Maria Chiara Rizzo
Dopo lo scandalo che ha travolto l’amministrazione di Erdogan, vacilla il modello turco a lungo considerato come un’eccellenza nel Medio Oriente e un esempio di sperimentazione ben riuscita. Per anni la Turchia è stata simbolo di avanguardia e tolleranza, punto di fusione tra islam conservatore e costumi occidentali, democrazia- anche se forse più apparente che reale- e capitalismo moderno. Modello per molti paesi arabi, la Repubblica Turca rassicurava l’Occidente, rappresentava un ponte per il mondo arabo-islamico e il giusto tragitto verso la modernità. Oggi i reati di cui vengono accusati persone dell’entourage del presidente Erdogan macchiano la fedina penale del governo turco, che, ormai da giorni sotto i riflettori internazionali, perde la credibilità e stroncano l’idillio del modello turco.
Lo scandalo esploso il 17 dicembre scorso vede come protagonisti i figli dei ministri dell’economia, dell’interno e dell’ambiente, accusati di corruzione, frode e riciclaggio di danaro e finiti in manette insieme a una cinquantina di persone. A seguito della diffusione della notizia i tre ministri dei suddetti dicasteri sono stati costretti a dare le dimissioni, ma il cerchio degli imputati si allarga e man mano compaiono nomi di altri funzionari che sarebbero coinvolti della sporca vicenda. Simbolo dell’espansione economica e della diplomazia, membro della Nato e candidata ad entrare a far parte nell’Unione Europea, la Turchia di oggi appare del tutto disorientata, mentre si fa sempre più pressante la richiesta delle piazze al presidente Erdogan di rassegnare le dimissioni. Il premier non dà segni di cedimento e denuncia il complotto, anche con la partecipazione di Stati esteri. Intanto, oltre alle nomine di nuovi ministri per rimpiazzare i tre dimissionari, Erdogan ha proceduto a un rimpasto di governo, sostituendo membri preposti ad altri dicasteri importanti, quali quelli della Giustizia, degli Affari Europei e dei Trasporti.