Aldo Bianchini
SALERNO – Con la puntata di oggi riprendiamo e continuiamo il racconto della vicenda giudiziaria “Angellara Home” tratta dal libro <<Una vicenda amara lunga cinque anni per servire la comunità>> scritto dall’arcivescovo emerito mons. Gerardo Pierro, edito nel 2012. Nel capitolo II, dal titolo “Turbolenze clericali e connivenze romane”, l’alto prelato svela che sull’onda mediatico-giustizialista della gran parte della stampa salernitana (i cui giornalisti vengono definiti “pennivendoli”): <<il 5 febbraio 2008, nel corso di una riunione con i membri dell’ IISC (Istituto Interdiocesano per il Sostentamento del Clero), nell’aula dei consigli del palazzo arcivescovile, durata ben tre ore, mi fu reiterata la richiesta di riconferma del consiglio nell’incarico, pur essendo scaduto il mandato quinquennale, come stabilito dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Feci notare che non potevo accoglierla, non avendo mai riconfermato nell’incarico che ne era stato investito per l’intero quinquennio>>. Le parole dell’arcivescovo emerito sono scolpite nella pietra, tanto sono dure; difatti la richiesta suonava sospetta soprattutto perché insistita e reiterata. C’erano, forse, interessi occulti da tutelare ? Mons. Pierro non lo spiega con chiarezza anche se lascia intuire che qualcosa si muoveva alle sue spalle ed a sua insaputa, fino al punto di decidere di inviare una lettera ai Superiori Organi romani per far conoscere a tutti che si sarebbe provveduto alla nomina del nuovo consiglio <<per porre fine all’anomala situazione, caso unico in Italia>>. A questo punto il mistero si aggiunge ai misteri. La lettera dettata personalmente da Pierro all’avvocato dell’Istituto non parte. Alla richiesta telefonica di spiegazioni il presidente dell’ IISC risponde che la lettera, quella lettera, non sarebbe mai partita perché rappresentava una estorsione. Cosa davvero incredibile che lascia intuire il tipo di clima che in Curia si viveva in quel periodo. Qualche giorno dopo, l’ 8 febbraio 2008, alcuni membri dell’IISC si recano addirittura a Roma presso la Congregazione dei Vescovi per denunciare in sede romana che l’arcivescovo Pierro non era più in grado di decidere. Manco a dirlo l’ 11 febbraio dello stesso 2008, al ritorno da Roma, viene presentato il libello accusatorio (firmato dai presidenti dell’Istituto e del Collegio dei Revisori dei Conti dell’ IISC) presso la procura della Repubblica di Salerno. In pratica l’accusatore (Pierro) viene letteralmente trasformato in accusato; una mossa preventiva strategica che sul piano giudiziario avrà in seguito ampia ripercussione negativa. Il presule scrive: <<Non è superfluo osservare che l’arcivescovo, che pur doveva essere convocato, in base alla norma dell’ascolto dell’altra parte (auditur altera pars), fu del tutto ignorato. Qualcuno avanzò l’ipotesi del previo consenso romano all’azione giudiziaria intrapresa: In quei giorni, infatti, la stampa cittadina riportò la notizia che alcuni membri dell’Istituto erano stati ricevuti -l’8 febbraio- a Roma dal Cardinale RE. … in più di un’occasione ho dovuto subire una vera e propria delegittimazione da parte dei vertici delle Congregazioni per i vescovi e per il clero (altro che potestà ordinaria, propria e immediata del vescovo diocesano, come recita il canone 381 $1 del Codice di Diritto Canonico)>>. Una situazione di incandescenza, altro che <<turbolenze clericali>> come con un po’ di umanità la definisce l’arcivescovo emerito che continua dicendo che potrebbe fare nomi di persone, citare situazioni senza tema di smentita e che ha deciso di astenersi <<per carità cristiana>>. Una prova della <<clemenza>> di Pierro potrebbe essere la sua ferma posizione di non voler rivoltare, ad esempio, come un calzino il locale Tribunale Ecclesiastico che pure aveva dato, proprio in quel periodo, segnali inquietanti e contrastanti di squilibrio nella conduzione della difficile organizzazione dell’importantissima istituzione; una situazione che era rimasta parzialmente nascosta fino a quando l’avvocato salernitano Francesco Casale non aveva deciso di portare in piazza gli scandalosi atteggiamenti nella discriminatoria pratica di attribuzione degli incarichi e della cause secondo un volere che finanche il tribunale civile ha definito scandaloso condannando il cancelliere Grimaldi per diffamazione in danno dello stesso Casale perché <<in più occasioni con un’unica condotta criminosa parlando con più persone diffamava gravemente l’avvocato Casale>> (fonte Cronache del Salernitano del 31 gennaio 2014). Ma quale era la vera posizione di mons. Gerardo Pierro ? Fu vera clemenza o un atto di sottomissione verso chi lo accusava ? Lo spiegherà Lui stesso nella prossima puntata quando parleremo della sua deposizione dinanzi ai giudici del tribunale di Salerno nell’udienza del 14 maggio 2012. Alla prossima.