Aldo Bianchini
SALERNO – “”Qui non stiamo facendo una guerra tra poveri ma solo tentando di salvare il futuro dell’economia salernitana””, queste le parole pronunciate l’altro pomeriggio (lunedì 28 aprile 2014) nel salone di Confindustria alla presenza di Umberto Del Basso De Caro, sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), in riferimento ad alcune querelle sorte e gonfiate a dismisura tra la metropoli partenopea e la cittadina salernitana. “”Ragioniamo di funzioni e di sviluppo, non si gioca un derby calcistico”” ha risposto il sottosegretario. Poi nel tardo pomeriggio si sono tutti trasferiti nella Camera di Commercio per l’argomento principe della giornata: il destino del porto di Salerno. Un convegno voluto da Mare Nostrum ed abilmente organizzato da Federico Conte, giovane avvocato salernitano e figlio dell’ex ministro Carmelo, attuale componente dell’assemblea nazionale del PD. Finalmente !!, mi sono detto leggendo i report giornalistici, finalmente Umberto Del Basso De Caro, Agostino Gallozzi, Mauro Maccauro, Franco Tavella, Guido Arzano e Lorenzo Mazzeo si sono resi conto che la contrapposizione ventennale partita da Salerno contro Napoli non ha reso e non renderà i frutti sperati soprattutto nell’ambito della portualità commerciale e crocieristica. La sorpresa più grande è venuta, per quanto mi riguarda, dalle affermazioni del sottosegretario che ci ha messo una ventina d’anni per capire e fare sue le lezioni di <<geopolitica applicata al territorio>> impartite, quasi in maniera <<urbi et orbi>>, da quel grande maestro che è stato l’ex ministro Carmelo Conte che già verso la fine degli anni ’80 aveva ipotizzato non la contrapposizione ma l’affiancamento tra Napoli e Salerno con due distinte identità attraverso le famose <<aree metropolitane>> che proprio in questi ultimi tempi sono ritornate di grande attualità con la soppressione delle Provincie. Al di là dei sottintesi giochi politici in quella grande idea c’era tutto, ma proprio tutto: la portualità, i trasporti, la rete stradale, le vie del mare, le aree retro portuali, ecc. ecc. fino alla grande stazione di accentramento e decentramento che doveva essere il famoso <<interporto di San Nicola Varco>> che andava collegato alla grande rete ferroviaria dell’alta velocità ed alle autostrade nonché all’aeroporto. L’allora ministro Conte non ebbe la possibilità di portare a compimento quel disegno ad alta definizione politica che lo avrebbe, forse, consacrato nel ruolo di miglior politico nostrano di tutti i tempi, almeno sotto il profilo delle visione a 360° dei problemi che necessitava e necessita risolvere per il bene della collettività e dell’economia salernitana. Carmelo Conte predicava tutte queste cose già oltre vent’anni fa, e predicava anche la pacificazione tra Napoli e Salerno per superare quell’antico ma veritiero detto <<Si Salierno tenesse ‘o puorto, Napule fosse muorto>> che è sempre di grande attualità. Sentire oggi che molti personaggi invocano la pacificazione tra Napoli e Salerno e invitano ad abbassare i toni della contrapposizione mi sembra addirittura puerile, per non dire altro. Conte fu vittima di una congiura, non di palazzo ma di un accordo concertato e studiato a tavolino tra tutte quelle forze che dominavano l’economia dell’epoca con in testa le <<grandi famiglie>> salernitane che in pratica rappresentavano la nuova <<casta proletaria>> arricchitasi a spese dello Stato che era la grande mucca da mungere. La forza dominante della casta proletaria incise profondamente nella e sull’azione della magistratura che incautamente mandò in archivio tutti quei grandi progetti decretando anche la fine politica di Conte che, forse, aveva fatto il passo più lungo della gamba ed era stato capace di sfidare anche i poteri forti napoletani che reagirono in maniera violenta e senza appello, supportati dalla <<ragion di stato>> di Ciriaco De Mita. Le grandi famiglie salernitane si illusero che il nuovo arrivato, Vincenzo De Luca, propendesse tutto dalla loro parte e si sbagliavano. Certo che i primi passi andarono tutti nella direzione ed a favore della casta proletaria ma furono soltanto timidi segnali di un discorso che non è stato mai portato avanti. De Luca ha preferito intestardirsi nella violenta contrapposizione personalistica contro Bassolino e, quindi, contro gli interessi della metropoli partenopea; esattamente il contrario di quello che aveva immaginato e che voleva Carmelo Conte. Ma quella di De Luca è stata sempre una politica di sola contrapposizione, basta pensare al fatto che in questa impotante giornata in cui si parlava di economia del territorio (trasporti, portualità, ecc.) lui è rimasto lontano dai riflettori e dai tavoli di discussione. Impensabile che un sindaco possa rimanere fuori da un dibattito importante che oltretutto è stato organizzato anche dal suo partito. Ma a lui piace atteggiarsi alla Marchese del Grillo e ripetere la storica affermazione: “Perchè io so io e voi non siete un cazzo“. In questa differenza concettuale, tra la progettualità contiana e la farsa deluchiana, sta tutta la crisi dell’economia salernitana che, per responsabilità anche di giudici poco attenti (cerchiamo di non dimenticare mai questo aspetto !!), è stata travolta dai <<poteri forti>> di Napoli che nonostante le sue disorganizzazioni e lotte intestine rimane pur sempre una metropoli gigantesca, con tutti i problemi e le esigenze tipiche di una metopoli, rispetto ad una cittadina di provincia come è Salerno, nonostante i falsi annunci di De Luca che cerca di proiettarla verso il modello delle città europee. E dove erano tutti questi soloni in questi ultimi venti anni ? Silenziosi ed ubbidienti alla corte di De Luca, il caimano rosso, questa è la risposta più logica. Ed è stata una scelta assolutamente sbagliata perché basata soltanto su presupposti ideologici e personali piuttosto che su una progettualità vera e lungimirante come quella del <<laboratorio laico e di sinistra>> dell’epoca contiana. E ora rischiamo anche di perdere la centralità del nostro porto rispetto alla sfida decisiva contro il Nord-Europa; non solo, rischiamo di perdere addirittura l’autonomia e l’indipendenza del nostro scalo marittimo che nell’ipotesi maldestra del ministro Lupi dovrebbe essere accorpato a quello di Napoli in una nuova geografia portuale con cinque grandi macro-aree (riforma voluta da Lupi ma sostenuta dal PD !!). A questo punto resta sul terreno soltanto una possibile risoluzione. Bisogna fare squadra, tutti insieme intorno alla figura di Andrea Annunziata (attuale presidente dell’Autorità Portuale di Salerno) per lanciarlo verso il ruolo di <<coordinatore della portualità campana>> (conta poco dove sarà situata la sede !!) non tanto per mandarlo ad occupare l’importante poltrona ma per convincere il resto (il MIT) che non siamo di fronte ad un suk (tipico mercato arabo !!) ma al destino futuro dell’economia di una fetta di territorio nazionale molto importante. Del resto Andrea Annunziata, che pure ha vissuto come tanti altri l’era contiana, rimane l’unica certezza manageriale che abbia, almeno per quanto riguarda la portualità, seguito la grande progettualità di quel laboratorio riuscendo a ridare centralità ed autonomia al nostro scalo commerciale proiettandolo anche, e non solo, verso la crocieristica che era stata del tutto abbandonata negli anni d’oro del cosiddetto <<miracolo economico>> quando eravamo davvero ad un passo dall’avere la Luna. Con la sua presidenza, Annunziata, ha fatto del porto di Salerno uno strumento utile per tutti e non al servizio di pochi come era nel recente passato (a buon intenditor poche parole !!). Oltretutto in questa brutta storia è l’unico personaggio, presente oggi sulla scena, in grado di mettere d’accordo tutti sia a Napoli che a Salerno; da solo è stato capace di cancellare la farraginosa burocrazia che è stato il grande ostacolo in passato e che può ritornare ad esserlo in un futuro non molto lontano. Se poi anche in questa battaglia finale prevarranno le faide interne e le vendette personali dovremo predisporci mentalmente a perdere tutto, Martino ed anche la cappa. Un’ultima riflessione mi sembra non solo opportuna ma anche doverosa. Vedere Carmelo Conte seduto in platea ad ascoltare gli uomini che lui aveva allevato all’ombra delle sue idee è un fatto abbastanza traumatico per chi ha creduto in certi ideali e valori socialisti; ascoltare direttamente quegli uomini (non tutti in verità !!) è davvero sconfortante. Ma solo per dare a Cesare quello che è di Cesare, senza togliere niente a nessuno.