SALERNO – NELL’UDIENZA DI MERCOLEDI’ SCORSO LA CORTE DI APPELLO DI SALERNO HA CONFERMATO LA PRESCRIZIONE PER UN DOCENTE ACCUSATO DI AVERE ANNOTATO SUL LIBRETTO DI UN’ANZIANA STUDENTESSA IL SUPERAMENTO DI UNA PROVA DI LINGUA STRANIERA CONVALIDABILE DI UFFICIO. NELLA VICENDA, GESTITA ALL’EPOCA DEI FATTI DAL SOSTITUTO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI SALERNO ROBERTO PENNA, PIU’ CHE GIUSTA LA RICHIESTA DEL P.M. DI RINVIO A GIUDIZIO DI UNA STUDENTESSA BENEFICIARIA DI UN TRENTA FANTASMA IN STORIA MODERNA. INSPIEGABILE, INVECE, IL MANCATO COINVOLGIMENTO DELLA COMMISSIONE RESPONABILE DELLA FALSA REGISTRAZIONE SU VERBALE, STATINO E LIBRETTO. DUE PESI E DUE MISURE? UN GIALLO CHE TENDE A COMPLICARSI.
La Corte di Appello di Salerno ha confermato mercoledì scorso la sentenza di prescrizione del GUP Sgroia emessa nel maggio 2010 nei confronti di un docente della nostra Università. Il noto studioso era stato assolto in primo grado, nel rito abbreviato da lui richiesto, dai reati formulati dal P.M. Roberto Penna e, solo per un caso, era scattata la prescrizione. Quasi certamente dovuta al fatto di non avere potuto illustrare dettagliatamente la vicenda del presunto reato commesso, atteso che, nel rito abbreviato, i tempi di discussione sono estremamente limitati e i testimoni di un normale processo non possono essere tutti ascoltati. Prescrizione, quindi, puntualmente impugnata dall’interessato allo scopo di chiarire definitivamente gli aspetti di una vicenda giudiziaria oggettivamente contorta e strana, se non sospetta in molti suoi ondivaghi aspetti investigativi. Colpisce il fatto che, nell’udienza davanti al GUP del maggio 2010, il grosso assente sia stato proprio il titolare dell’inchiesta e sostenitore accanito delle proprie accuse, il PM dott. Penna. In sua vece, il collega Sostituto Procuratore delle Repubblica dott. Vincenzo Senatore. A sorpresa, il P.M. Senatore, magistrato rigoroso e preparato, chiese e ottenne il proscioglimento del professore, fatto salva la prescrizione per il reato di per sé meno importante perché oggettivamente innocuo negli effetti prodotti. Avere, cioè, sottoscritto il superamento della prova di lingua straniera sul libretto universitario di una anziana studentessa della Facoltà di Economia. E qui si rende necessario, per capire davvero, la breve cronistoria di una vicenda tuttora piena di inspiegabili ombre e chiaroscuri. Tutto nasce da un banale equivoco accademico che nessuno finora sembra aver capito. Alla fine del 2002 la Facoltà di Economia dell’Università di Salerno decide di riconoscere ai propri immatricolati ben sei crediti formativi di lingua inglese sulla base di una documentazione basata sulla certificazione scolastica di istituti statali e “pareggiati” o privati da cui risulti che quegli studenti abbiano frequentato almeno 450 ore della lingua interessata. Decisione gravissima sul piano culturale ed etico che offende la legittima richiesta di formazione superiore. Se no che senso ha mandare i figli all’università se ci si accontenta di quanto già studiato nelle scuole superiori e inferiori? Ma all’ateneo salernitano pochi se ne accorgono, molti fanno finta di non accorgersene. Solo il docente della disciplina, l’unico professore di ruolo di lingua inglese di quella facoltà (ECONOMIA), avvia una personale battaglia istituzionale che lo porta a sottoscrivere circa un centinaio di esposti di varia natura tra il 2002 e il 2007 in particolare. Alla fine, qualcuno al Ministero dell’Università, nella persona del Direttore Generale Masia, a nome del Ministro Gelmini, si “sveglia” ed emana due severe circolari ai Rettori delle università italiane nelle quali invita gli interessati ad abolire qualsiasi procedura di convalida non legittima attesi i rischi crescenti del mancato riconoscimento del valore del titolo legale riconosciuto. Alla Facoltà di Economia di Salerno, intanto, il docente di lingua inglese subisce inspiegabili emarginazioni. Al suo posto, gli esami di lingua inglese vengono svolti da professori di area aziendale, matematica, statistica o altre, perfino da pensionati non aventi titolo di scuole superiori e, dulcis in fundo, da una maestra elementare. Si parla perfino di una seduta di esame non programmata sostenuta da una sola candidata, guarda caso figlia di un noto parlamentare. Tutta gente – i nuovi esaminatori – al di fuori dell’accademia, tranne i colleghi di facoltà peraltro istituzionalmente incompetenti su una disciplina diversa dal proprio settore scientifico-disciplinare. Insomma il caos istituzionale legittimato sotto forma di ordine. Le denunce del docente allo stesso Rettore Pasquino, uno che ama la professionalità e la qualità del servizio da rendere agli studenti ed alla collettività che tanto autorevolmente rappresenta, sono aria fritta. Non resta che denunciare il tutto alla Magistratura locale. Detto fatto. Il fascicolo viene assegnato proprio al P.M. Roberto Penna, che intanto indaga separatamente proprio su quel docente, peraltro notissimo per la sua levatura morale e professionale. La vicenda comincia inevitabilmente a tingersi sempre più di giallo. A inizio primavera del 2003, una presunta studentessa telefona al locale posto di polizia del campus universitario, all’epoca guidato da un sub-commissario di polizia Renato Alfano, cultore della materia presso la Facoltà di Giurisprudenza della stessa Università di Fisciano. La sconosciuta accusa il docente e un suo collaboratore in pensione (coinvolto, però, legittimamente e ai sensi di legge, in progetti di ricerca universitari diretti dal docente in questione e autorizzati da tutti i vertici accademici) di compravendita di esami. Scatta un’inchiesta incredibile, con spiegamento di uomini, mezzi, intercettazioni video ambientali costati, secondo esperti, non meno di quaranta-cinquantamila euro di pubblico denaro, per mesi e mesi, il tutto coordinato dal P.M. Roberto Penna. Quanto alla precedente denuncia del docente all’A.G., a lui assegnata e riguardante gli esami universitari svolti dalla maestra elementare, da pensionati e da docenti di discipline diverse e senza titolo specifico, Penna archivia il tutto in breve tempo. Per lui, evidentemente, un accademico può essere tranquillamente sostituito da persone esterne all’università, addirittura da pensionati, nel delicato compito di esaminare gli studenti universitari salernitani. Inevitabile la conseguente impugnazione del provvedimento da parte del docente interessato, che il GIP incaricato dott. Orio accoglie in pieno, fissando la relativa udienza nella quale il Preside della Facoltà di Economia dell’epoca, autore di quelle nomine irregolari, viene coinvolto in veste di imputato. Udienza poi non tenuta per decesso dello stesso imputato. Ma torniamo all’episodio dell’annotazione del superamento della prova sul libretto della anziana studentessa. Benché in possesso dei pieni requisiti necessari per la convalida di ufficio, alla suddetta studentessa viene negato per le vie brevi quel diritto. Motivo? Non avere accumulato 450 ore di frequenza di lingua inglese negli istituti statali di secondo grado. Di diverso avviso il docente della disciplina consultato dalla studentessa, ritenendo più che valido quel diritto in virtù del fatto che, per “istituti statali”, la lingua italiana intende qualsiasi istituzione statale. Qualsiasi tipo di scuola: quindi, come ad esempio la scuola media inferiore oltre che quella superiore. Lapalissiano, dunque, ma non per gli addetti ai lavori della Facoltà di Economia i quali, stabilendo il principio di Istituti Statali intendevano riferirsi, senza però specificarlo, alle scuole statali superiori. Creando confusione su confusione a danno dei diretti interessati. Da qui la conseguente annotazione sul libretto da parte del docente al quale la anziana studentessa si era rivolto, in attesa, poi, di trascrivere i suoi dati personali su un verbale ad uso interno da trasmettere al comitato di facoltà incaricato. Ciò al fine della successiva inclusione nell’apposito elenco da inviare ai competenti uffici della segreteria-studenti per la registrazione finale. Nessun obbligo di verbali, statini o altro. Quanto al libretto, solo una soddisfazione magari anticipata e a richiesta, a un docente ingiustamente espropriato dai propri obblighi istituzionali, per la qualcosa pende tuttora un giudizio di responsabilità contro l’ateneo salernitano davanti al TAR. Questo il reato! Episodio interamente registrato dalle telecamere della Polizia Scientifica nella stanza del docente, almeno per la prima parte. Della seconda parte, invece, avvenuta pochi minuti dopo, in cui il docente, per ragioni di opportunità e non certo per avere commesso una illegalità, invita la sorella dell’interessata e funzionaria dell’università a cancellare quella registrazione sul libretto della congiunta, non si sono (ancora) trovate tracce. Neppure nella copia del video filmato autorizzata dal GIP Sgroia prima dell’udienza del maggio 2010. E’ un mistero che incombe pesantemente su altri aspetti di questa delicatissima vicenda, che molti vorrebbero buttare nel dimenticatoio. Come è noto, la sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di Salerno e la Digos dell’epoca guidata dal dottor A. Raffaele Battista, attuale capo di gabinetto della Questura di Salerno e assegnati al P.M. Roberto Penna ha prodotto ben 165 ore di video filmati, di cui solo poche ore sono state ritrovate nelle video cassette originali depositate dall’Ufficio del PM in quello del GIP e, quindi, copiate dai tecnici incaricati dalla Difesa del noto docente giusta autorizzazione dello stesso GIP dott. Gaetano Sgroia. L’episodio del mancato ritrovamento nel filmato della seconda importantissima parte del filmato, quella dell’invito rivolto dal docente alla sorella della interessata di cancellare la dicitura “superato” dal libretto, episodio avvenuto pochi muniti dopo quello del cosiddetto “accordo”, in realtà solo apparentemente tale (l’invito ad andare in aula per la registrazione sul verbale della mattinata era stato solo un modo superficiale del docente intendendo riferirsi ad un verbale ad uno interno), l’impossibilità che, pur volendo, ciò potesse avvenire atteso che la seduta di dicembre era riservata solo agli studenti fuori corso (diversamente dall’interessata, studentessa in corso, con verbali di colore diverso e con automatico annullamento in caso di impropria verbalizzazione da parte di non aventi diritto a quella seduta), fanno insorgere moltissimi dubbi sui responsabili delle prove raccolte a carico degli indagati, visto che, a tutt’oggi, nessun avvocato della Difesa ha potuto prendere visione di questo importantissimo elemento difensivo al completo. Nessuno esclude che tutte le videocassette siano da qualche parte. Ma, certamente, come molti possono testimoniare a partire dall’Ufficio del GIP, l’unico materiale video filmato dal tecnico incaricato dalla Difesa è stato quello messo a disposizione direttamente dal GIP. Il quale, ovviamente, lo ha ricevuto dal competente Ufficio della Procura e/o degli ufficiali di polizia giudiziaria incaricati. E cioè solo una minima parte del materiale raccolto dall’Accusa. Particolare (quello dell’episodio video filmato dell’annullamento dal libretto universitario della dicitura “superato”) che, ove prodotto innanzi alla Corte di Appello di mercoledì scorso con i conseguenti chiarimenti verbali, avrebbe quasi certamente portato all’accoglimento della richiesta dell’annullamento della prescrizione da parte dei giudici ed al proscioglimento completo del docente. Il rischio reale e non da poco è che la mancata disponibilità di tutte le prove accusatorie da parte della Difesa lede ingiustificatamente i diritti di quest’ultima. Con il conseguente rischio di fare saltare l’intero processo. Ma non finisce qui. E’ sbalorditivo come, per una annotazione innocua e che nella fattispecie non produce effetti, un magistrato inquirente diligente e preparato come il PM dott. Roberto Penna si sia così fortemente accanito, mentre lo stesso magistrato, nel corso della medesima indagine, pare che abbia sorprendentemente sorvolato su un presunto reato analogo, ma di dimensioni certamente superiori. Non mi riferisco tanto al rapporto di polizia giudiziaria circa l’episodio di una autrice a pagamento di tesi di laurea, tale AIDE (IDENTIFICATA NEL RAPPORTO DELLA DIGOS per D’A. A.) che “per ogni tesi” “prendeva dai tre ai cinque milioni di lire” non coinvolta in alcun provvedimento giudiziario! Non mi riferisco neppure a tale “prof. CESTARO” (Un prof. CESTARO forse stretto, anzi strettissimo congiunto di uno degli autori del clamoroso e fallimentare scoop giornalistico che alimentò le cronache de Il Mattino tra il 7 e il 12 dicembre 2004 comparso inaspettatamente nelle indagini? E, COMUNQUE, FORSE L’UNICO NON IDENTIFICATO IN QUEL MEDESIMO RAPPORTO DELLA DIGOS SU OLTRE UN CENTINAIO DI PERSONE A VARIO TITOLO COINVOLTE E TUTTE INDIVIDUATE E OVVIAMENTE IDENTIFICATE?: “Inoltre, riferiva che lui stesso l’aveva mandato dal prof. CESTARO per circa venti tesi, ad aggiungeva che AIDE presentava le tesi e lui provvedeva all’approvazione con conseguente aumento della media, ma dell’esito AIDE non faceva sapere quasi mai nulla (…)”. E non mi riferisco neppure alla richiesta del PM dott. Penna trasmesso il 5 luglio 2005 al GIP di autorizzare l’arresto del noto docente, per due episodi rispettivamente del 22 ottobre e del 16 dicembre 2003 per un peculato commesso da altri nella propria stanza e addebitato per ben due volte e in separate circostanze al malcapitato docente mentre questi era, invece, in tutt’altri luoghi rispetto all’università. E, ancora, non mi riferisco neppure ad un assai probabile infiltrato nell’indagine allo scopo di intrappolare il sempre più malcapitato docente. Attraverso una raccomandazione pilotata ad arte, infatti, tramite il proprio collaboratore, a favore dello studente G. M., quest’ultimo risulta pedinato dalla P.G. subito dopo la presunta e strumentale telefonata anonima alla polizia del Campus per giustificare evidentemente, da parte di ignoti mandanti istituzionali, la caccia alle streghe contro il professore scomodo. Trattasi di quello studente sfacciato che in aula di esami invoca Zeman dopo l’ennesima bocciatura e che il quotidiano LA CITTA’ DI SALERNO quasi osanna – ahimé (“Dobbiamo fare come Zeman” Lo sfogo d’uno studente raccomandato e bocciato, venerdì 2 dicembre 2005), lasciando forse intendere che il ‘malcapitato’ non riusciva a superare la prova di lingua inglese in virtù di qualche mazzetta invano richiestagli. Poverino! Uno che prendeva ZERO alla prova scritta di lingua inglese, rappresentato come una vittima del terribile professore insensibile alle ripetute raccomandazioni. Uno che, pedinato dalla polizia, minaccia a voce alta il professore nella propria stanza per l’ennesima bocciatura subìta rivendicando il diritto non rispettato di essere stato invano raccomandato niente po po’ di meno che dal collaboratore del professore. Episodio di cui non risulta traccia nei verbali di indagine, nonostante il pedinamento, ancorché cacciato elegantemente, nonostante tutto, da quella stessa stanza a voce certamente udibile nel corridoio esterno. Uno che, dopo quattro consecutive bocciature più che motivate allo scritto e all’orale tra gennaio e settembre 2003, va a sostenere l’esame con un’altra commissione non autorizzata (ottobre 2003) per cui il relativo verbale, correttamente respinto dagli uffici di segreteria della facoltà; in virtù di una conseguente lettera pietosa e giustificativa del Preside di Facoltà del tempo, si vede approvare (“per ragioni umanitarie”) una prova per la quale, nelle sedute precedenti, aveva dimostrato una totale impreparazione! Legge e regolamenti, caro Rettore Pasquino, aggirati, quando si vuole, “per ragioni umanitarie” o per ragioni di stato? Di quale stato? Di questo? Da vecchio cronista sento ancora tanta, ma tanta puzza di bruciato in questa losca storia universitaria mirata alla carriera dei più, al danno dei molti, dei veri studenti privati della dovuta formazione attraverso crediti formativi RE-GA-LA-TI: Rettore Pasquino, mi consenta un urlo. Ma è questa l’alta qualificazione formativa e professionale sbandierata dalla nostra università? E’ stato questo il percorso culturale degli studenti, in quegli anni torbidi 2002-2007 di Economia? E’ stato questa la maniera di ripagare uno dei migliori docenti e studiosi che la storia dell’università di Salerno può a pieno titolo rivendicare? Centinaia e centinaia di documentazioni fotocopiate non sempre autenticate in luogo delle prescritte certificazioni, pur di farsi ‘regalare’ legittimamente (è ovvio) i sei crediti formativi convenuti? E chi ci dice, chi Le dice che quelle fotocopie, quelle non autenticate almeno, siano tutte veritiere? E come facevano i Comitati di facoltà di Economia a valutare in un’ora, a volte, oltre settecento pratiche di convalida di prova di lingua straniera? Fermiamoci qua. Per il momento. E torniamo al PM dott. Roberto Penna. Quel che mi stupisce in un’inchiesta che a molti interessa far finire nel dimenticatoio è come mai un altro episodio gravissimo di quell’indagine sia passato sotto gamba. Lo richiamavamo in precedenza. Questi i fatti. A chiusura di indagini, esattamente il 14 ottobre 2003, il PM dott. Roberto Penna chiede il rinvio a giudizio della studentessa A. M., accusata del delitto di cui agli articoli 110-479 del codice penale. Il rapporto della DIGOS del 14 ottobre 2003 non lascia dubbi. E ciò perché ”un componente della commissione d’esami ancora da identificare, contattato dal De Vita nell’interesse della M., attestava falsamente sul verbale d’esame d’insegnamento di Storia Moderna della Facoltà di Scienze della Formazione, l’avvenuto superamento della prova da parte della M. col voto di Trenta, esame in realtà mai sostenuto.” Nel corso delle indagini, infatti, qualcuno degli indagati è stato pizzicato mentre afferma: “A. all’esame di “Storia Moderna”, ha preso 30 e che A. non l’ha proprio sostenuto l’esame, ma è stato solo registrato; in dettaglio” (scrive la DIGOS) “dice testualmente “l’ha registrato e non gli ha fatto fare manco l’esame” (…)”. Giustamente il PM chiede il rinvio a giudizio della studentessa, la quale, davanti al GIP dott. Sgroia se la cava con la prescrizione. Resta il reato commesso. Avere goduto di carte truccate per superare con un bel “trenta” l’esame di Storia Moderna presso la locale Facoltà di Scienze della Formazione. Una cosa, però, ci stupisce. Ma chi ha firmato il verbale? Da chi era costituita la Commissione? Chi erano i tre componenti che per legge ne facevano parte? E come mai i principali responsabili di un reato gravissimo come il falso ideologico e materiale non sono stati neppure sfiorati nelle loro presunte gravissime responsabilità? Bene, dal verbale di esame in questione, risulta che la Commissione era presieduta dal prof. V. Clemente. Gli altri due componenti, invece, erano i professori C. Azzara e A. Quattromani. Ora, mi risulta che la Corte di Cassazione abbia assolto due professori su tre per avere firmato il verbale di un esame di uno studente approvato pur non avendo partecipato alla seduta. Falso innocuo, quindi, perché comunque lo studente in questione si era sottoposto alla prova e, benché esaminato da un solo commissario, aveva tranquillamente superato la prova stessa. Lo stesso caso di Salerno? Purtroppo no. Qui il caso è totalmente opposto. Nel caso della studentessa A. M., quest’ultima è la seconda studentessa, sulle sei esaminate, a firmare la camicia di esame, cioè il vero e proprio verbale. Il che vuol dire che il 14 ottobre 2003 i tre membri della commissione erano effettivamente presenti alla seduta. Sulla carta almeno. Perché i verbali della DIGOS affermano l’esatto contrario! Secondo il PM Roberto Penna della Procura di Salerno, invece, le cose sono ancora più diverse. Diciamo che vengono ‘viste’ diversamente. Può darsi che il PM abbia ragione. Sono io che non capisco i cavilli giudiziari. Resta il fatto che, per me, due più due continua a fare quattro. La prima studentessa (R. O. sostiene per prima l’esame. Dopo di lei A. M.. E a seguire F.P., R. P., K. S. e P. O.). Chi finisce sotto torchio? Solo la studentessa! E i tre commissari? Uno, pare (il Presidente della Commissione), sia morto; e, quindi, pace all’anima sua. Archiviato, evidentemente, per decesso dell’imputato. E gli altri due? Solo il PM Roberto Penna ne conosce le vere ragioni, naturalmente giuridiche e, quindi, inattaccabili. Certamente legittime, dunque. Almeno per quanto sappiamo di lui che, salvo prova contraria, è e resta un magistrato di altissimo valore professionale, di elevatissima onestà intellettuale, di comprovata e disinteressata dirittura morale. Un magistrato ‘allevato’ alla nobilissima scuola dell’ex-Procuratore Apicella, del quale la Procura della Repubblica di Salerno va giustamente fiera e del quale quell’Ufficio non potrà mai fare a meno. Ne converrà, ovviamente, il suo stesso diretto superiore e attuale capo e Procuratore della Repubblica di Salerno dott. Franco Roberti. Salvo, sempre, prova contraria!
Le università casalinghe sono fatte così.Se volessimo analizzare tante illeceità commesse…se ne cadrebbe Salerno! Noi che venivamo da altre realtà questa Università l’abbiamo vissuta come matrigna,ma l’abbiamo vista essere balia di tanti personaggi che oggi si fregiano di titoli accademici e che farebbero bene ad usare la pergamena per altri usi!