da Fausto Morrone
SALERNO – La testa di un maiale mozzata è un simbolo inequivocabile di intimidazione camorristica. Anche se fosse solamente frutto della mente malata di un mitomane, questi ha pur sempre utilizzato una simbologia vigliacca, violenta e immonda che va smascherata e perseguita rapidamente, perché dietro la testa mozzata di un maiale può nascondersi solo un animale sgradevole, una belva da assicurare ad una robusta gabbia. Proprio perché queste abominevoli figure, con i loro disegni camorristici e i loro messaggi criptati, non devono mai dettare l’agenda democratica del dibattito e della critica, mi appresto a formulare alcune riflessioni sulle vicende, anch’esse torbide, che stanno riguardando Salerno, De Luca e il PD. Su di esse mi sembrava superfluo aggiungere altro, tante sono le volte che ho interessato la Magistratura e l’opinione pubblica su questi ed altri fatti di medesima o più elevata gravità, da segretario generale della CGIL prima e da Consigliere comunale poi. Sono stato stimolato dal vile atto di stile camorristico suddetto e dallo stupore manifestato da alcuni commentatori rispetto alla “scoperta” delle malefatte di una personalità sempre esaltata da alcuni organi di informazione compiacenti, non solo locali, che hanno costruito il suo mito facendo divenire la bugia verità, non esponendolo mai a contraddittori e nascondendo tanti suoi fallimenti, catastrofici per la città. Per dare il senso delle cose che affermo si pensi che il Comune di Salerno è in uno stato di predissesto, con un consuntivo 2012 in rosso per sei milioni di euro. La classifica del Sole 24 ore lo colloca non a caso al 107° posto, sui 109 totali, per indebitamento. Tuttavia, ogni anno si rinnova quella sagra paesana natalizia delle luminarie, molto kitsch, che è arrivata a costare anche 5 milioni di euro per stagione, solo per soddisfare la vanagloria del primo cittadino. E’ il Comune che ha fatto registrare il maggior numero di infiltrazioni di imprese legate alla camorra (in prevalenza quella casertana) nei cantieri di opere pubbliche (lungoirno – palasalerno termovalorizzatore – piazza della Libertà – ripascimento spiagge – parcheggio Grand Hotel e di Via Camillo Sorgente), tutte da me denunciate direttamente all’Autorità Giudiziaria che ha poi inflitto le conseguenti interdittive antimafia. Anche per questo Salerno ha un altro primato: il maggior numero di opere pubbliche incompiute. De Luca, inoltre, è sottoposto ad un numero impressionante di processi penali, in corso o chiusi per prescrizione; dei procedimenti della Corte dei Conti qualcuno è già arrivato a conclusione con la condanna. Il leit motiv strumentale ad ogni insorgere di indagine è sempre identico a quello utilizzato in questi giorni sui fatti riguardanti il Crescent: l’interesse dei lavoratori utilizzato in modo odiosamente strumentale. Le ultime inchieste, escluse queste recentissime, riguardano, dal versante penale, gli espropri dell’area doveva sorgere il termovalorizzatore: l’accusa sostiene che i terreni siano stati pagati in una misura assolutamente esorbitante rispetto al loro reale valore; poi c’è quella della Corte dei Conti per una decina di assunzioni clientelari effettuate al Comune, che ha comportato già il sequestro patrimoniale e bancario per i componenti dell’intera Giunta e il licenziamento dei lavoratori interessati. Personaggio disinvolto De Luca: nel 2006 non ebbe alcuna esitazione a chiedere l’appoggio al PdL ed a Nicola Cosentino, che lo riferì in un comizio a Salerno, per l’elezione per il terzo mandato al Comune. Anche allora fu eletto in una situazione di incompatibilità quasi identica a quella attuale, taciuta e tollerata dal partito nazionale: infatti già ricopriva il ruolo di Parlamentare, riscuotendo all’epoca entrambe le indennità. In tutte le vicende opache della città si staglia la sua ombra; non ultima quella che riguarda il fallimento del pastificio Amato e il finanziamento da questi ricevuto dal Monte dei Paschi di Mussari, con denunce di flussi di denaro verso il Lussemburgo e il pagamento, da parte del medesimo imprenditore, del comizio a Piazza del Plebiscito a Napoli della campagna elettorale di De Luca per le elezioni regionali del 2010. Mi fa sorridere, poi, lo sgomento registrato sui fatti riguardanti il tesseramento del PD a Salerno. E’ come se i dirigenti del PD nazionale non avessero mai avuto modo di apprendere la verità sul “sistema Salerno”. Ebbene io sono stato costretto a lasciare, sul finire dl primo decennio degli anni 2000, l’allora partito dei Democratici di sinistra, dove c’erano gli stessi uomini oggi a capo del PD. Perché, pur avendo denunciato la sottrazione di voti a mio discapito nelle elezioni regionali del 2005, poi confermate nel processo presso il Tribunale di Salerno, sono stato messo sotto accusa dalla Commissione di garanzia dei DS, poi costretta alla retromarcia solo a fronte delle notizie trapelate dall’inchiesta. In una riunione della Direzione provinciale dei DS, accusai il partito di tesserare pregiudicati, di utilizzare gli stessi figuri per la propaganda elettorale e di non aver mosso alcuna critica al fatto che il Comune di Salerno aveva assegnato un appartamento, e assunto il figlio in una società partecipata, ad un noto capoclan (D’Agostino), che aveva, peraltro, messo una bomba dinanzi all’abitazione di un Assessore comunale. L’On. Marina Sereni (oggi Vicepresidente della Camera e allora segretario nazionale organizzativo con Fassino), venuta a presiedere la discussione per difendere il gruppo dirigente in una difficile congiuntura di carattere giudiziario, mi disse rabbiosa: rivolgiti alla Magistratura, noi qui facciamo politica, non ci occupiamo di queste cose. Nella medesima occasione avevo ricordato tutte le denunce da me effettuate in merito, anche al partito nazionale, aggiungendo pure il fatto, che appare sia stato scoperto solo in questi giorni, che il Comune incaricava e pagava per servizi cooperative di grande opacità, talvolta rappresentate legalmente da personaggi molto noti all’Autorità Giudiziaria. Il profilo di molti dipendenti delle società partecipate, peraltro, viene allo scoperto quando un numero rilevante di essi, giunti sul posto con mezzi aziendali e inneggiando a De Luca, picchiano e minacciano giornalisti e compagni dei Giovani democratici, impedendo lo svolgimento del loro congresso. Infatti, è in corso un procedimento giudiziario anche su questo grave e spregevole episodio. Sinceramente, ci sarebbe tanto altro da raccontare (penso ai finanziamenti pubblici per Campania Libera, associazione varata ad hoc dal Vice Ministro, rifiutati solo in parte dopo una mia denuncia ed il mio interrogatorio reso ai Magistrati inquirenti), ma credo di aver evidenziato già abbastanza quanto sia stata falsata l’immagine di amministratore capace e concreto. La capacità autentica, che credo gli si possa ampiamente riconoscere, è quella di addomesticatore di una buona fetta dell’informazione e di dissipatore di risorse pubbliche. Con questi metodi e queste pratiche non è difficile spiegarsi il grande consenso che i salernitani hanno tributato in vent’anni al primo cittadino (argomento questo, utilizzato da Renzi per difendere il suo sostenitore): Mussolini, Cito e Berlusconi sono fulgidi esempi del medesimo fenomeno. Francamente, da persona che ancora crede nella possibilità di riscatto della sinistra italiana, sono disgustato dal comportamento dei notabili nazionali delle varie correnti del PD che, nel tentativo (misero in queste circostanze) di portare acqua al mulino della propria battaglia congressuale, vicendevolmente si rinfacciano De Luca e Crisafulli. Tutto ciò rende molto triste chi ha militato in un Partito che poteva vantarsi di ben altre personalità, unanimemente apprezzate per la lealtà, l’onestà, l’ umiltà, l’alto senso delle Istituzioni, nonché per un impegno civile e politico, strenuo quanto disinteressato sul piano personale.