di Michele Ingenito
Manca solo il rush finale. Poi, sulla base dei numeri e delle probabilità di creare comunque una maggioranza, pezzi e pezzettini di centro destra e/o di centrosinistra ritroveranno l’amore lasciandosi andare nel fatale abbraccio. Tutto sarà buttato nel dimenticatoio: insulti, offese, ironie, bugie e verità. Andiamo un po’ per ordine. Monti accusa gli avversari di essersi sacrificato togliendo loro le castagne dal fuoco. Vero. Nessuno può smentire il professore. Checché ne dica il Cavaliere, il presidente pro-tempore del Consiglio si è fatto carico di un peso sovrumano in termini di responsabilità politiche ed economiche, in un momento estremamente critico per il Paese. Che si andasse verso misure impopolari puntualmente adottate era cosa nota. Che quelle misure avrebbero (dis)orientato negativamente l’elettorato a meno di due anni dal rinnovo del Parlamento era cosa altrettanto certa. Che bisognasse trovare un ‘capro espiatorio’ era, perciò, indispensabile più che necessario. Chi, dunque? L’uomo di grido, l’accademico di elevata reputazione, il ‘buon Samaritano’ che non aveva nulla da perdere. Ripagare i guai degli altri non avrebbe prodotto danni irreparabili ad un non-politico prestato al Paese. Fondamentale, quindi, riconoscere tutto ciò. Monti è stato sacrificato sull’’altare della patria’ da una classe di volponi politici presaghi delle conseguenze elettorali di IMU, tasse, disoccupati e povertà a così poca distanza dalle elezioni . Tanto, male che andasse, le colpe sarebbero state sue, solo sue, solo del professore. Non a caso l’unguento montiano è scivolato sulla pelle degli italiani con l’approvazione incondizionata di tutti i partiti che contano. Certo Monti non si è esposto a titolo gratuito. Napolitano lo ha introdotto nel potere con un’operazione elegantissima e riconoscente (senatore a vita), che ha messo a tacere tutti, a partire dal gran silurato, Silvio Berlusconi. Che, ad onor del vero, ha reagito con classe. Senza scalciare, senza scalpitare, senza urlare. Un po’ perché avrebbe fatto il gioco del nemico e molto altro perché, al di là delle apparenze, quella soluzione tornava comoda anche a lui, così come a Bersani e a tutti i partiti di governo degli ultimi decenni, responsabili dello sfascio nazionale. Ora, però, che la cura da cavallo ha prodotto i suoi effetti micidiali nel bene e nel male, i pezzi da novanta costretti per poco più di un anno ad amarsi mentendo, si riappropriano delle rispettive verità accompagnate dagli inevitabili odi. Da ‘cialtrone’ a ‘professorino’, e così via, anche sulle sponde dei linguaggi bersaniano o casiniano, non si contano più gli insulti e le polemiche. Tutto normale, dopotutto, quando la campagna elettorale volge al termine. Quel che resta, invece, agli italiani, è la crescente consapevolezza di vivere in un paese esasperatamente corrotto, che della corruzione ha fatto e fa sistema, di cui tutti, però, siamo responsabili in virtù dell’assuefazione alla mentalità imposta da una politica degradata e mistificante. Guardarsi intorno per credere. I grandi scandali che ci circondano – Monti dei Paschi di Siena, Finmeccanica, Regioni varie, costituiscono una minima parte di quel che bolle, in realtà, dietro gli angoli dell’intero Paese. Destinati a rimanere impuniti, purtroppo, dietro le quinte del malaffare, dell’impotenza istituzionale, della dirigenza politica assuefatta a se stessa, ai propri canoni, al proprio marcio. Inutile, quindi, pontificare. Un Benedetto XVI è troppo poco, nonostante la straordinaria efficacia del suo gesto e del conseguente significato pastorale e umano. Se gli italiani sprecheranno anche questa opportunità all’interno dell’urna, non potranno né dovranno più lamentarsi del sistema. Perché loro stessi fanno sistema, nel bene e nel male, perché sanciranno ancora a lungo, con il loro voto, la condanna a morte della nostra società. .