Aldo Bianchini
SALERNO – E’ di questi giorni la polemica sulla presunta tassazione che Mons. Luigi Moretti (arcivescovo di Salerno) avrebbe messo a carico di chi decide di sposarsi in chiesa. Ne hanno parlato un po’ tutti i giornali, in particolare “Roma-Cronaca” ha dato ampio spazio alla notizia, in due tempi e con titoli da prima pagina chiamando in causa personaggi che probabilmente, come tanti giornalisti, non hanno neppure letto e studiato il decreto arcivescovile dell’ 8 agosto scorso. Il titolo a tutta pagina sul Roma: “Tassa sul matrimonio, bocciato Moretti”. Sorprendente lo stravolgimento della notizia, e ancora più stupefacenti i commenti viziati di fondo di Maurizio Pastore, Antonio Oddati, Aniello Salzano, Andrea Prete, Raffaele Cicalese e Giovanni Coscia. Ma se questi ultimi possono addurre la scusa non discolpante, di aver parlato senza essersi informati con precisione, e colti dalla tentazione di sentirsi protagonisti di un attimo, senz’altro più grave è la posizione assunta dal quotidiano Roma-Cronaca. Innanzitutto il vescovo di Salerno non aggiunge nessuna tassazione alle offerte che il fedele laico ha sempre devoluto alla chiesa il giorno del suo matrimonio. Anzi premette, nel suo documento, che i sacerdoti si debbono ispirare “al criterio della gratuità come stile di comportamento”, e che è un dovere dei fedeli sovvenire alle necessità della chiesa e di suoi pastori. E’ a questo dovere che Mons. Moretti intende “assicurare una prassi uniforme in tutta la Diocesi” per prevenire abusi o speculazioni. Altro che tassazione dunque, semmai tutela del fedele da chi non ha ben compreso il senso dell’accettazione di un’offerta per il proprio sostegno e per quello della chiesa. Perché sapete cari amici lettori, ed è questo uno scoop, anche le chiese sostengono spese di elettricità, acqua e lavori di manutenzione straordinaria e ordinaria. Non sono appannaggio solo dei ristoranti, dei fotografi, dei sarti di abiti nuziali verso i quali, in barba alla crisi, non si bada a spese. Il giorno 8 agosto, andando in vigore dal 1° settembre, si stabilisce così che “per i matrimoni celebrati nella parrocchia di uno degli sposi, o del futuro domicilio, o dove effettivamente i nubendi vivono la loro vita cristiana, gli sposi siano invitati a devolvere un offerta libera alla parrocchia in cui si celebra il matrimonio e un’offerta libera alla curia in occasione del rilascio del Nulla osta Matrimoniale”. E questa tipologia di matrimonio pare ricopra il novantanove per cento degli eventi, almeno di quelli permeati di vera fede. Per chi è sensibile al turismo matrimoniale perché vuole la chiesa bella, o che abbia il giardino, o che abbia le luci colorate, anteponendo tutto ciò al sacramento, è stabilito un contributo di 300,00 euro ripartito tra la parrocchia di origine, quella dove ci si sposa e la curia, se si resta nell’ambito diocesano. Il contributo scende a 150,00 euro se si va in altra diocesi. In altre parole le offerte non saranno più richieste dal singolo sacerdote ma distribuite dalla curia in modo equo e atto sovvenire le necessità di più enti. Ecco la grande novità che ha fatto gridare allo scandalo tutta la stampa ed il Roma in particolare. Il tutto, sinceramente, più che una mostruosa tassa anti-matrimoniale, appare come un riordino esemplare e corretto dell’organizzazione lasciata molto spesso ai singoli parroci. A volte basta leggere bene e senza pregiudizi per evitare le tempeste in un bicchier d’acqua. Adesso l’anonimo e pavido “Giulio” (commentatore delle puntate sull’Angellara Home) non ci capirà più nulla e cadrà preda del “vortice schizofrenico” del sottoscritto che, però, fa soltanto il suo mestiere e prima di scrivere cerca anche di leggere. Alla prossima.
Gentile Direttore, vi ringrazio per avermi citato, lo leggo come segno di avervi toccato nel punto giusto. Se però è evidente la qualità dell’anonimato (come la maggior parte dei commenti veri e costruiti), dissento sulla caratteristica della pavidità. Non può certamente sfuggire ad un uomo inteligente come voi la motivazione dell’anonimato, caratteristica con la quale voi giornalisti giocate spesso, e collegarla alla pavidità mi pare tradisca un pò di stizza comprensibile. Saluti.
Giulio
e il direttore Bianchini divenne il difensore di Moretti.
Tutti i commenti contengono un fondo di verità. Stabilire questa “tassa” è giusto, basta con i percorsi matrimonia di un giorno ( leggasi don Zoccola di san felice in felline). tanto anche a lui si dava una somma cospicua perchè la portasse in curia per farsi rilasciare tutti i documenti senza fare domande. quello che più mi preoccupa che questa opera di moralizzazione sia solo di parata. come ha scritto il direttore “un sacerdote non puó avere una bella casa”. no caro direttore, il loro,stipendio che difficilmente supera i 1200 euro al mese serve per il loro sostentamento e per i bisogni della parrocchia. stranamente invece, e presto lo saprà l’opinione pubblica, i sacerdoti comprano le case senza mutuo! tutti di nobili e ricche famiglie? oppure i sodli dati alla parrocchia prendono un’altra strada? monsignor moretti Sto arrivando! quanto parroci non hanno un conto corrente parrocchiale bensi versano i soldi su conti correnti personali. lo sa bene don luca basso che andato ad acerno non ha trovato un conto corrente parrocchiale e pur avendo scoperto che i soldi confluivano sul conto personale del parroco precedente e pur avendolo denunciato al vescovo nulla è successo. anzi don luca se ne è dovuto andare. forza moretti su questa strada sperando che non si fermi a queste piccole regole ma doni trasparenza a questa chiesa salernotana. x il direttore. mi corregga se sbaglio ma lei non è quello che in vecchi articoli ci avvisava che avrebbe scritto tutte le nefandezze di pierro e dei suoi accoliti? mi dice perchè ha cambiato idea? una conversione sulla via di damasco?
anche le chiese sostengono spese di elettricità, acqua e lavori di manutenzione straordinaria e ordinaria, ma non pagano un euro di tasse e non agano l’IMU.