D’Andrea/7: il ricordo

Aldo Bianchini

SALERNO – Undici anni fa, il 19 dicembre 2001, nel “reparto detenuti–padiglione Palermo” dell’ospedale  Cardarelli (Napoli), sezione distaccata dell’istituto penitenziario di Secondigliano (Napoli), all’età di 55 anni, moriva Cosimo D’Andrea. Era stato arrestato il 12 giugno 2001 e rinchiuso nel carcere di Opera a Milano dopo una lunga battaglia legale culminata con uno strano e, per certi versi, contraddittorio provvedimento dell’Autorità Giudiziaria che disponeva la “detenzione in carcere” del famoso collaboratore di giustizia che invece di essere tutelato venne mandato al massacro. Le sue condizioni di salute non erano tali da poter sopportare il regime carcerario; lo avevano scritto tre periti che non vennero per niente creduti; l’unica concessione fu quella di autorizzare il suo trasferimento presso il Cardarelli di Napoli. La Corte di Cassazione, dopo alcuni anni, ha stabilito che i tre periti avevano refertato le reali condizioni psico-fisiche del D’Andrea ed ha condannato il medico del reparto-carcerario del Cardarelli che, contro tutto e tutti, non provvide a rilasciare il malcapitato neppure quando era giunto allo stremo delle sue forze. La storia umana, personale e giudiziaria di Cosimo D’Andrea è lunghissima e sulla sua esistenza bisognerebbe scrivere un libro. Prima dicevo che D’Andrea è stato un “famoso collaboratore di giustizia”; ebbene in ordine di tempo l’ultimo magistrato a sentirlo è stato Antonio Centore (DDA di Salerno) che lo interrogò presso il carcere di Opera a Milano alle 11.35 del 19 luglio 2001, poco più di un mese dopo il suo arresto ed esattamente cinque mesi  prima che D’Andrea morisse. In quei 153 giorni, tra l’interrogatorio e la morte, è accaduto di tutto e di più Un interrogatorio di oltre cento pagine dattiloscritte per dire tutto e niente. Il pm Centore colse l’occasione per porgli anche alcune domande sul Sea Park (oggi il processo è ancora in corso a Salerno !!) e su tante altre vicende incastonate su uno sfondo quasi surreale di grandi operazioni economiche tra legalità e illegalità. Cosa è accaduto in quei 153 giorni, perché a quell’ultimo interrogatorio in cui si parla anche del Comune di Salerno non è mai stato dato il giusto peso in sede giudiziaria, e perché la magistratura invece di proteggere il collaboratore si è sostanzialmente accanito contro di lui ? Le risposte sono difficilissime; una sola cosa è certa. Quando D’Andrea parla del Comune di Salerno quale principale “sponsor” del progetto Sea Park il pm Centore dice: “Va bene d’accordo, approfondiremo separatamente. Poi?”, gli fa eco il collaboratore di giustizia (che per la legge forse è solo un camorrista !!) dicendo “”Ci volessimo fermare quasi?””. L’interrogatorio, dopo 118 pagine, finisce con la promessa di continuare in altra data per approfondire specifici argomenti; il verbale viene chiuso ed allo stesso viene allegata la bobina della fonoregistrazione. Dopo di che il nulla, fino alla morte di Cosimo D’Andrea. Senonchè in questi ultimi mesi spunta dal cilindro delle sorprese una “strana telefonata”, ma di questo è bene parlarne in seguito. Oggi è soltanto il tempo del silenzio, del religioso silenzio per commemorare la memoria di un uomo che pensando di fare del bene si trovò coinvolto in una marea di vicende giudiziarie molto più grandi di lui.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *