Aldo Bianchini
SALERNO – Mentre si avvicina l’ora della decisione sulla qualità e sull’entità delle pene da comminare a Giovanni Citarella (3 anni e 5 mesi), Gennaro Citarella detto Rino (3 anni e 4 mesi), Giuseppe Ruggiero (3 anni), Lucio Basco (3 anni), Carmine Ruggiero (2 anni e 6 mesi), Emanuele Zangari (3 anni e 4 mesi), Federico Spinelli (3 anni e 4 mesi), Rosario Cozzolino (1 anno e 4 mesi), in presenza del diniego dei magistrati verso la richiesta di patteggiamento di Luigi Di Sarli (difeso dal senatore Michele Pinto), è necessario trattare il profilo di detto imprenditore del Vallo di Diano. Nell’attesa, ovviamente, del rito ordinario per i due funzionari della Provincia (Raffaele Orefice e Franco Pio De Luca), mentre sono state già stralciate le posizioni di Alessandro Piccolo, Silvana Bevilacqua e Diana Capretto che vanno davanti al GUP per l’udienza preliminare. L’inchiesta denominata “Due Torri” ritorna, quindi, prepotentemente alla ribalta dell’attenzione generale. Ma chi è Luigi Di Sarli ? Questa la domanda che in tanti pongono per capirne di più rispetto ad un personaggio quasi sconosciuto alla grande massa di operatori, imprenditori e faccendieri che hanno fatto e fanno capo alla Provincia di Salerno, o meglio agli uffici ed ai funzionari di Palazzo Sant’Agostino. Luigi Di Sarli è soltanto uno dei membri di una grossa “holding familiare del cemento”; gli altri tre sono il padre Vincenzo (70 anni), i fratelli Antonio (36 anni) e Castrese (38 anni). Tutti e quattro nativi di Teggiano, città in cui tuttora vivono. Le fonti investigative indicano Di Sarli come il punto di riferimento degli imprenditori del Cilento in quanto quello che aveva intrecciato un inverosimile numero di rapporti con i funzionari della Provincia. Grazie a questa fitta rete di rapporti in meno di otto anni sarebbero state truccate, sempre secondo gli inquirenti, almeno 130 gare per appalti di lavori pubblici. Luigi Di Sarli era già incappato nelle maglie della giustizia in seguito ad una indagine della Guardia di Finanza (Ghost Road) sulla “famosa strada fantasma” che collega Celso di Pollica a Casalvelino, strada che venne alla ribalta grazie ad una specifica denuncia del sindaco pescatore, Angelo Vassallo, prima che venisse ucciso la sera del 5 settembre 2010. Nella ragnatela di rapporti tessuta da Luigi Di Sarli sarebbero finiti ben 300 imprenditori salernitani e campani. L’altra domanda legittima è: “Di Sarli ha fatto tutto da solo o ha goduto di coperture e protezioni politiche, e da parte di chi ?”. Non è assolutamente facile rispondere. Un fatto, però, è certo. Un cartello del genere con centinaia di imprenditori e decine di funzionari coinvolti non può essere messo in piedi da una sola persona senza specifiche protezioni. Probabilmente Luigi Di Sarli rappresenta il punto terminale, forse il più innocente, di un disegno criminoso messo in piedi da gente più astuta e più abituata ad ungere per ottenere; scelto probabilmente ad arte ed in forza del fatto che la sua holding affonda le radici fin negli anni ’60 quando l’allora giovane imprenditore Vincenzo Di Sarli (padre di Luigi) cominciava a muoversi nel movimentato mondo dei lavori pubblici subordinato agli stravaganti voleri della politica. La ricostruzione del quadro non è semplice e, per farlo, mi avvarrò nelle prossime puntate anche delle confidenze di un ex assessore della “giunta Villani” che mi ha descritto alla perfezione le amicizie e i movimenti di Luigi Di Sarli nel palazzo della Provincia.