da Antonio Cortese (docente – giornalista)
“Fare rete” in politica è oramai propaganda elettorale spicciola da quando ancora oggi si avvertono lamentele sulla totale mancanza di un sistema fognario in buona parte del Cilento.
Già agli antipodi del conflitto ucraino sembrava paradossale che il governo italiano si preoccupasse delle condotte per i gas a Kiev quando a casa nostra, nella terza provincia d’Italia, per grandezza ma prima per varietà e risorse, mancasse del tutto una fornitura almeno del secolo passato, giacché l’erogazione avviene ancora tramite i “bombolari”, con tanto di trasporto sul classico “tre ruote” se non col ciuchino come da fotografie post belliche.
Tramite il Quotidiano di Salerno cercai di lanciare una sponda per un’interpellanza che Gigi Casciello fece notare in parlamento sulla situazione di un Vallo di Diano e del Cilento a livello integrale, quale area carente specie in questa assenza di due reti, fogne e gas, servite ai paesi esteri anche dispiegando l’esercito tricolore ma dimenticando del tutto il bisogno nazionale innanzitutto.
Altresì ammonendo i deluchiani sulla memoria lasciva dei lavori di Vincenzo Giordano sullo stesso lungomare di Salerno, ho precedentemente ricordato l’incivile mancanza dei vespasiani anche se fossero a pagamento come nelle altre città da parte dei privati, ma non solamente o per forza sulle vie maestre, come si fece nel ventennio fascista.
L’impero romano fu capace di portare ai britanni i sistemi di irrigazione come per gli ancora famosi siti di Bath nella contea di Somerset, oltre ad altre zone che funzionano ancora in tutta Europa grazie ad impianti che sfidano millenni. Pretendere di recuperare gli scavi dell’epoca nel Cilento sarebbe opera quasi utopica o in altre radure dell’Alento per ripristinarne l’irrigazione anche vista la buona e funzionante realtà dell’oasi con tanto di bacino idrico.
Però se nel 2025 le amministrazioni ancora non si diano da fare per dare un cenno di civiltà prima che di modernità, valgono allora le derisioni dei generali con letterati al seguito (gli attuali inviati di guerra) ancora leggibili sui testi di latino a proposito del carattere di determinate genti e popolazioni lungo la dorsale appenninica. Se poi ancora anche le zone costiere sono servite come ai “tempi di pappavone” non ci si lamenti dei cali turistici nonostante aeroporti e iniziative “ sostenibili”. Sapere che aziende moderne, motorizzate e computerizzate come la Consac si debbano occupare anche ed ancora di vasche e cisterne per lavori che avvenivano in villaggi di tremila anni fa é tragicomico.
Quo usque tandem? direbbe Virgilio…
Se, infine, l’amministrazione provinciale é sotto lente giudiziaria non é quindi una stranezza sulla incapacità, almeno di talune rappresentanze politiche; ma non si capisce nemmeno però come mai a palazzo Guerra insistano a spendere i soldi pubblici in concertini senza sapere nemmeno dove scappare per fare la pipì.