre lustri della mia vita appresso a una televisione non modificabile e certamente non migliorabile; sia verso l’ambiente, dirigenti che si arruffianano con la politica, oppure onesti e indipendenti ma assolutamente incompetenti o di debole spina dorsale, verso la superficialità, il pressapochismo, la volgarità, le giravolte politiche (oggi, con tutto il rispetto per il premier che deve ancora dare una convincente prova di sè, sono di colpo, quasi tutti renziani… Basta, dunque. Mi occuperò di televisione a livello giornalistico. E accoglierò eventuali inviti a partecipare come opinionista in qualche programma in cui possa esprimermi liberamente. Non sarà facile. L’ultima dimostrazione l’ho avuta al Festival di Sanremo: il direttore di Raiuno ha osato dirmi, apprezzo la sincerità, che io ero “pagato” non certo per “parlare male” del Festival (orribile, come tutti sanno). Ci siamo chiariti, Leone è un dirigente di vecchia e sublime scuola democristiana, ha le sue idee, ma esterna tolleranza… Ci siamo chiariti, com’è possibile con i democristiani sublimi (quelli antichi, da Bernabei ad Agnes) che guidarono una Rai di qualità ben maggiore rispetto a quella di oggi. Ci siamo chiariti, ma presumo che il diktat/divieto espresso al Festival non sia stato ancora ritirato. Peraltro non faccio la vittima, tipi come Biagi Santoro e altri sono stati protagonisti di storiche interdizioni – le mie vicende sono niente. Semplicemente, il disgusto mi induce a ritirarmi nel mio bunker. E ne avrò da raccontare, senza risentimenti: spero di dare un contributo, criticamente, ai molti che in Rai e Mediaset hanno meriti, ma sono oppressi dal peggior “ambiente” che si possa immaginare. Pensavo che il peggiore fosse quello del giornalismo, ma dopo aver assaggiato la tivu, l’ultimo gradino spetta sicuramente al piccolo schermo!