Celiaci, obbligati ai rivenditori convenzionati.

Renato Messina

Pochi giorni fa durante una chiacchierata tra amici ci siamo imbattuti nell’argomento “celiachia”. La celiachia, come scrive L’Associazione Italiana Celiaci, è “un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, grano khorasan (di solito commercializzato come Kamut®), orzo, segale, spelta e triticale.” Questo problema è abbastanza diffuso, come segnala il Ministero della Salute nel suo rapporto annuale: si stimano circa 600.000 celiaci in tutta Italia (circa l’1% della popolazione). La celiachia ha chiaramente anche dei risvolti economici consistenti. L’alimentazione deve essere particolarmente curata e quindi i prodotti per celiaci possono avere prezzi superiori rispetto al normale. Sia lo Stato che le Regioni hanno legiferato in merito creando appositi strumenti per il monitoraggio della diffusione del disturbo e il sostegno alle persone che sono costrette alla dieta priva di glutine. In Campania abbiamo più di una norma che affronta questo argomento; anche le strutture e mense pubbliche sono sollecitate all’attenzione per i celiaci. Tutto bene quindi? Non proprio. La legislazione infatti perde parte della sua efficacia proprio nell’aspetto che riguarda il supporto economico all’acquisto di alimenti per celiaci. Materialmente il contributo viene erogato grazie a un documento di credito che, secondo la Delibera della Giunta Regionale della Campania n°3734 del 19/12/03 “è spendibile in tutto il territorio regionale presso le farmacie convenzionate …” L’elenco delle farmacie convenzionate (http://www.sito.regione.campania.it/documenti/2013/dietoterapici.pdf) consta di ben 25 punti vendita in tutta la Campania. Ciò significa che, se le stime del Ministero della Salute fossero esatte e se tutti i celiaci campani si facessero censire, circa 57000 persone sarebbero costrette a servirsi di soli 25 punti vendita per poter usufruire del contributo economico regionale. Fortunatamente l’AIC stipula convenzioni per proprio conto con esercizi commerciali di varia natura per agevolare i propri iscritti ma il problema non è risolto, perché è di principio. L’obbligo di utilizzare il contributo in un numero limitato di punti vendita è una rendita di posizione oligopolistica che va paradossalmente contro gli intenti della legge stessa. Non esiste infatti alcuna controindicazione all’utilizzo della “card” in un esercizio commerciale “qualunque”che rivenda prodotti per celiaci. Se ci fosse un mercato più concorrenziale (anche in un segmento ristretto come questo) i prezzi sarebbero sicuramente più bassi, permettendo l’acquisto di maggiori quantità di prodotto a parità di contributo. Si renderebbe pienamente efficace l’aiuto per i celiaci. In Toscana hanno già adottato un provvedimento di questo genere, l’AIC si è accordata con la regione per liberalizzare l’utilizzo del credito per i celiaci a fronte di una riduzione in termini assoluti del contributo; il risultato è stato un risparmio per la regione e un risparmio per i celiaci, che godono ora di prezzi di mercato. Noi che aspettiamo?

 

2 thoughts on “Celiaci, obbligati ai rivenditori convenzionati.

  1. Argomento molto interessante.
    Pur non toccandomi da vicino, sento sempre piu’ spesso di parenti ed amici che si imbattono in questa spiacevole intolleranza che li limita non poco di fronte alle proprie scelte alimentari.
    Il problema dei contributi risalta ancor maggiormente in questo periodo di crisi economica nel qualce ci troviamo, andando così a gravare ancora di più sulle spese di una famiglia che a suo malgrado deve affrontare tale problematica.
    Mi chiedo, allora, è mai possibile che il mercato e l’economia, fermi in molti settori, debbano muoversi e quindi guadagnare (speculare) sulle disgrazie” altrui???

    Cordialità

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