Maria Chiara Rizzo
Scontri duri hanno scolpito il dibattito politico sulla natura laica dello Stato tunisino nei giorni scorsi. Il confronto, molto acceso, tra i sostenitori della laicità dello Stato e quelli, invece, di un regime a forte connotazione religiosa ha fatto da protagonista nella scena politica del Paese, in vista dell’ultima fase dei lavori dell’Assemblea costituente tunisina. Coloro che si sono schierati a favore della laicità hanno chiesto che se ne faccia menzione nel preambolo della nuova Costituzione, nell’intento di bloccare sul nascere il tentativo di instaurare una teocrazia in Tunisia. Il dibattito e la riuscita o meno dell’inserimento nel testo costituzionale della suddetta menzione comprometteranno e segneranno definitivamente il futuro del Paese che ha visto i natali della “primavera araba”. Ma cosa succederebbe se avessero la meglio i fautori di uno Stato confessionale? Sicuramente la vita quotidiana di ogni cittadino tunisino sarebbe scandita da nuovi ritmi, obblighi, doveri inderogabili e costrizioni. Le donne che sono scese in piazza in nome della libertà si ritroverebbero con un pugno di mosche in mano. L’esercito e il potere giudiziario verrebbero immediatamente riformati. I partiti religiosi, come quello di Ennhada, la formazione politica che è stata portata al successo dopo la “primavera tunisina”, vogliono che la sharia, seppur in forma non esasperata, sia la legge su cui nasca una nuova Tunisia. Il dibattito di questi giorni è difficile e contrassegnato da forti contrasti e dure prese di posizione che non lasciano presagire alcun clima di stabilità. La gente che si è ribellata al regime dispotico di Ben Ali rischia di assistere alla vanificazione dei propri sforzi e delle piccole conquiste ottenute a scapito del proprio sangue. La Tunisia potrebbe iniziare a mordersi le mani e a maturare la convinzione che “si stava meglio quando si stava peggio”.
La situazione è difficilmente definibile,però si deve dire che esiste una nuova libertà di organizzarsi e di esprimere opposizione. C’è chi ne fa buon uso e chi scarica ideologicamente frustrazioni vecchie che non aiutano il Paese.