Aldo Bianchini
SALERNO – Con passo adagio, ma non tanto, tutta la vicenda che ruota intorno al ministro della giustizia Annamaria Cancellieri si sta spostando verso “l’uomo di Arcore”. Anche i titoli dei maggiori giornali del Paese si stanno spostando questa soluzione che, poi, è quella che fa maggior comodo a tutti. Sempre di più si consolida in me il pensiero, se non ancora la certezza, di vivere nel “paese delle banane”. Lo dico con una certa tristezza perché, al di là dei titoli dei giornali, la sostanza del contendere porta ineludibilmente verso questa soluzione: siamo il Paese delle banane. Dove è possibile tutto ed il contrario di tutto, altro che “azione umanitaria” come cerca di dire il ministro sotto la lente di ingrandimento. Sarà pure una ricostruzione fantasiosa la mia, ma immagino Giancarlo Giannini (ex presidente dell’Ispav, quindi un uomo forte dell’apparato di potere) in Procura a Milano seduto davanti al pm Luigi Orsi; è impaurito e timoroso, all’improvviso si rilassa e riprende il suo naturale aplomb, e vuota il sacco, almeno quel sacco che lui conosce. Cosa è accaduto ? Dalle varie indiscrezioni apparse sia su Corsera che su La Repubblica sembrerebbe proprio che ad un certo punto Giannini (teste-indagato !!) si rilassa perché, forse, percepisce dal PM una sorta di tacito salvacondotto se svela tutto quello che sa su “Arcore”. Se davvero siamo a questo, se davvero esistono magistrati disposti a temporeggiare pur di arrivare all’obiettivo principale che è sempre e solo Berlusconi, è lecito pensare e dire che siamo nella “repubblica delle banane”, altro che storielle legate all’azione umanitaria millantata dalla Cancellieri. Dietro questa vicenda potrebbe esserci tutto il marcio del marcio mai immaginato di questo Paese, un marcio che a questo punto chiamerebbe direttamente in causa tutti i maggiori esponenti del Partito Democratico solo per il fatto che quelli del PdL già sono tutti inquinati se non incriminati. Ecco perché, quindi, buona parte dei PM vanno sempre nell’unica direzione di Arcore che sembra essere diventata il crocevia di tutti gli intrallazzi di un intero Paese, come se Berlusconi avesse in esclusiva tutte le chiavi dei misteri nazionali. Abbatterlo velocemente e senza tentennamenti avrebbe un significato preciso per il PD, soprattutto per il PD: la sepoltura definitiva di tutti i problemi che ancora sono sotto la cenere. Ma i magistrati vogliono il potere assoluto e sono disponibili a calpestare anche quel poco che resta della credibilità nazionale che in buona parte risiede, almeno nella fantasia collettiva, proprio nella sinistra politica del Paese. Questo i santoni del PD non l’avevano e non l’hanno valutato nella giusta maniera. Ma questo discorso ci porterebbe molto lontano; oggi per rimarcare quanto l’intervento del ministro Cancellieri sia lontano da una giusta ed anche doverosa azione umanitaria mi piace ricordare, o addirittura svelare, quanto è accaduto nella Procura della Repubblica di Salerno poco più di dieci anni fa. L’allora capo Luigi Apicella e il pm della DDA Ennio Bonadies, su incessanti pressioni di Damiano D’Andrea, fratello del più noto e temibile Cosimo, ebbero modo di telefonare ed interagire più volte con i giudici di sorveglianza di Napoli (Minale e Castelluzzo) per essere informati sulle reali condizioni di salute del detenuto Cosimo D’Andrea che evidenziava uno stato di probabilissima “anoressia mentale” (esattamente come per Giulia Ligresti), una malattia che distrugge ogni volontà di sopravvivenza inducendo al rifiuto di alimentarsi, di curarsi e addirittura di vivere. Ebbene se esaminiamo le telefonate di Apicella e di Bonadies dobbiamo concludere che esse furono di stampo assolutamente ed unicamente umanitario perché parliamo di giudici severi ma attenti, di giudici che avevano a più riprese indagato il D’Andrea per fatti di “criminalità organizzata”, di giudici che avevano un alto senso di responsabilità e di umanità. Anche nel caso di D’Andrea le carte erano a posto, le relazioni mediche di parte e quelle dei CTU conducevano verso il riconoscimento della “incompatibilità al regime carcerario” (Caselli questo non lo sa !!) ma la giustizia operò in maniera diversa e Cosimo D’Andrea morì praticamente in carcere, forse anche da innocente almeno rispetto a molti dei tantissimi reati contestatigli. L’azione dei giudici Apicella e Bonadies era sicuramente un’azione umanitaria che non bisogna negare a nessuno, quella della Cancellieri mi sembra un maldestro tentativo per coprire mille altre responsabilità.