Intascare la pensione del caro estinto è uno degli sport preferiti soprattutto nel nostro amato sud. Poi c’è il fenomeno del cumulo dei trattamenti pensionistici.
Aldo Bianchini
Dal 1948 per ben 63 anni il nostro Paese ha condotto una vita generale che non poteva permettersi. Una sorta di “dolce vita”, di felliniana memoria, prolungata nel tempo. Fino ai giorni nostri. L’arrivo devastante della grande crisi economica globale ha imposto un cambiamento radicale, non solo nelle abitudini ma anche nel contenimento brutale della spesa pubblica, e quindi delle entrate familiari e pro-capite. Un po’ tutti si sono ribellati alle parole, probabilmente fuori luogo, del ministro Calderoli che chiede una revisione drastica delle pensioni di reversibilità; si è trattata di una indignazione più politica che altro. Nella realtà, a bocce ferme, Calderoli ha perfettamente ragione perché il fenomeno delle pensioni è un qualcosa di aberrante per un Paese civile, qualcosa che trascende da ogni contesto economico omologo allo stato sociale di cui il Pese stesso dispone. C’è da fare una premessa. Diversi anni fa il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale commissionò uno studio sul fenomeno pensionistico italiano. La commissione, di livello europeo, presieduta da un tedesco relazionò che il fenomeno era fuori controllo in quanto nel nostro Paese, abitato all’epoca da circa 50 milioni di persone, erano in atto oltre 60milioni di pratiche di pensioni differenziate tra INPS, INAIL, INPDAP, INVALIDITA’ CIVILI e di GUERRA, ecc, ecc. La commissione prima di arrendersi mise ovviamente in risalto un fenomeno che esiste soltanto nel nostro Paese e tipico degli anni d’oro del “presunto benessere”, il fenomeno era costituito dal fatto che centinaia di migliaia di cittadini godevano (e godono tuttora!!) di più trattamenti pensionistici derivanti dallo stesso motivo. Solo per esempio faccio il caso di un operaio che si infortuna piuttosto gravemente sul lavoro. Gli spetta, anche oggi, la rendita dell’INAIL (rendita e non pensione!!) che non è cumulabile e quindi lo stesso soggetto, se in regola con i contributi previdenziali, può aver diritto anche alla pensione di invalidità dell’INPS. Se le condizioni dell’infortunato sono molto gravi ai due trattamenti pensionistici si aggiunge l’APC (accompagnamento personale continuativo) dell’Inail che non collide con il famigerato “accompagnamento” dell’Inps (contestato anche da Calderoli). E siccome i due accompagnamenti non si cumulano, nulla vieta al soggetto di richiedere anche qualche “sussidio civile” erogato direttamente dal Ministero del Lavoro sulla base di relazioni delle singole Prefetture. Di esempi se ne potrebbero fare a centinaia e tutti perfettamente in linea con le leggi di questo Paese che, nel corso della lunga vita della Prima Repubblica, sono state emanate a migliaia senza la minima razionalizzazione dei criteri minimi di concessione. Un Paese, quindi, che per decenni è vissuto sul fenomeno pensionistico più o meno legale. Sorrido quando leggo che, sempre per esempio, la Procura di Nocera Inferiore sta indagando su 128 soggetti rei di aver intascato “la pensione del caro estinto”. Sorrido perché la notizia (come tante altre dello stesso tenore) è stata presentata come la scoperta del vada di pandora e non come la punta piccolissima di un iceberg sommerso. Nella mia attività professionale di “ispettore di vigilanza” ho anche scoperto (molti anni fa!!) ed opportunamente denunciato che in alcuni casi veniva addirittura cambiata la data di morte dell’assistito-pensionato. Spesso i sindaci dei “piccoli comuni”, quando il fenomeno di riscossione delle pensioni dei cari estinti veniva a galla, per evitare conseguenze penali ai loro elettori rilasciavano certificati morte artefatti; era necessario, poi, andare a fotografare le tombe per documentare l’evidente discrasia tra la vera data di morte e quella certificata. Con gravi conseguenze di carattere penale, ovviamente. Insomma in questo Paese è accaduto, e accade, di tutto e di più ed è assolutamente necessario fermarsi un attimo e razionalizzare il tutto., per non finire peggio dei paesi balcani o sud americani.