Renato Messina
Esiste in Italia, da molti anni ormai, un approfondito dibattito sulla riforma della costituzione nella sua seconda parte. Di conseguenza e giustamente, gli argomenti più spinosi si sono rivelati sempre quelli riguardanti l’organizzazione dello Stato, la distribuzione del potere e delle derivanti responsabilità. È senza dubbio questa una delle principali e più urgenti riforme da completare ma, a mio avviso, sfugge una priorità falsamente secondaria: la parte prima della Costituzione ed il primo articolo in particolare.
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.”
Siamo sicuramente tutti d’accordo che la parte prima sia un’enunciazione di principi generali ma, se è per tutti scontato che l’Italia sia una Repubblica democratica, non è affatto scontato che debba essere fondata sul lavoro. Non faccio riferimento all’attuale contingenza economica e sociale, ma all’affermazione generale in sé. Ciò che dovrebbe aprire la Costituzione del mio Paese è un primo articolo mi facesse capire che la comunità alla quale appartengo si è organizzata per rendere migliore la vita di chi vi prende parte; il lavoro è una componente importante, ma non l’unica. Il primo contenuto che la nostra Costituzione dovrebbe veicolare a tutti noi italiani (compresi i “nuovi” italiani) è l’essenza civile della nostra esistenza in questa determinata comunità. Si rivela, quindi, particolarmente limitativo enunciare come primo messaggio che “siamo qui per lavorare”; credo sinceramente che nessuno di noi nasca solo per lavorare. Forse, un po’ più adeguatamente, credere alla possibilità di essere nati per realizzare sé stessi, attraverso il lavoro, le arti, le scienze, la famiglia e qualunque altra cosa vi venga in mente potrebbe essere un valido contenuto, nel quale tutti noi, italiani ed italiani acquisiti potremmo realmente ritrovarci. Ritengo che non possiamo esclusivamente ritenerci una comunità di lavoratori, ma innanzitutto e principalmente una comunità di persone che si sono organizzate per essere felici; questo dovrebbe essere il fine del nostro vivere sociale, cercare di essere felici. Discutere e riflettere sulla parte prima della Costituzione, in un periodo di crisi e cambiamenti, è forse non risolutivo per i problemi pratici che abbiamo, ma sicuramente necessario se si vuole ricostruire una nazione.
Questa tua tesi, che affonda le sue radici nel pensiero liberale classico, mi pare molto suggestiva. Quindi mi piacerebbe che a questo tuo intervento seguisse anche una raccolta di firme da inviare al Parlamento. Devo aggiungere, tuttavia, che cambiare il primo articolo della Costituzione non basterebbe, se i restanti 138 articoli non fossero riformulati, a cominciare proprio da quelle norme che concernono i rapporti economici.
Caro Vincenzo, sono assolutamente d’accordo con te, abbiamo bisogno di una Costituzione nuova.