PAESTUM – Com’è consuetudine per ogni evento, anche al termine della Borsa Mediterarnea del Turismo Archeologico si è fatto il rendiconto e quantificato il risultato. In genere si fa con i numeri, ma evitando di darli! Anche perché i numeri servono per analizzare e, di fronte a qualche criticità, per suggerire rimedi per il futuro. Diversamente ciò che si comunica diventa un infantile espediente sia per nascondere la verità sia per giustificare l’inutile e improduttiva prosecuzione dell’evento o per motivare un qualche cambiamento politicamente più appetibile, che nel nostro caso, come qualcuno paventa, potrebbe essere lo scippo della tradizionale location di Capaccio-Paestum. Ma veniamo ai numeri. Noi diamo per veri quelli comunicati, perché non c’è alcuna possibilità di riscontro e di confronto se non con quanto può confermare la diretta osservazione di un qualsiasi visitatore dei quattro giorni di durata della manifestazione. E diamo per veri anche quelli comunicati nelle precedenti manifestazioni, cominciando dalla prima del 1998, per la quale si “ipotizzava” e quantificava (venti miliardi di lire!) anche “il giro di affari, compreso l’indotto”. Non si capiva bene con quale criterio e con quali strumenti d’indagine e rilevazione. Ma questo è solo un dettaglio per petulanti osservatori. Ciò che, invece, salta all’occhio sono le cifre che riguardano i visitatori, gli espositori e gli operatori, omettendo la categoria dei giornalisti perché ormai lo sono un po’ tutti. Per i primi anni tale cifra, per i visitatori, si attestò sempre ai diecimila, né uno in più né uno in meno! Cifra di abitudinari o cifra di casuale coincidenza? Negli ultimi anni siamo passati a una cifra più suggestiva per la sua leggibilità: ottomila, né uno in più né uno in meno. Ottomila nel 2010, ottomila nel 2011. Poteva essere mai una cifra diversa nel 2012? No di certo. Vedi un po’ che ti fa il caso: si confermano gli ottomila visitatori! Medesimo confronto e casuale coincidenza valgono per le cifre delle altre categorie, per le quali dovremmo chiedere conto all’inutile sopravvivenza del carrozzone ENIT. Ed ecco le autorità politiche provinciali sottolineare il successo di pubblico, studenti festaioli compresi, che l’evento ha prodotto anche quest’anno! Ma su questi numeri non avanziamo dubbi: diamoli per veritieri. Ciò di cui ci permettiamo di dubitare è la validità di un evento, in rapporto alle risorse impegnate dagli Enti pubblici, ai fini della promozione del turismo e dell’economia del territorio a Sud di Salerno, e in particolare per le aree archeologiche di Paestum e di Velia. Già nel 2010 avemmo a nutrire forti dubbi ipotizzando anche possibili modifiche a una manifestazione nata per rivitalizzare il territorio salernitano e finita per essere passerella per politici locali, pubblicità per località turistiche di altri Paesi e altre Regioni o, come quest’anno, passerella per qualche star (Alberto Angela) che deve pubblicizzare il suo ultimo libro, più attinente al gossip archeologico che all’archeoturismo. Gli ottomila visitatori sono pur sempre un’inezia per un evento che si dichiara unico al mondo e per i fini che si propone. Se questi dati si valutano con quelli generali del numero di visitatori dei siti archeologici italiani, che nei precedenti anni hanno registrato un continuo decrescere del flusso intorno al 12%, con il 44% dei siti del Sud Italia chiuso al pubblico, con l’area archeologica di Paestum che registra un misero numero di visitatori (circa 280.000, quasi tutti con ingresso libero, a fronte dei 2.300.000 di Pompei e inferiori anche a quelli dell’area archeologica di Ostia), l’80% dei quali sono turisti giornalieri con ricadute solo su qualche rivendita di souvenir adiacente ai Templi, c’è veramente poco per poter comunicare entusiamo e soddisfazione e non porsi serie domande su che cosa fare. A questi elementi di criticità bisogna aggiungere le nuove modalità con le quali si muovono sia l’offerta sia la domanda del turismo. Il diffondersi del low cost, lo sviluppo della multimedialità, le imprese ricettive che, singolarmente o in associazione, si propongono direttamente sul mercato on line hanno, di fatto, modificato il “mercato” del turismo. Si avverte ormai con evidenza uno scollamento tra workshop, borse del turismo e le nuove tecnologie di scambio, comunicazione, veicolazione delle informazioni e acquisto dei viaggi. Il turismo organizzato è sempre più in crisi, con agenzie di viaggi e tour operator che stanno vivendo un brutto momento, poiché molti viaggiatori si organizzano da soli e le moderne tecnologie consentono in tempo reale contatti e scambi di informazioni on line. Su queste basi bisogna ripensare la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, il cui ruolo rimane enorme, e la cui sorte è da affidare a una sua rivisitazione, trasformazione e collocazione in un contesto coordinato di eventi nazionali e internazionali destagionalizzati, anche fieristici, sui quali far convergere da parte degli Enti locali parte delle enormi risorse destinate a sagre e a costosi spettacoli estivi, quasi sempre di dubbia valenza artistico-culturale e che vanno pur sempre a incidere sulla scontata e abituale presenza balneare o, peggio, sul mordi e fuggi serale. Si tratta non di dare importanza a singoli eventi, ma di attivare una strategia complessiva di valorizzazione, distinguendo le azioni rivolte al miglioramento e alla creazione del prodotto turistico da quelle finalizzate alla sua promozione. È il coinvolgimento di una pluralità di soggetti eterogenei che hanno bisogno di essere coordinati, secondo una nuova e moderna progettualità. La creazione di un Distretto Turistico Culturale ne potrebbe essere lo strumento giuridico e operativo valido. La BMTA potrà continuare ad esistere con una produttiva funzione economica e turistica solo se inserita in un globale e coerente progetto e articolata strutturalmente secondo nuovi modelli di relazioni e commercializzazioni, per evitare che resti vetrina per il politico provinciale di turno, occasione di caciara per studenti vacanzieri, piacevole soggiorno gratuito per i soliti addetti ai lavori o, peggio ancora, marketing per destinazioni e siti concorrenti.