Aldo Bianchini
SALERNO – “Qui qualcuno rischia diversi anni di carcere se non viene detta la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità”. Sembra essere questa la situazione in merito al “crack Amato” dopo gli ultimi interrogatori di Giuseppe Amato junior, la presunta gola profonda dell’inchiesta giudiziaria che sta seminando il panico in alcune grandi famiglie salernitane. Il vento in Procura, insomma, sembra proprio essere cambiato. C‘è voluto qualche mese ma il viaggio sulla “nave della legalità” compiuto dal procuratore Franco Roberti verso la fine dello scorso mese di maggio sembra dare i suoi buoni e sperati frutti. Tanto che qualcuno nei corridoi della Procura salernitana avrebbe sussurrato, timoroso di essere ascoltato anche dai muri, che <<a Salerno non c’è più spazio per nessuno>>, intendendo per nessuno proprio nessuno. A miglior intenditor poche parole, come dice l’antico proverbio. La sensazione più chiara è che chi sta dentro non esce perché il procuratore capo (Roberti) e il sostituto (Senatore) vogliono la verità, tutta la verità sulla vicenda della IFIL; vogliono in pratica sapere dove sono stati presi e a chi sono statti pagati in quantità industriale i soldi della predetta IFIL . Chi parla esce, chi tace rimane dentro; <<da qui non si scappa>> avrebbe tuonato qualche altro (sempre nei corridoi della Procura) in relazione all’ultimo interrogatorio di Giuseppe Amato junior. E il giovane rampollo di casa Amato è rimasto dentro e, sembra, che l’avv. Enrico Giovine (suo difensore) non abbia presentato alcuna istanza, come del resto lui stesso avrebbe dichiarato, trincerandosi subito in un doveroso silenzio. Dunque se Amato junior ha taciuto (e per questo non è uscito) da chi gli inquirenti si aspettano delle verità. Probabilmente dai Del Mese o dallo stesso Labonia, molto lontano appare Anastasio da questo discorso. Il problema è di una serietà e di una gravità estreme. Se ormai è palese che qualche altro personaggio deve per forza entrare nel vortice dell’inchiesta giudiziaria, parimenti è impenetrabile il riserbo degli inquirenti su che cosa hanno già in mano per poter assumere un atteggiamento così intransigente. E’ probabile che sulla “nave della legalità” le lunghe chiacchierate solitarie tra Franco Roberti e Piero Grasso, sui ponti della nave, hanno focalizzato proprio la oramai insostenibile situazione di legalità a Salerno dove tutto sembra fermarsi dinnanzi ad un solo palazzo. Anche alcune scelte politiche degli ultimi mesi, quasi impensabili fino a poco tempo fa, appaiono come necessarie ed irrinunciabili alla luce del “vento cambiato” in Procura, vento che da qualche giorno sembra soffiare in tutte le direzioni, sia a destra che a sinistra. Nell’attesa, ovviamente, che si risolva anche la questione legata alle famose “buste gialle rigonfie” che un baldo giovanotto avrebbe consegnato ad un importante personaggio. Buste che avrebbe messo ben in evidenza nella sua agenda per farle notare a chi non le doveva notare; buste che chi non le doveva notare le ha poi viste nella tasca interna della giacca dell’importante personaggio, e che per questo ha pagato. Un po’ come accadeva ai tempi di tangentopoli, come quando un imprenditore famoso (Alberto Schiavo !!) dichiarò di aver portato “buste gialle rigonfie” prima nello studio dell’on. Paolo Del Mese, poi in quello dell’on. Gaspare Russo e, infine, nello studio del ministro Carmelo Conte. La storia come sempre si ripete. Alla prossima.