SALERNO – “Chi è veramente don Comincio ?”, questa la domanda che molto spesso mi viene rivolta da conoscenti e semplici lettori. La domanda è di grande attualità soprattutto dopo la devastante campagna stampa messa in piedi dai media per descrivere un personaggio che ha attraversato la storia dell’Arcidiocesi di Salerno/Campagna/Acerno più di ogni altro soggetto in campo. Dal dicembre del 1965 ininterrottamente fino al 10 giugno 2010, per quasi quarantacinque anni, “don Comincio Lanzara” è stato l’uomo ovunque della Curia salernitana. E’ stato definito in tantissimi modi che sarebbe qui difficile ricordare e riportare. E’ stato, comunque, il consigliere-cerimoniere di ben quattro arcivescovi da Demetrio Moscato fino a Gerardo Pierro passando per Gaetano Pollio e Guerino Grimaldi. Dal giugno 2010, dopo l’avvento di mons. Luigi Moretti, è stato cerimoniere, segretario, direttore del Villaggio San Giuseppe, ecc. ecc. a fasi alterne, fino alla definitiva sistemazione nel Villaggio che tanti guai giudiziari ha procurato all’intero sistema ecclesiastico. Credo che non ci sia nessuno che possa mettere in dubbio le altissime qualità umane e pastorali di mons. Demetrio Moscato che resse l’arcidiocesi dal 22 gennaio 1945 fino al 22 ottobre 1968, qualità che molto probabilmente lo spingeranno verso la consacrazione sugli altari. Ebbene fu proprio quel sant’uomo di Demetrio Moscato a scegliere, ispirato dal Signore, il giovane sacerdote don Comincio che da qualche mese era stato assegnato come parroco alla chiesa di Santa Maria della Consolazione. Un giorno del lontano dicembre del 1965 l’arcivescovo convocò in Curia il giovane sacerdote per inviarlo al villaggio San Giuseppe ed affiancarlo a mons. Giuseppe Crea che aveva seguito tutte le fasi della complessa realizzazione del Villaggio voluto tenacemente dall’arcivescovo Moscato. Dunque se un pastore così avveduto come mons. Moscato scelse quel giovane sacerdote è segno che in lui intravide tutte le qualità necessarie per assumere la leader-schip da vero e proprio manager in una Chiesa che stentava a muoversi in un mondo che, minuto dopo minuto, diventava sempre più caotico, moderno, ipertecnologico e globalizzato. Sarà soltanto un caso ma qualche anno prima lo stesso arcivescovo Moscato, esattamente il 21 dicembre 1957, aveva ordinato sacerdote il giovane Gerardo Pierro nel Duomo di Salerno. Due uomini, due sacerdoti che percorreranno insieme un lungo tratto della loro vita. Gli altri arcivescovi, dopo Moscato, non hanno subito (come qualcuno ha insinuato!!) la presenza ossessiva ed invasiva di “don Comincio” ma hanno semplicemente utilizzato al meglio le capacità del giovane sacerdote che mano a mano diveniva sempre più parte integrante e pregnante dell’intera arcidiocesi. Non è un soggetto loquace o avvezzo al presenzialismo, ha servito con grande umiltà ben quattro arcivescovi senza mai dire una parola in più del dovuto, ha consumato la sua esistenza per il bene della Chiesa salernitana. Certamente avrà commesso anche degli errori, ma non ho ancora conosciuto uno che opera senza errori. Il suo ufficio in Curia è uno dei più modesti, una scrivania, qualche scaffale e carte, tantissime carte; un po’ più dignitoso quello del Villaggio in cui opera da direttore e deve dare all’immagine anche il giusto peso. La sua umiltà è stata pari al suo potere, semmai sono stati gli altri (a cominciare dai politici nostrani, sindaco compreso) a credere nel suo sconfinato potere nella Chiesa e sulla Chiesa e ad inserirlo anche in organismi societari molto importanti per lo sviluppo della Città. Per decenni, ogni mattina alle sette, ha detto messa nella Chiesa di Sant’Agostino per salire presto in Curia e poi ritirarsi nel “suo Villaggio” dove ha vagliato e visto crescere intere generazioni di studenti salernitani. Un giorno di tanti anni fa, nel corso di una manifestazione pubblica all’interno della caserma Cascino di Salerno, incontrai mons. Gerardo Pierro e don Comincio. Tutti intorno all’arcivescovo ovviamente, solo io rimasi al fianco di don Comincio. Mi chiese perché non correvo, come gli altri, dall’Arcivescovo che stava per iniziare il suo intervento pubblico. Gli risposi che preferivo rimanere accanto ad un uomo di potere, sorrise e con grande umiltà disse soltanto “bontà vostra”. Insomma questo era ed è “don Comincio”, un sacerdote e un uomo che ha speso la sua vita per pianificare al meglio l’attività dell’arcidiocesi e per rimanere comunque sempre nelle stanze che contano. Un peccato umano molto comprensibile. Oggi in pochi continuano ad osannarlo, in tanti lo crocifiggono dopo aver chiesto ed ottenuto. Il pm Roberto Penna aveva chiesto per lui la condanna a cinque anni e sei mesi di carcere, manco fosse stato il braccio destro di Totò Riina; il Tribunale è sceso ad un anno, l’Appello sicuramente cancellerà questo obbrobrio giudiziario. Alla prossima.
direttore: Aldo Bianchini