Antonio Citera
E’ passato quasi un mese da quel giorno “maledetto”, quando in un piccolo paesello arroccato tra le montagne del Cilento, due maestre della scuola elementare vennero accusate di violenza gratuita sui piccoli alunni. Due signore di mezza età, docenti modello a detta di molti cittadini del luogo, eppure furono colte in flagranza di reato. Dai video registrati dai carabinieri di Sanza, si vedevano scene crude, animi esagitati, qualche ceffone e due maestre evidentemente stressate da un vita di sacrificio e dedizione all’insegnamento. Le protagoniste furono giudicate colpevoli a prescindere, dai carabinieri, dalla gente comune, dagli inquirenti senza diritto di replica, senza sapere perché senza poter dare spiegazione sui fatti. Una fu addirittura arrestata, l’altra fu sospesa dall’insegnamento, provvedimenti presi all’uopo, nell’immediato istante in cui le luci dei riflettori si sono accese sulla vicenda toccando i confini nazionali e internazionali di un’informazione che pur di fare e dare notizia, non si cura dell’aspetto etico della vicenda ma, reprime e condanna senza pudore, senza coerenza con i fatti accaduti, senza nessuna coscienza verso chi suo malgrado finisce nella rete. Due mamme prima che insegnanti che sicuramente hanno sbagliato, potevano fare diversamente, come fan tutte o, la maggior parte delle insegnanti che pur di non incappare nella morsa, si limitano all’ordinaria amministrazione. Ma si sa, chi ha vissuto il mondo della scuola dall’altra parte della cattedra, rimembra ancora gli anni 70, 80, 90, quando l’insegnamento era tutt’altra cosa, quando la disciplina era più importante del saper leggere e scrivere. Oggi non è così, oggi tutto è dovuto, gli alunni sono imbalsamati nell’ampolla dell’ onnipotenza, hanno sempre ragione, hanno dalla loro genitori pronti a difendere a spada tratta anche l’indifendibile. Basta poco, a volte è sufficiente la parola del bimbo a far innescare un provvedimento disciplinare nei confronti di un docente, lo scolaro ha sempre ragione anche quando le circostanze gli danno torto. Allora basta un urlo di troppo, una spinta o un semplice richiamo all’ordine e il gioco è fatto. Il caso di Caselle è per certi versi esemplare, le maestre hanno esagerato, forse hanno usato violenza, hanno certamente varcato i confini della legge ma, a distanza di un mese e dopo che i provvedimenti presi nei loro confronti sono stati quasi azzerati possiamo tranquillamente dire che la lezione è servita e deve servire a far comprendere la vera essenza di un vivere che sta esaurendo il giusto equilibrio tra le persone e soprattutto tra i ruoli che esse ricoprono.