Aldo Bianchini
SALERNO – “Se io fossi un delinquente abituale lei mi avrebbe nominato presidente del Senato”, con questa frase pronunciata da Marco Travaglio, all’indirizzo di Silvio Berlusconi verso la fine della trasmissione “Spazio Pubblico” andata in onda giovedì 10 gennaio 2013 sulle frequenze di “La 7”, potrei sintetizzare l’intera sceneggiata messa in piedi nel tentativo non riuscito di abbattere definitivamente il mito di Berlusconi come “re della comunicazione”. La frase, però, resta ed è gravissima; in essa ci si potrebbe ravvisare il reato di “vilipendio dell’alta istituzione dello stato”; l’avesse pronunciata qualcuno di centro destra credo che i pm d’assalto sarebbero arrivati come mosche sul miele. Ma così va l’Italia e dobbiamo adeguarci; prendere o lasciare. Comunque ci hanno provato in cinque (Santoro, Travaglio, Costamagna, Innocenzi e Vauro) ad abbattere Berlusconi e sono stati abbattuti loro. Non per colpa di Michele Santoro, che aveva cominciato lo show in maniera molto professionale con le parole incantate del “Paese del Sole”, ma di quei quattro bassotti di Marco Travaglio (nemico giurato di B), Luisella Costamagna (messa in riga e a sedere anche da Mara Carfagna in una famosa trasmissione televisiva !!), Giulia Innocenzi (dalla vocina stridula e antipatica) e da Vauro che, secondo qualcuno, qualche scheletrino nell’armadio nasconde pure lui !!). I quattro sono caduti, e miseramente, perché non hanno neppure tentato di fare “giornalismo-giornalismo” come invece voleva lo stesso Santoro. Confesso che provo repulsione a pelle per Marco Travaglio e per Luisella Costamagna e ammetto, prima di andare avanti, che il mio giudizio può anche essere non imparziale. Ma se addirittura “Il Corriere della Sera”, il 12 gennaio, titola a tutta prima pagina “Dopo Santoro il PdL spera” qualche ragione ci dovrà pur essere. Insomma se il maggior quotidiano italiano, che certamente non è filo berlusconiano, titola in questo modo vuol dire che la “banda bassotti” ha fallito la sua “mission impossible”. Lo stesso Santoro, alla fine, ha perso le staffe, ma in tutta sincerità non poteva mica pretendere da Berlusconi che ascoltasse senza reagire la lettura della “solita lista della spesa” che il buon Marco ha mandato a memoria. E pur avendo preso una cantonata, alludo a Berlusconi, è finita che i processi per “diffamazione a mezzo stampa” (io ne ho beccati una ventina fino ad ora, senza mai essere additato come “diffamatore abituale” e fortunatamente senza alcuna condanna !!) hanno smesso di essere un punto d’onore per i giornalisti d’inchiesta qual è e resta Marco Travaglio che, però, dovrebbe presto allargare le sue cosiddette inchieste anche a carico di tanti altri personaggi. Capisco che è difficile trattare argomenti di giudiziaria se non si è ben dentro il relativo distretto, ma bisogna stare attenti a non farsi infinocchiare da chi in quel distretto ha interessi specifici e personali. Perché provo avversione a pelle nei confronti di Travaglio. Ve lo spiego subito. Tra febbraio e marzo del 2006, un periodo nero per Vincenzo De Luca sul cui capo pendevano tre richieste di arresto da parte della pm Gabriella Nuzzi, il baldo Marco Travaglio venne in provincia di Salerno per fare un giro propagandistico contro De Luca e per presentare il suo ultimo libro dell’epoca (contro chi ? ma Berlusconi, naturalmente). Lo ascoltai una prima volta nel salone di Palazzo Sant’Agostino, vomitò accuse indescrivibili contro l’allora deputato De Luca in procinto di candidarsi a sindaco contro tutti. Non potetti replicare, non era previsto; capii, però, che era stato catechizzato alla bisogna da alcuni noti personaggi che sono platealmente nemici giurati (non avversari come me !!) di De Luca. Qualche giorno dopo alcuni amici, di sinistra, mi contattarono (più per la mia avversione nei riguardi di De Luca che per il mio profilo giornalistico) per invitarmi a San Marco di Castellabate, nella residenza di una nobildonna del luogo, dove doveva essere ripresentato ad una ristretta cerchia di giornalisti e di intellettuali il libro di Travaglio. Non potetti rifiutare ed andai in questa villa megagalattica. La mia sorpresa fu che al tavolo principale, insieme a Travaglio, c’era Andrea De Simone che per quella serata forse era stato il suo ispiratore. Di nuovo valanghe di accuse contro l’on. De Luca che doveva essere epurato dal contesto della società civile, tante erano (a dire di Travaglio) le devastanti accuse giudiziarie. Da tenere presente, lo dico per i meno addetti ai lavori, che in quel momento storico Andrea De Simone (antico nemico di De Luca) era stato già rinviato a giudizio per l’appalto del prolungamento della tangenziale di Salerno (ricorderete lo scandalo Corsicato-Sardone-Brusco-Amatucci) mentre a carico di de Luca c’erano soltanto le accuse del pm Nuzzi (poi miseramente caadute); quindi la posizione giudiziaria di De Simone era peggiore di quella di De Luca. Attaccare De Luca spalleggiato da uno che era più inguaiato di lui mi sembrava davvero eccessivo e fuorviante. Provai a mettere in ordine le cose spiegandole pedissequamente al grande Travaglio, non mi rispose e fui subissato dai fischi. Come mi ero permesso di difendere De Luca in un momento così importante della sua caduta? Questo il commento amareggiato degli amici che mi avevano invitato e portato fin lì. Non potetti lasciare la villa e dovetti anche partecipare alla cena in onore di Travaglio, onore per lui perché io dovetti pagare ben 50 € per una cena da schifo. Non so se “Vincenzo De Luca” lo abbia mai saputo; mi interessa veramente poco, perché De Luca rimane, almeno per me, un personaggio ostico. Chiaramente l’immagine che ognuno ha di Travaglio non deve essere condizionata dalla mia esperienza; ma se tanto mi da tanto, capisco perché anche il Corsera ha ammesso che la “banda bassotti” ha perso il duello.
Ma cosa scrivi,vergognati,il tuo amico camorrista berlusconi ha espulso Santoro dalla rai,vergognati..tu e il centro desta avete rovinato L’Italia…