ROMA – “Chi tradisce una volta” – recita un vecchio adagio “tradisce sempre!”
E’ stato l’urlo impotente, ancorché a labbra chiuse, rivolto dal Presidente del Consiglio uscente Enrico Letta al collega entrante Matteo Renzi.
Lontani dalla acrobazie mentali della politica e dei suoi interpreti da numeri a sbafo, nello sguardo gelido di chi è rimasto al palo il messaggio è stato chiaro: “Ti aspetterò al varco!”
Come dargli torto, del resto! Corteggiato, applaudito, incoraggiato, l’ormai ex-Presidente del Consiglio si è, poi, visto rifilare un benservito dalla sera alla mattina proprio da colui che aveva convinto tutti, gli italiani soprattutto, che mai e poi mai avrebbe puntato alla guida del Governo.
Che discolo! Per un colpo basso che solo una volpe collaudata a dir poco anziana della politica avrebbe potuto rifilargli. Mai giungergli da uno come lui. Un baldo giovane di belle speranze certamente, ma addirittura estraneo al Parlamento.
C’era tanta rabbia nello sguardo del povero Letta. Rabbia per un tradimento inatteso, per un motivo politico che ancora gli sfugge, per un programma di governo dai contenuti verbali miracolosi, ma di fatto fotocopia sostanziale dei suoi.
I casi sono due. O Renzi realizza nei prossimi quattro mesi quel che in un intero anno non ha saputo fare il predecessore (in tal caso la bocciatura di quest’ultimo sarebbe sacrosanta per manifesta incapacità politica e di governo); oppure, ove Renzi fallisca, il grande bluff ai danni del nostro Paese si sarebbe definitivamente consumato, con un capitombolo generale e l’ennesima grande risata internazionale ai nostri danni.
Non che la cosa preoccupi più di tanto le facce toste nostrane. Tanto Obama, chiunque sia a cavallo, continuerà a ringraziare l’uscente e l’entrante per quella consumata politeness americana nei confronti degli alleati purché rispettino le regole imposte da Washington.
Nonostante che il sistema di cui fanno parte sostenitori e oppositori sostenga a vario titolo questo neonato governo della sorpresa, il mistero della sua miracolosa apparizione continua.
Va da sé che, dietro l’ufficialità delle forze politiche, altre e ben più serie ed influenti – quelle della finanza e del potere economico nazionale ed internazionale che contano – lo hanno voluto.
Perché non è dato capire. Letta aveva forse loro sbarrato la strada dietro le solite quinte ignote a stampa e opinione pubblica e, conseguentemente, “San” Matteo, noto santo protettore (bugiardo) salernitano, si è poi prestato al gioco, a costo di tradire spudoratamente l’amico, l’alleato di partito, il capo di governo?
La fantapolitica non giova a nessuno. Cervelli sopraffini si sostituiscono sempre, al momento opportuno, a chi in prospettiva intralcia i loro interessi, i loro affari. In tal caso non si guarda in faccia a nessuno. Anche a costo di creare confusione in un intero Paese. Forse per questo Letta è saltato.
Il tempo resta l’unico galantuomo per tutti. Sarà lui a stabilire se fu tradimento inutile e fine a se stesso oppure totale incapacità di chi prima era al timone della barca.
Nell’un caso o nell’altro, lo sguardo volutamente altrove di Letta alla consegna del campanello di sabato scorso al gioviale suo erede e neo Presidente del Consiglio era già rivolto al piatto freddo depositato nel freezer della propria memoria.