SALERNO – Prima e dopo ogni grande inchiesta giudiziaria, che riguarda “il sistema” della politica applicato agli affari ed al potere, si parla di Angelo Vassallo, il cosiddetto “sindaco pescatore” ucciso la sera del 5 settembre 2010 da mano assolutamente ignota. E si sbaglia. Così come sbagliano i fratelli del compianto Angelo a continuare ad evocare la sua figura in una sorta di santificazione voluta e creata dagli uomini forti del centro-sinistra locale e nazionale che hanno fatto di quella figura una specie di lasciapassare o meglio di salvacondotto a protezione unicamente di quel sistema di potere che loro stessi hanno sviluppato e cementato nel corso di decenni di gestione della cosa pubblica. Ho letto e riletto le poche righe della intervista che i due fratelli Dario e Massimo avrebbero reso al quotidiano Metropolis il 24 giugno scorso. Non condivido niente di quanto dichiarato dai fratelli di Angelo e riportato dal giornale. I due intervistati partono da un concetto assolutamente astratto secondo cui alla base dell’attacco al sistema di potere ci sarebbero le denunce e l’atteggiamento intransigente del congiunto ucciso e che lo stesso delitto potrebbe trovare le sue radici nell’inchiesta “Due Torri” che la Procura di Salerno sta portando avanti. A mio modesto giudizio non è così. Il compianto sindaco di Pollica non ha mai attaccato direttamente il “sistema di potere” del quale Egli stesso, probabilmente, faceva parte ma ha semplicemente denunciato alcune evidenti anomalie nella progettazione e nell’esecuzione di un paio di lavori pubblici (del resto di poca entità economica!!) a seguito di palesi divergenze operative con qualche funzionario dell’Ente Provincia facente evidentemente parte di altro schieramento politico. Al tempo stesso ha sottaciuto altri evidenti anomalie perpetrate proprio nel suo recinto elettorale. Tutta qui, credo, l’azione innovatrice in materia di legalità portata avanti dal “sindaco pescatore”. Poca roba, pochissima roba per poter pensare ad un delitto che rimane tuttora avvolto nel più assoluto mistero e che la procura dopo due anni di indagini non ha saputo ancora sbrogliare. Il parlare dei f.lli Vassallo non è supportato da nessuno straccio di prova ma soltanto da soggettive e qualunquistiche considerazioni politiche espresse in linguaggio politichese. Come si fa ad affermare che quando si supera il 65% del consenso elettorale “c’è qualche evidente problema !!” e come si fa a distinguere che “I voti si ottengono facilmente, mentre i consensi si conquistano quando si crede in un ideale. Questa differenza dovrebbero recepirla anche a Roma. Governare con maggioranze altissime non se conviene a qualche amministratore. Si vive sotto il ricatto di qualcuno e questo non va bene” se non si parla in chiaro politichese. E come si fa, inoltre, ad essere così sprezzanti verso l’ottimo amministratore e sindaco di Agropoli, Franco Alfieri, che in fatto di plebisciti bulgari ha semplicemente imitato, e superato, il suo mentore di Salerno. Dimenticano i f.lli Dario e Massimo che anche per il compianto Angelo ci sono state entrambe le stagioni politiche, prima quella del consenso e poi quella dei voti, o viceversa; dimenticano i due fratelli che anche per Angelo pochi mesi prima della barbara uccisione c’era stato un plebiscito elettorale del 100% per il suo quarto mandato con lista unica. Con i discorsi politici non si trovano gli assassini anche perché, sarebbe sciocco negarlo, Angelo Vassallo era diventato un peso micidiale proprio e soltanto per la sinistra provinciale con la quale non riusciva più a dialogare e che questo peso, dopo la sua tragica fine, la stessa sinistra è riuscito a rigirarlo per farne un simbolo all’ombra del quale mettersi al sicuro. Ma è e rimane politica o fantapolitica, gli assassini sono altra cosa e questo i f.lli Vassallo dovrebbero saperlo benissimo. Non c’è né lana né seta in politica, purtroppo; ci sono solo affari da portare avanti in nome del popolo nel migliore dei casi, in nome personale nel peggiore. Mi dispiace che anche i f.lli Vassallo siano caduti nel qualunquismo italico più frequente evocando il cosiddetto “grande vecchio” che seduto ad un tavolino ha deciso la morte di Angelo; è penosamente retorico e troppo lontano dalla realtà che spesso anche in campo nazionale si è persa inseguendo l’unico vero grande vecchio che questo Paese ha avuto negli ultimi settant’anni: Giulio Andreotti. Probabilmente i f.lli Vassallo hanno letto il libro di Nando Dalla Chiesa che in ogni pagina evoca il grande vecchio seduto al tavolo. Troppo comodo per tutti, soprattutto quando non si riesce a trovare il bandolo della matassa, il cui capo potrebbe essere anche molto vicino ai luoghi ed alle persone che Angelo frequentava quotidianamente. Non credo assolutamente che il procuratore Franco Roberti sappia già qualcosa e che quanto prima presenterà un conto salatissimo a chi ha sbagliato; se c’è qualcosa la giustizia non aspetta e non perde tempo sulla “nave della legalità” da Napoli a Palermo. Attenzione il mio non è un messaggio cifrato, è soltanto il titolo della prossima puntata.
direttore: Aldo Bianchini