Aldo Bianchini
SALERNO – Che cos’è che induce alcuni magistrati di vaglia a lasciare la toga (seppure momentaneamente !!) per approdare sulle spiagge dorate della politica ? E’ una domanda che può dare la stura a centinaia e centinaia di risposte, una più difficile dell’altra e una più inconcludente dell’altra. Per alcuni è il miraggio del “potere”, quello che conta, quello che discende dall’immaginario che ci travolge fin da bambini con il miraggio del Parlamento (Camera e Senato) come il luogo della massima aspirazione per i comuni mortali, una sorta di paradiso terrestre dove tutto è possibile e consentito. Ovviamente non è così, almeno a mio parere, anche perché il “potere” di un magistrato (soprattutto se PM) è molto più forte e quasi inarrestabile, pur rimanendo sempre nell’alveo di un potere giudiziario (quindi commutativo !!) senza tracimare mai in quello sociale (quindi distributivo !!) che molti magistrati sognano come l’apoteosi della loro esistenza personale e professionale. Non di rado, difatti, con decreti, ordinanze e sentenze taluni magistrati cercano di amministrare la giustizia distributiva e non quella commutativa per la quale sono stati incaricati. E’ tutta qui, forse, la spiegazione. Del resto i risultati dei magistrati che da decenni “salgono in politica” sono stati molto ridotti se non proprio assolutamente nulli. Lo stesso tanto mitizzato Giovanni Falcone che cosa ha lasciato della sua attività politica: niente o quasi. Infatti la chiamata al ministero di Falcone servì soltanto a sottrarlo all’ormai invivibile clima ambientale che si era andato creando nell’interno della stessa Procura della Repubblica palermitana. Sarebbe molto interessante capire e sapere quanti e quali segreti questi magistrati portano in politica per depositarli nella mani dei pochi che veramente governano i veri palazzi del potere. Il caso di Luigi De Magistris dovrebbe essere illuminante in tal senso; ma nessuno se ne cura più di tanto. Lo scenario è il seguente: da un lato i magistrati (non tutti fortunatamente !!) che premono per “salire in politica” dall’altro lato la politica pronti ad accoglierli pur di strapparli ai loro incarichi delicati e pericolosi per la stessa politica; tanto alla fine quei magistrati diventeranno soltanto numeri. E questo vale sia per la sinistra che per la destra, anche se in quest’ultimo schieramento i casi di “magistrati convertiti sulla via di Damasco” sono davvero pochi. E’ il risultato di un’attenta e meticolosa strategia della sinistra che ha attraversato la fine degli anni ’60 e tutti gli anni ’70 con le scuole scientifiche di partito; la destra ci sta arrivando soltanto adesso e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. La “salita in politica” di alcuni magistrati in queste settimane ha del clamoroso con nomi veramente altisonanti: Pietro Grasso, Antonio Ingroia, Stefano Dambruoso e Simonetta Matone; tutti personaggi notissimi anche al grande pubblico per via delle loro continue, ed a volte faziose, presenze nei salotti della grandi tv nazionali (altro che Berlusconi !!) per discernere su tutti gli aspetti dello “scibile umano”, dalla politica, alla malavita organizzata, al terrorismo internazionale, ai grandi processi mediatici fino ai concorsi di bellezza e alla dieta mediterranea. Cose dell’altro mondo !! La mia idea è che, come per i medici, bisognerebbe impedire a questi signori di “salire in politica”; molti di questi non si dimettono neppure ma chiedono soltanto periodi di aspettativa per poi ritornare tranquillamente a fare il loro lavoro, forse con qualche rivendicazione in più da buttare sul tavolo delle vendette. Io personalmente non mi accontenterei delle loro dimissioni (sono pochi che le rassegnano!!) ma, ripeto, impedirei se necessario per decreto la loro salita in politica. Per una serie infinita di ragioni che ognuno costruisce nel proprio immaginario. Dicevo prima che “quei magistrati diventeranno soltanto numeri” ed è proprio così; eclatante il caso di quel magistrato-deputato che negli anni ’70 divenne l’alter ego di Ugo La Malfa e che “minacciava” platealmente i suoi colleghi parlamentari per poi ritornare nella sua Sicilia a fare il magistrato vendicativo. Ma questa, ovviamente, è un’altra storia che non mancherò di raccontare.