Aldo Bianchini
SALERNO – Nell’ultima puntata di questa storia avevo scritto che, dopo la parole pronunciate dal procuratore nazionale antimafia –Franco Roberti– dal palco dell’Arena del Mare di Acciaroli il 14 settembre 2013 in presenza del presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, il caso giudiziario per l’assassinio del sindaco pescatore Angelo Vassallo poteva considerarsi chiuso, cioè un “cold case” (caso irrisolto). Fortunatamente non è così, e questo lo si deve essenzialmente alla tenacia caratteriale ed alla grande professionalità del magistrato Rosa Volpe che va dimostrando, caso dopo caso, sempre di più il suo innato “senso investigativo”. Da quando il caso Vassallo è giunto nella sua titolarità la Volpe, a mio giudizio, si è dedicata ogni giorno all’inchiesta, non ha mai smesso di spulciare le carte, di sentire testimoni, di convocare persone informate sui fatti, di spronare gli investigatori dell’Arma e, soprattutto, di pensare e ripensare a tutto lo sviluppo dell’inchiesta dal quel fatidico 5 settembre 2010 fino ad oggi. L’inchiesta, dunque, non poteva trovare miglior magistrato sulla sua strada, anche se resto fermo sulle mie posizioni nell’affermare che quello di Vassallo è un delitto molto difficile da spiegare perché, sostanzialmente, si è trattato di un “delitto d’impeto” consumato brutalmente ma senza alcuna premeditazione. Questo particolare, che è di fondamentale importanza, se studiato nei minimi particolari potrebbe portare col tempo alla scoperta del vero assassino, perché di un solo assassino si tratta. E da questo discorso potrebbe non essere estraneo lo stesso Bruno Huberto Damiani, detto “il brasiliano” per via della sua chiara origine sudamericana ed anche per le sue amicizie con il mondo dello spaccio della droga, per tre ordini di motivi. IL PRIMO: Damiani potrebbe essersi spaventato dopo aver appreso del delitto che nessuno aveva pianificato e sentendosi esposto a causa di un litigio avuto con Vassallo la sera del 13 agosto 2010 (il sindaco gli rifilò un paio di calci nel sedere nella piazzetta di Acciaroli per allontanarlo da un presunto spaccio di sostanze stupefacenti) aveva preferito allontanarsi rapidamente dall’Italia anche in forza di un biglietto aereo per il Sudamerica già acquistato qualche mese prima. Il Damiani era solito andare e venire dal Brasile e, quindi, gli risultava facile scomparire dalla circolazione anche perché i sospetti degli inquirenti cominciavano a concentrarsi sulla sua persona. IL SECONDO: Damiani potrebbe essersi imbattuto casualmente sulla strada di Vassallo, in quella curva buia, e dopo una ennesima discussione potrebbe realmente aver d’istinto sparato contro il sindaco pescatore uccidendolo. A mio avviso poco credibile questa seconda versione anche perché, essendo già in possesso di un biglietto aereo, non avrebbe destato alcun sospetto se la mattina stessa del 6 settembre 2010 avesse spiccato il volo verso il Sudamerica. Invece è scomparso quando probabilmente si è reso conto di essere rimasto spiazzato dall’uccisione di Vassallo e di sentirsi ovviamente in pericolo, come se qualcuno stesse per fargli cadere addosso tutta la responsabilità per coprire altre piste. IL TERZO: Damiani colto di sorpresa dalla brutale uccisione, sapendo qualcosa in merito oppure avendo visto qualcosa, ha preferito togliere ogni possibilità non solo di farsi arrestare ma, soprattutto, di farsi intercettare e semmai giustiziare come testimone pericoloso. E su questo scenario che si innesta l’ottima azione giudiziaria, sul filo sottilissimo del diritto internazionale, della dottoressa Rosa Volpe che ritenendo il Damiani “una persona informata sui fatti” ha colto molto intelligentemente l’occasione per rifilargli una “citazione di rinvio a giudizio” al fine di ottenerne l’estradizione dalla Bolivia dove il Damiani incautamente si era spostato in questi ultimi giorni. Forse per seminare qualcuno che lo aveva individuato e pericolosamente pedinato; il Damiani sapeva benissimo che rimanendo in Brasile non poteva essere preso (neppure con la citazione di rinvio a giudizio) e se si è spostato in Bolivia è perché probabilmente si sentiva braccato da qualcuno che poteva fargli molto male. Insomma Bruno Huberto Damiani potrebbe aver preferito sacrificare parzialmente la sua libertà in cambio della sopravvivenza; anche perché se è vero che in Italia deve rispondere di reati abbastanza gravi è altrettanto vero che potrà chiarire la sua posizione rispetto al “delitto Vassallo” e riprendere, forse, a vivere una realtà molto più serena di quella attuale. Ci vorrà ancora del tempo ma credo che la strada imboccata da Rosa Volpe sia proprio quella giusta; e se le eventuali rivelazioni di Damiani saranno esaustive potrà finalmente coronare oltre tre anni di indagini serrate con un successo clamoroso che merita ampiamente. Alla prossima.