Giudici, Costituzione e braccio di ferro

 

 

da Salvatore Memoli (avvocato – giornalista e scrittore)

 

Quando un problema sociale diventa un argomento discusso da tutti, può venire il dubbio che oltre all’attualità può muovere il confronto l’animosità. Questione delicata che dovrebbe far pensare che é bene far passare il tempo per lasciare decantare  tutto ciò che non consente un  esame sereno dell’argomento. É così anche per la troppo dibattuta posizione di rottura dei Giudici e dei Magistrati italiani che hanno ritenuto di esprimere il loro dissenso contro il Parlamento e il Governo italiano promotori di una riforma legislativa che entra nel merito del troppe volte discusso tema della separazione delle carriere. In realtà in tempi brevissimi e poco usuali la Camera dei Deputati in una sola settimana e senza nessuna modifica, considerato che si tratta di una riforma costituzionale, ha approvato la separazione delle carriere. La proposta era d’iniziativa del Presidente del Consiglio dei Ministri Meloni e del Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Per il momento nulla cambia, per essere soltanto iniziato l’iter legislativo previsto e voluto per una riforma costituzionale che prevede il doppio passaggio di approvazione delle Camere oltre al quorum richiamato dalla norma costituzionale per definire la modifica auspicata dal Legislatore. É bastato iniziare il procedimento legislativo per scatenare uno scontro istituzionale tra giudici e legislatori. Si badi che non ho scritto tra poteri dello Stato, così come molti inopinatamente si riferiscono ai giudicanti e ai requirenti come componenti e parte di un Potere.  Per i giuristi é fin troppo chiaro che il legislatore ci tiene a precisare che i giudicanti e i requirenti sono membri di un Ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere ma non espressione di uno dei tre Poteri con cui si struttura lo Stato. In effetti per chi ha vissuto di giustizia il ruolo dei giudici e dei magistrati é stato fin troppo chiaro ma la storia che é fatta da eventi e da tappe ci indica la strada della puntualizzazione di certi agoni, politici, giudiziari ed amministrativi. Non vi é dubbio che il Potere legislativo é quello più rafforzato dalla partecipazione popolare ed elettorale dei cittadini, una sorte di incoronazione da parte delle volontà degli italiani. Questo peso alla fine sbilancia gli altri Poteri dello Stato e mette in riga una gerarchia delle priorità. Il tempo suggerisce anche le giuste modifiche della Costituzione, farle é un esercizio legittimo di volontà politica, di legittimazione del legislatore e di rispetto delle stesse disposizioni costituzionali  che ne autorizzano l’iter modificativo.

In un Paese equilibrato tutti i Poteri ed Ordini dello Stato hanno tra loro un rispetto democratico, come lo merito tutti gli appartenenti all’Ordine dei giudici. Ma quello che hanno fatto i giudici e i magistrati spinti dall’ANM é un’ingenuità tipica di chi non ha colto l’opportunità di una Manifestazione di protesta  tenuta nel giorno utile a presentare il lavoro che essi fanno nei Distretti di Corte d’Appello. Essi stessi si sono oscurati spostando l’obiettivo su se stessi, le loro difese corporative, le loro prerogative che nessuno mai  metterebbe in discussione. Contestare il Ministro, il Governo ed il Parlamento é una caduta di stile inaspettata. Come tutti i lavoratori, gli appartenenti all’Ordine Giudiziario avrebbero potuto proclamare uno sciopero, fare assemblee, bloccare le udienze e pagare con un taglio individuale di giornata lavorativa come capita a tutti. Invece hanno boigottato i risultati destinati all’opinione pubblica di un anno di loro lavoro. Un pò come quel tipo che si taglia tutto alla notizia che la moglie lo tradisce! Come é possibile che giuristi accreditati non hanno considerato che l’iter emendativo é così lungo e complesso da non esaurirsi in poche battute?!

Come credere che non hanno valutato che tutto potrebbe essere risolto da un Referendum e che il referendum lo determinano i cittadini elettori?!

Anzi sembra proprio che questi signori non abbiano in nessuna considerazione il mondo al di fuori della loro casta. Un errore o un’ingenuità che costerà loro caro, soprattutto se si conferma che l’opinione pubblica pare non abbia gradito tanta iattanza e tanta superbia di casta. Come spiegare che certe priorità in una società evoluta, riguardano tante persone e tante istituzioni?!

Mi veniva in mente il monologo pronunciato da Menenio Agrippa nel 494 a.c. Rivolto ai plebei che avevano abbandonato Roma ed occupato il Monte Sacro, per avere la parificazione dei diritti con i patrizi. “Così senato e popolo, come fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la concordia rimangono in salute.”

Come farlo capire agli amministratori della nostra Giustizia, a coloro che sembrano sempre più distanti dai cittadini, che vediamo in auto blindate e lontani dalla gente, a chi non ha tempo per ascoltare e non soffre se qualcuno resta anche un solo minuto in più in un carcere o con le manette ai polsi, per loro errore o perché non hanno tempo per ripensare ai loro stessi provvedimenti.

La giustizia di certi ambienti é temuta più per gli errori che per le virtù di riequilibrio di condotte erronee.

Noi vorremmo giudici e magistrati sempre più cittadini tra cittadini e meno corporativi. Fuori dal loro mondo che non é tutto rose e fiori c’é la società, ci sino gli italiani e c’é un mondo che vuole migliorare insieme. Se ci difendiamo per interessi personali, non ha senso sventolare una Costituzione cartacea.

La Costituzione é lacrime e sangue di tutti ed appartiene a tutti!

Che ne sarebbe di una società in cui insegnanti, medici e infermieri, poliziotti e carabinieri e… e… dessero le spalle all’Italia?

 

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