Tribunale: perché è giusto mettere fine agli sprechi.

 

Renato Messina

SALA C. – Ormai da settimane stiamo assistendo alla strenua lotta contro la chiusura del tribunale di Sala Consilina. In tanti si sono schierati: politici che hanno viaggiato fino a Roma, sindaci che si tengono strette le chiavi del tribunale, giornalisti che gridano alla fine del mondo e imprenditori che hanno chiesto di far passare alcuni comuni dalla Campania alla Basilicata. I più colpiti ovviamente sono gli avvocati che stanno conducendo una dura battaglia (legittima) per tentare di evitare la soppressione (ormai stabilita in via definitiva). Per affrontare la questione è meglio partire da qualche dato: come spiega l’Associazione Nazionale Magistrati (http://www.associazionemagistrati.it/geografia-giudiziaria-.aspx) in Italia non è mai stato soppresso alcun tribunale dal 1861 ma, al contrario, ne sono stati istituiti di nuovi fino agli anni ’90. L’ANM inoltre ha anche pubblicato in passato una proposta di riforma (sulla quale si base l’attuale riforma) che individua un criterio molto semplice (e quindi a mio avviso efficace): si tratta della famosa “dimensione 20”, ovvero la dotazione minima dell’organico di un tribunale, soglia sotto la quale non è giustificato il rapporto costo-efficacia. In Italia prima della riforma esistevano quarantaquattro tribunali sotto le venti unità, quindici sotto le dieci unità, su un totale di 165 sedi. Sfonderei poi una porta aperta se parlassi dei costi della giustizia a confronto con gli altri paesi europei a noi comparabili; in merito a ciò voglio invitare tutti a leggere i dati del Report 2012 European Judicial Systems (http://www.coe.int/t/dghl/cooperation/cepej/evaluation/2012/Rapport_en.pdf). Per i tribunali spendono più dell’Italia solo Svezia e Olanda oppure altre nazioni non comparabili con noi (perché molto più piccole o con reddito medio procapite decisamente più basso). Ma per quale motivo la dimensione di un tribunale è così strettamente legata alla sua efficienza? La risposta non è solo in quei fenomeni che gli economisti chiamano “economia di scala”; più specificamente nel caso dei tribunali si parla di “economie di specializzazione”. Come spiegato in uno studio di Alberto Bisin (http://www.econ.nyu.edu/user/bisina/giustizia.pdf) del 2008, nei tribunali di medio-grandi dimensioni è più facile specializzare i giudici in determinati settori della giurisprudenza e permettere loro di acquisire una capacità sempre maggiore di gestire in minor tempo le proprie cause, grazie al crescente know how. Detto ciò è anche evidente che i criteri di efficienza della spesa pubblica non possano superare il diritto di tutti i cittadini all’accesso alle funzioni di giustizia con equità. Questa misura però non è possibile dedurla con il metro che fino ad ora abbiamo utilizzato, ovvero valutando una situazione che fino ad oggi vedeva una diffusione capillare degli apparati giudiziari. Venendo al caso di Sala Consilina è palese che la soppressione del tribunale (o di un qualunque altro ente pubblico) causerà una diminuzione dell’indotto nella città e costringerà gli avvocati a fare molta più strada. È anche vero che però gli interessi del contribuente onesto italiano in questo caso sono altrettanto prioritari (se non di più), visto il carico fiscale che sopportiamo a causa della spesa pubblica. Se la nuova distribuzione geografica sarà equa lo sapremo solo con il tempo; per ora mi sembra che quello di Sala Consilina sia un tipico caso di “NIMBY” (not in my back yard, non nel mio giardino); un caso di persone che, legittimamente, protestano per qualcosa che vorrebbero succedesse da altre parti, ma non a casa loro.

2 thoughts on “Tribunale: perché è giusto mettere fine agli sprechi.

  1. Le cose non stanno esattamente come descritto. E’ vero che la classe politica, avvocati, commercialisti ecc. del Vallo ha fatto solo casini ma il punto è un altro: se soppressione deve(doveva) essere il Ministero deve spiegare i criteri con i quali ha accorpato Sala Consilina (più grande) a Lagonegro (più piccolo). La popolazione valdianese aspetta (anche dai “politici” locali) questa risposta. Saluti

  2. Non conoscendo, caro Renato, nel dettaglio la dimensione i costi ed il carico di lavoro del tribunale di Sala Consilina e di quello di Lagonegro, non entro nel merito se il taglio è giusto o no, e non entro neanche nel merito se è giusto o meno avere spostato quello di Sala Consilina a Lagonegro come osserva il libero pensatore. Mi limito a fare qualche osservazione di principio.
    1) Accorpare un tribunale più grande ad uno più piccolo può essere giusto in funzione della distribuzione geografica dei siti dei nuovi tribunali e delle strade che esistono per raggiungerli la vetustà dell’immobile, i costi di mantenimento degli immobili le aree di parcheggio limitrofe disponibili ecc. La dimensione è una voce da tenere in considerazione ma non certo l’unica.
    2) Presumo che avere due tribunali a così breve distanza in una zona con densità di popolazione non molto alta e con un tasso di delinquenza non certo critico (per quel che ne so) è irragionevole.
    3) Purtroppo in Italia i nostri politici prediligono i tagli ai servizi anziché tagliare gli sprechi. Poi quando si tratta di tagliare i costi di giustizia va tutto bene perché una giustizia inefficiente, da una parte, ed una riduzione delle pene con relativo accorciamento dei tempi di prescrizione aiuta tanti a farla franca. Se poi l’Italia va a rotoli chi se ne frega.
    4) Il confronto con quando spendono gli altri paesi, a mio avviso ci porta fuori strada. La Svezia per esempio conta meno di 10 milioni di abitanti su una superficie 1,4 volte l’Italia. Questo significa che per dare un servizio ai cittadini bisogna avere costi più alti per quelle diseconomie di scala che tu hai giustamente citato.
    5) Quello che non vedo da parte dei governi che si sono succeduti è la caccia agli sprechi cioè a quelle spese che non danno beneficio alcuno al cittadino, oppure quei servizi che potrebbero essere ottenuti con minori costi e stessa qualità di servizio. Per esempio sburocratizzare è una parola abusata e non attuata.
    Ho dato un colpo al cerchio ed uno alla botte non per cercare di mettere d’accordo tutti ma perché penso che oggettivamente le cose stanno così. E non va bene

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