Antonio Citera
SALERNO – Una lettera piena di aspettative, a tratti commovente quella scritta dal Segretario salernitano Nicola Landolfi indirizzata al Segretario nazionale Guglielmo Epifani. IL PD che vorrei, che vorremmo tutti, altruista e attento alle vere esigenze dei cittadini. Righe di passione politica che vanno oltre, un mea culpa di un partito che non esiste se non sulla carta. Ancora, quasi a sminuire i fatti quotidiani,ci si arrampica sugli specchi, si fanno e si vendono prospettive rosee, si vuol far credere che la sconfitta non esiste, che le poltrone non sono il principale obiettivo,che il potere non è tutto. Ma aimè la realtà ci dimostra l’esatto contrario caro Segretario Landolfi, vittima e artefice anche tu insieme a tutti del fallimento della politica arrugginita e priva di vero senso civico. Questa la lettera: <<Caro Guglielmo, il fatto che tu sia diventato il Segretario nazionale è una buona notizia per quelli di noi che ritengono che il Segretario debba essere una persona con cui si può parlare e non, invece, un personaggio lunare, che ti guarda dall’alto in basso, avendo perso perfino la consapevolezza di fare la stessa cosa di quella che fa il suo interlocutore. Senza boria, mi auguro, che il Partito, e quello che sarà dopo il Congresso, sarà così. Popolare, semplice, democratico: con il cuore prima ancora che con la testa. Un partito che abbia i piedi ben piantati per terra, come Anteo, figlio di Poseidone e Gea, quasi invincibile finché rimaneva a contatto con sua madre, la terra, che gli restituiva le forze ogni volta che la toccava. Un partito che esprima una rinnovata cultura della realtà, come capacità di aderire nel modo migliore e più concreto alla storia nazionale ma, soprattutto, alla contingenza di una politica che continua ad avere bisogno dei partiti, come luogo di elaborazione e di proposta e non, come purtroppo accaduto nel recente passato, come lista di attesa per un posto da deputato. Un partito di notabili e di dottorandi al notabilato non ci serve più! Per questo, Guglielmo, bisogna fare presto, molto presto, i Congressi a ogni livello; per restituire ai nostri militanti il potere di discutere la linea (che è cambiata senza “passaggi” democratici), ma, soprattutto, per restituire loro la voglia di restare e di combattere per un’Italia più bella e più giusta. Andrebbe favorita una discussione tanto aspra e profonda, quanto partecipata e vera. Invece prevale il parlamentarismo, il tira a campare delle agenzie, dei tweet, il cazzeggio. Nell’immaginario collettivo siamo ancora quelli che hanno ammazzato Marini e Prodi e che, subalterni, si dividono tra “garantisti del nano” e “giustizialisti (sempre) del nano”. Mai NOI e, sempre, subalterni, servi ripiegati, con la testa e la guardia bassa. Un Congresso che dura 6 mesi, come il Congresso di Vienna, non ci serve! “Sui tempi lunghi siamo tutti morti”, diceva qualcuno e, soprattutto, potremmo accorgerci che non c’è più la base, non ci sono più i militanti, non ci sono più quelli che gli viene il mal di testa quando un’azienda va in crisi o quando una nomina in un ospedale è più importante della povera gente che muore, che viene ancora trattata come un numero di fronte al potere. Caro Guglielmo, facciamo in fretta, bando ai tatticismi! Voi lì siete tutti “ di ruolo”; mentre noi e il PD ci facciamo precari ogni giorno di più. Un Congresso subito. Un partito con un’identità, con una parola su tutto, che occupa un campo preciso, che rappresenta un’idea sola del mondo e di quello che succede sotto casa nostra. Che abbia come ideale la cultura della realtà, delle soluzioni possibili; che si occupi di cambiare la realtà, affidando ai suoi dirigenti migliori di nuovo il compito di analizzarla meglio degli altri, la realtà. Partiamo dai circoli e, poi, via via, “base per altezza”. Non oltre ottobre. Facciamo presto! Con grande amicizia e cordialità. F.to: Nicola Landolfi>>.