SALERNO – Peccato che viviamo in una Città ed in una realtà giornalistica poco attenta alle storie processuali e poco incline all’approfondimento. I collegi difensivi degli imputati nell’ambito del processo SEA PARK con la scelta consigliata ai loro assistiti hanno evidenziato una eccellente strategia giudiziaria che presuppone, però, la certezza conclamata (almeno per loro!!) dell’assoluta innocenza dei loro assistiti. In pratica, una volta acclarato che il processo è basato sul nulla, hanno suggerito ai loro clienti di “non accettare le proposte di prescrizioni” avanzate legittimamente dal pm Vincenzo Montemurro. Si tratta, è vero, di prescrizioni minori ma anche la più insulsa delle prescrizioni può avere effetti negativi per tutti quegli imputati che, dopo la sperata assoluzione, volessero attivare le procedure legali per il riconoscimento dei risarcimenti per i danni morali, fisici e amministrativi subiti a causa di un’inchiesta e di un processo basati sul nulla. Da qui l’oculata scelta strategica dei difensori di De Luca, De Biase, Marotta ed altri; e da qui la preoccupazione degli inquirenti che pensavano di poter mettere a segno una “drittata” per evitare danni serissimi in futuro. Non parliamo di danni economici, molto facili a carico dello Stato e molto difficili per le tasche dei singoli magistrati, ma di danni sul piano carrieristico che sono molto più concreti quando questi “punti neri” entrano nei fascicoli personali. Nel caso in questione i danni potrebbero riverberarsi non soltanto a carico della pm Gabriella Nuzzi titolare delle scottanti inchieste ma anche a carico dei suoi ispiratori, se non proprio suggeritori, in un quadro accusatorio che sta franando giorno dopo giorno. Nel processo del Sea Park la magistratura ha sfoderato tutto il repertorio possibile: tre richieste di arresto consecutive del pm e contrapposte a tre negazioni del gip, la scelta pilatesca del gup di rinviare a giudizio ed infine l’avvio stentato del processo con continui rinvii, non soltanto per colpa degli imputati, verso una certa prescrizione. Su tutto questo si dovrà discutere in futuro e per anni; le inchieste Sea Park e MCM sono nate dieci anni fa e continuano, purtroppo, a tenere banco non solo e non soltanto sul piano politico. La sicurezza degli imputati di uscire indenni ed assolti dalla sceneggiata processuale potrebbe avere, in un certo modo, spaventato gli inquirenti e la loro vacillante sicumera. Nell’articolo di ieri dicevo della capacità della classe giudiziaria di svenarsi in battaglie intestine ma di ritrovarsi “uniti nel nome della casta” nei momenti di debolezza. Ecco perché in aula, qualche giorno fa, qualcuno in merito al processo Sea Park avrebbe sibilato più o meno così: “Se non accettano le prescrizioni questo processo durerà vent’anni!!”. Oltretutto c’è anche l’aspetto assicurativo che non è di secondaria importanza; se fossero state accettate le prescrizioni le assicurazioni che tutelano gli amministratori comunali non avrebbero pagato le salate parcelle degli avvocati. Del resto la storia abbastanza recente della giustizia nel nostro distretto grida ancora vendetta per come fu “turlupinato” l’ex sindaco Vincenzo Giordano per colpa di una piccola e insignificante prescrizione, accettata forse per errore strategico-difensivo, che fu strumentalizzata dalla Procura Generale nell’appello contro la richiesta di risarcimento avanzata giustamente dall’ex sindaco non solo per i danni morali, fisici e amministrativi ma anche per l’ingiusta detenzione patita. La Corte di Appello, per colpa di quel vizietto, rigettò definitivamente la richiesta di risarcimento facendo sprofondare “il professore” in un deliquio psico-fisico che lo portò rapidamente alla morte. Ecco perché è naturale affermare che se gli avvocati imparano dalla casistica pregressa, i giudici non dimenticano i rischi corsi. E’ triste doverlo costatare ma è così, la giustizia passa anche attraverso i meandri oscuri che sono molto lontani dalla verità. Alla prossima.
direttore: Aldo Bianchini