Aldo Bianchini
BATTIPAGLIA – E’ esattamente dal 13 marzo 2010 che non scrivo più sul problema della Alcatel-Lucent, stabilimento di Battipaglia, perché mi ero stufato di sentirmi come “l’asino in mezzo ai suoni”. Tutti avevano una soluzione, tutti proponevano, tutti parlavano, tutti indicavano, tutti a scaricare le responsabilità sugli altri; insomma il tutto nel più classico del costume italico. Imbecillità totale di quasi tutti gli attori in scena, purtroppo: da alcuni sindacalisti ad alcuni imprenditori, da alcuni politici ad alcuni lavoratori. La battaglia dell’Alcatel si aprì nell’autunno del 2009 e durò diversi mesi, fino a quando non fu trovata una soluzione ingarbugliata e pasticciata che ha portato, inevitabilmente, allo stato dell’arte di oggi. Non valsero a nulla gli operai sul tetto, l’arrivo delle forze dell’ordine, l’impegno delle maestranze, le promesse dei sindacati (qualcuno di loro operava già su altri binari concorrenziali !!) e i voltafaccia dei politici (locali, provinciali, regionali e nazionali). In quella inutile battaglia, a mio avviso, si distinsero soltanto due personaggi per serietà comportamentale e praticità di risultati. Parlo dell’avvocato Anna Ferrazzano e dell’imprenditore dr. Pierluigi Pastore. La prima, Anna Ferrazzano, all’epoca era vice presidente della Provincia ed assessore alle politiche del lavoro. Da sola, senza il sostegno di nessuno e neppure del suo partito, riuscì a tenere un profilo altissimo dal punto di vista dell’impatto delle sue decisioni-mediazioni sul sociale che fino a quel momento non si era mai visto. Sempre da sola capì che il problema del lavoro è un problema complesso e molto articolato (dagli investimenti privati a quelli pubblici per finire alla Cassa Integrazione) e riuscì a riunire intorno a se una serie di funzionari dei vari Enti che le resero il percorso molto meno accidentato di quello che avrebbe potuto incontrare sul suo cammino. Sempre da sola riuscì anche a sedersi ai vari tavoli ministeriali di concertazione mettendo in risalto le sue spiccate qualità professionali e capacità intuitive di un problema serissimo al fine di avviarlo ad una risoluzione positiva. E quando la risoluzione sembrava a portata di mano incominciarono, dall’interno del suo partito e da altre sponde, le bordate interdittive della sua azione che era improntata alla massima trasparenza e legalità. Ma la stampa, purtroppo, queste cose le dimentica facilmente, le calpesta e le butta nel dimenticatoio; ecco perché mi sento ancora come l’asino in mezzo ai suoni. Poi non dovremmo meravigliarci perché ad un certo punto un assessore, nonché vicepresidente, che arriva ad accettare il ruolo di “offerta sacrificale” nelle elezioni contro De Luca, si sia disgustata ed abbia sbattuto la porta. Una persona come la terrazzano la destra non doveva mai perderla, fino al punto di pregarla anche in ginocchio. Ma queste cose non fanno parte dell’apparato culturale della destra e neppure del suo presunto leader Edmondo Cirielli. L’altro personaggio dicevo è il dr. Pierluigi Pastore che aveva proposto un piano industriale serio per scacciare la crisi che invadeva l’Alcatel. Il dr. Pastore nel febbraio del 2010 mi scrisse una lettera (che non ho mai pubblicato) molto accorata per spiegare le sue ragioni e la sua rabbia. Vi propongo la lettura di due passaggi importanti di quella lettera: <<Ho scelto il silenzio sino ad oggi per non surriscaldare ulteriormente il clima di tensione riscontrabile sulla vicenda della Alcatel-Lucent di Battipaglia. Sento però il dovere di intervenire, con la discrezione che mi contraddistingue, e di ripercorrere le fasi degli eventi che si sono registrati riguardo alla vicenda: Alcatel-Lucent dichiara – sin dal 2008 – in sede sindacale mondiale la necessità di ristrutturare l’assetto industriale indicando alcune priorità da perseguire; in conseguenza di ciò avvia processo di individuazione del soggetto imprenditoriale idoneo ad evitare la chiusura dello stabilimento produttivo di Battipaglia. … Mi piace osservare che l’imprenditoria della nostra provincia è stata sempre “accusata” di non essere protagonista e di aver consentito il depauperamento del tessuto industriale e nel contempo mi sembra sconfortante che quando un comportamento attivo e positivo da parte del ceto imprenditoriale locale viene posto in essere, questo viene addirittura non solo ostacolato ma anche diffamato, anche per via mediatica. Ringrazio la Confindustria per il supporto offertomi, quantomeno alla giusta rappresentazione dei punti qualificanti del piano industriale>>. Alla prossima.