Il disordine pianificato.

 

 

da Antonio Cortese (docente – giornalista

 

Dai tempi di Vincenzo Giordano non sembra si parli ancora di piano regolatore. L’urbanistica* a Salerno come altrove, ma prima ancora la semplice logica vorrebbe che si sistemassero o riparassero innanzitutto le strutture presenti o ancora in vita, pure per i cambi così detti per destinazione d’uso o adattamenti e riammodernamenti.

 

Invece una strana frenesia butta sul tavolo progetti pindarici senza lavare i panni sporchi in casa propria.

 

Un’abitudine di molti consigli comunali che dimenticano di riassettare  spesso tesori e risorse strutturali ed infrastrutturali.

 

Lo stadio Vestuti, il vecchio tribunale, la chiesetta di San Filippo Neri, il quartiere Arechi con gli uffici finanziari ed altro ancora, vivono un in un limbo di sciatteria nella distrazione collettiva della vecchia politica alla quale bisogna capire di dover rinunciare.

 

La Campania é strapiena di una progettualità dormiente di cui neanche i cittadini sono oramai più consapevoli perché abbagliati dai castelli in aria propinati dall’ebbrezza di mega centri commerciali o edifici di calcio invece che di vera calce, per malti immaginari o per coloro che da grandi vogliano fare il dottore.

 

In settimana un popolo di pecore radiofoniche a dibattere sulla presenza dei migliori ospedali a Roma o Milano senza capirne la propaganda subdola, poiché laddove esistano più strutture del genere significa che rappresentano maggiori zone di malessere, come se venisse a mancare la logica anche dell’animale domestico più stupido che ci sia.

 

Anche questo articolo voglia affinché chi legge anche qualche notizia nell’ipnosi generale di una utenza indotta a preoccuparsi di guerre o conflitti che non ci appartengono, di politiche estere che non c’entrano un bastone storto con i problemi locali o della propria nazione, si possa svegliare coi piedi per terra e camminare, parlare e pensare in primis della realtà che lo circonda, senza pretendere di importare qui tradizioni che non ci appartengono o modelli ai quali é impossibile poi adattarsi data la propria cultura di appartenenza.

 

A Salerno i gravi errori fatti nell’imitare architetture barcellonesi o di altre più misere culture e provenienze da emulare senza motivo, ha snaturato ancora l’identità di zone che invece dovrebbero almeno attenersi ai piani per la resilienza, ogni giorno sventolati in uno stagno improduttivo, come per gli altrettanti sforzi del governo che almeno indica strade percorse però in controsenso dagli stessi attori politici.

 

Sta di fatto che in molte nazioni, quel poco che hanno se lo amministrano e curano con grande attenzione, mentre in Italia come a casa di ciascuno, invece di pulire e riassettare, usano follemente ad investire le proprie forze in atre faccende provocando solamente confusione ed obiettivi effimeri che hanno la durata di uno spot settimanale.

 

Ribadisco infine che per il principio di alternanza democratica ma anche per un naturale ciclo esaurito, molte sedie nei palazzi dei bottoni vanno assolutamente cambiate.

 

 

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