La “cattura”, un caso italiano

Renato Messina

La “cattura” del regolatore (o peggio del legislatore) è quel fenomeno per il quale chi deve controllare (o fare le leggi) assume, volontariamente o meno, il punto di vista di chi dovrebbe essere controllato, perdendo terzietà e oggettività. Esempi di regolatori in Italia sono le autorità di vigilanza dei vari settori (trasporti, energia, comunicazioni ecc.). I regolatori, avendo a che fare in maniera continuativa con gli attori sui quali devono svolgere la loro azione di controllo, finiscono spesso per tutelare gli interessi di questi ultimi piuttosto che quelli della comunità. Questo fenomeno è dovuto anche alle “pressioni” messe in campo dai soggetti controllati. In queste settimane si sta profilando a livello nazionale un esempio abbastanza classico e neanche eccessivamente celato del suddetto fenomeno. Faccio riferimento alla campagna d’informazione che la Federazione Concessionari Pubblicità – Assoquotidiani (associazione dei concessionari della pubblicità sui quotidiani)  ha lanciato, con l’acquisto di una intera pagina sull’edizione cartacea del Messaggero del 19 Agosto. L’intento dichiarato è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione dell’obbligatorietà della pubblicità dei bandi di gara degli appalti pubblici. Sulla validità di questa norma ci sono alcuni dubbi a causa di ripetuti interventi legislativi nel corso degli ultimi anni. La questione dell’obbligatorietà è  quindi entrata nel dibattito pubblico con l’atto di segnalazione 01/2013 dell’Aprile di quest’anno dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, emesso per spingere il legislatore a far chiarezza proprio sulle disposizioni legislative tra loro contrastanti (per non tediarvi sui dettagli vi rimando ad un chiarissimo articolo del Sole24ore: http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/norme/2013-04-10/ancora-obbligo-pubblicare-bandi-090115.php?uuid=Abj4uplH). In poche parole i concessionari della pubblicità sui quotidiani si sono fatti parte attiva della battaglia affinchè quest’obbligo continui ad esistere. La campagna è stata preparata con un comunicato del 31 Luglio sul sito della federazione, preannunciando le iniziative e spiegandone le ragioni. La FCP si è schierata chiaramente a favore della conservazione di questo obbligo apportando condivisibili ragioni di trasparenza e correttezza nel delicato campo degli appalti. Arriviamo al punto della questione: i concessionari pubblicitari sono palesemente i primi ad avvantaggiarsi economicamente di questa norma, la quale garantisce un generico e duraturo contributo indiretto al settore. Gli enti locali hanno infatti un obbligo specifico di pubblicazione sui quotidiani locali e nazionali. Al netto quindi dell’assoluta validità e ragionevolezza di qualunque forma che avvantaggi l’evidenza pubblica degli appalti,  non si può non intravedere il conflitto di interessi che sorge in questo caso specifico. Probabilmente i concessionari sono in buona fede, ma noi non possiamo certo esserne sicuri.  Del resto sul sito della FCP il comunicato (http://www.fcponline.it/13313-fcp-assoquotidiani-comunica-con-lorenzo-marini-group-in-difesa-della-normativa-sulla-trasparenza) riporta esplicitamente: “…FCP Assoquotidiani vuole affermare il valore sociale e l’impatto economico che derivano dall’informazione e dalla trasparenza. In generale, con la campagna si sostiene anche il comparto della pubblicità stessa, sottolineandone l’importanza di diffusione, certificazione e supporto all’economia.” Quale miglior sostegno di quello pubblico, vestito con la tunica della trasparenza? Nell’epoca della comunicazione online è proprio necessaria la pubblicazione obbligatoria sui giornali? Sarebbe forse più appropriato (ed economico)  mantenere questa norma solo nel caso della pubblicazione online sui siti istituzionali ed ovviamente sui canali ufficiali come la Gazzetta e similari. Siamo davanti ad un tentativo di “cattura” del legislatore, in vista di una regolazione definitiva della questione? Posso sbagliarmi, ma i segnali di una campagna mediatica per orientare le future decisioni ci sono tutti.

One thought on “La “cattura”, un caso italiano

  1. Giusto per non interrompere il mio tradizionale! (iniziato solo un paio di articoli fa) commento al tuo scritto, lo faccio pure in questa occasione. Sarò telegrafico: CONDIVIDO AL 100%.
    Converrai, però, che questo è un aspetto molto marginale sui problemi dell’Italia.

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