PICCOLI TRIBUNALI: Una geografia giudiziaria fuori del tempo

 

Aldo Bianchini

VALLO di DIANO – E’ stata sufficiente una brevissima dichiarazione dell’on. Andrea Del Mastro Delle Vedove (deputato FdI, sottosegretario di Stato al ministero della giustizia) in merito all’eventuale riequilibrio della geografia giudiziaria (sradicata e sfasciata dalla ministra Paola Severino (Dlgs 7 settembre 2012, n. 155 e del Dlgs 7 settembre 2012, n. 156) sotto il “governo Monti”) per far ritornare con prepotenza all’attenzione generale la questione dell’ingiusta e insulsa soppressione del Tribunale di Sala Consilina, caso unico di un tribunale più grande assorbito da uno più piccolo e, soprattutto, in un’altra regione, cioè quello di Lagonegro.

Naturalmente adesso, con l’apertura di un piccolo spiraglio (al momento ancora tutto da verificare !!), si è inasprita anche la corsa alla cosiddetta “primogenitura” finalizzata all’autoproclamazione tutta in politichese del: “Sono stato Io a farlo riaprire”.

La materia della geografia giudiziaria è molto scivolosa e presta il fianco alle più svariate interpretazioni; un materia che riguarda essenzialmente i cosiddetti “piccoli tribunali” quali sono sia Sala Consilina che Lagonegro.

Nel merito è giusto qui di seguito riportare un intero capitolo del libro “Ai danni del popolo italiano” scritto dall’ex magistrato (oggi avvocato di grido specializzato in diritto degli alimenti) Carlo Correra; un pensiero, quello di Correra, che condivido pienamente anche se chiaramente controcorrente rispetto ai tanti che vorrebbero sotto casa un tribunale personalizzato. E’ un capitolo che va letto e studiato con molta attenzione perché oltre alle tante verità evidenzia anche suggerimenti ed ipotesi su come realmente riorganizzare la geografia giudiziaria nel nostro Paese.

 

Una geografia giudiziaria fuori del tempo

di Carlo Correra

L’ ipocrisia e la demagogia della classe politica italiana hanno partorito, negli anni passati, la farsa delle “Sezioni distaccate” del Tribunale principale, solitamente ubicato quest’ ultimo nel capoluogo di provincia. Due aule di udienza, una per il civile e l’altra per il penale, due corrispondenti cancellerie e l’ ufficio dell’ ufficiale giudiziario: ed ecco fatta la “Sezione distaccata”. Questa la struttura minima, ma variamente articolata e sviluppata da una località all’ altra, in cui si sono concretizzate per anni le cd. “ Sezioni  distaccate ”. In pratica si trattò di “riciclaggio” ovvero in quelle Sezioni furono riciclate – o … camuffate ? – le vecchie Preture mandamentali operanti fino alla metà circa degli anni novanta. Uffici giudiziari quasi sempre, anzi: da sempre, malamente e scarsamente coperti da organici inadeguati, inadeguati sia a livello di cancelleria che a livello di magistrati. Il personale di questi uffici periferici solo raramente era residente in loco , trattandosi di sedi spesso ubicate in località scomode della provincia di appartenenza del Tribunale. Personale pendolare dunque, soprattutto tra i magistrati. Personale che naturalmente viveva “ di malumore ” il suo pendolarismo e che tendeva costantemente a trasferirsi nella sede centrale spingendo o per le traverse vie delle raccomandazioni o per quelle più lineari e pure conflittuali delle istanze e dei ricorsi. La minoranza di magistrati togati addetti a queste sedi presentava quindi un elevato indice di rotazione: con il risultato che spesso un giudizio penale, per esempio, passava per più mani, senza mai concludersi, dovendosi – nel penale – ogni volta ricominciare daccapo con il nuovo giudice, e questo fino allo spirare del procedimento con la – mortificante per tutti – soluzione della “ prescrizione ”. La lontananza dalla sede centrale infine produceva non di rado fenomeni di lassismo sul piano della disciplina e della diligenza, dei giudici come del personale di cancelleria, e ciò in quanto i Capi degli uffici centrali si guardavano bene dal tenere sotto il dovuto controllo il buon funzionamento delle “Sezioni distaccate”. Insomma queste si sono rivelate, quasi dappertutto, un disastro persino nel più generale disastro giudiziario. Ed infatti sono state eliminate con una riforma del Governo “Monti” del 2012 e sono state sostituite sia da vecchi Tribunali di cui è stata ampliata la competenza territoriale – e quindi il carico di lavoro, ma non l’ organico del personale – sia da alcuni nuovi Tribunali i cui organici però non hanno tenuto conto della “ domanda di legalità “ del territorio ovvero degli indici di criminalità e di conflittualità sociale. Ed infatti si sono rivelati tutti, o quasi, sottodimensionati ! A tal proposito è stata emblematica la contestazione giudiziaria esplosa presso il Tribunale di Nocera Inferiore nel maggio 2022 ( ed anche più di recente fino a gennaio 2025 ) . Infatti, nato per sgravare il Tribunale di Salerno dalla forte domanda di legalità proveniente dal territorio sarnese/nocerino, il Tribunale di Nocera Inferiore è stato ed è l’emblema del deprecabile fenomeno dello Stato “latitante” ovvero dello Stato che fa finta di rispondere alla domanda di giustizia di un territorio, ma poi sostanzialmente la elude e la delude dotando il nuovo avamposto giudiziario di truppe assolutamente inadeguate, al punto da far quasi rimpiangere l’ apparato precedente. E così dopo anni di civili denunce a mezzo degli organi di stampa e di segnalazioni al Ministero ed al Consiglio Superiore della Magistratura da parte dei capi degli uffici nocerini, nella primavera 2022 la situazione della giustizia in quel Tribunale è esplosa fragorosamente: prima con un improvviso sciopero e relativo corteo spontaneo di protesta degli Avvocati nel plesso giudiziario di Nocera e poi con le clamorose dimissioni del Presidente del Tribunale. Così anche i mezzi di informazione sono andati finalmente oltre le semplici cronache della protesta e ne hanno messo bene in luce la causa scatenante. Lo hanno fatto anche attraverso una illuminante e coraggiosa intervista al Procuratore della Repubblica di Nocera Inferiore ( vedi il quotidiano “ Il Mattino “ del 3 giugno 2022 ) che ha evidenziato lo squilibrio spaventoso tra il carico di lavoro e l’ organico dei magistrati ( e di conseguenza del personale di cancelleria ) tra la sua sede e quella di Salerno. La sede giudiziaria di Nocera – ha chiarito infatti il Procuratore Antonio Centore – ha un carico di processi dell’ 80% rispetto a quella di Salerno, ma è dotata di un personale pari solo al 33% di quello di Salerno ! Insomma in quel territorio lo Stato “ fa finta ” di fornire ai cittadini il “ servizio giudiziario ” ! E noi poi ci scandalizziamo per l’ indice di criminalità di quel territorio ? Un territorio dove il “ latitante ” più dannoso ed inquietante di tutti, a ben vedere, è proprio lui … lo Stato ! E lo stesso discorso, limitandomi ad un ambito territoriale che ben conosco, quello campano cioè, può essere ripetuto per il Tribunale di Vallo della Lucania, anch’esso nato a sgravio del Tribunale di Salerno. E poi ancora per il Tribunale di Napoli Nord e per quello di Torre Annunziata, Tribunali che così hanno alleggerito la pressione di domanda di giustizia sul Tribunale di Napoli. In tutte queste nuove sedi giudiziarie, tutte con un organico striminzito, naturalmente si lavora male sia sul piano della tempistica sia, spesso, anche su quello della “ qualità ” : la giustizia infatti non si può fare di corsa e con l’ accetta, lo sappiamo tutti, ma richiede il bisturi. Ed il bisturi richiede calma e tempo … A tutto questo dal 2013 avrebbe dovuto porre riparo la cd. “Riforma della geografia giudiziaria” varata dal Governo “ Monti “ nel 2012: a partire dal 13 settembre 2013 furono dunque chiusi i cd. “Tribunali di quartiere” ovvero quei piccoli uffici giudiziari ex sedi pretorili. Furono accorpati nei “nuovi” Tribunali: però con i risultati scadenti appena illustrati. Questa avvilente fotografia della geografia giudiziaria del 2022 ( data della prima edizione di questa mia pubblicazione ) tre anni dopo, in questa prima parte di 2025, non è di molto cambiata se a Nocera Inferiore ancora una volta gli Avvocati sono stati in sciopero a gennaio per quindici giorni e se a Vallo della Lucania a novembre 2024 è stato proclamato lo stato di agitazione dell’ avvocatura quando è giunta notizia del trasferimento ( peraltro, e beffardamente, al Tribunale di Nocera Inferiore: insomma la classica guerra tra i “poveri” ! ) di uno dei 13 magistrati lì previsti in organico, mentre in realtà effettivamente presenti erano solo in dieci in quanto già si registravano tre posti vacanti ! Verrebbe da ridere, se non ci fosse da piangere: un organico semplicemente ridicolo e che viene ulteriormente saccheggiato ad opera di quello stesso Stato che invece dovrebbe potenziarlo ! E questa situazione da anni si ripete anche in tante altre parti del territorio nazionale. Ma come si fa a non capire che per un sistema giudiziario efficiente non va bene né il “piccolo” né il “ grande “ ufficio giudiziario ? “In medio stat virtus”: anche per la Giustizia In effetti vanno strutturati Tribunali di media dimensione ovvero di una dimensione tale da consentire la creazione di “Sezioni specializzate” per le materie che richiedono appunto specializzazione ( nel penale come nel civile ) e questo senza però raggiungere dimensioni abnormi e quindi di difficile governabilità poi dai Capi degli uffici ( e/o dal manager da me auspicato ). In altre parole: è inutile ed ingannevole mantenere in piccole comunità uffici giudiziari di minima dimensione e quindi di minima efficienza: il cittadino del 2025 ben può spostarsi sul territorio con mezzi di locomozione adeguati e, dopo un percorso magari pure di un’ ora od anche meno, può ben essere lui a raggiungere ( quando gli serve ) gli uffici giudiziari, l’ importante però è che questi siano realmente efficienti. E, se ancora ce ne fosse stato bisogno, a confermare la fondatezza di queste mie riflessioni ci ha pensato di recente proprio il sindacato della Magistratura. L’ ANM infatti nel criticare ( e … ti pareva ! ) la “riforma Nordio” in tema di misure cautelari restrittive della libertà personale prevedendo il passaggio della competenza in materia da un GIP ( giudice monocratico ) ad un collegio di tre GIP ( e quindi già solo per questo più affidabile sul piano delle “garanzie” per l’ indagato ), l’ ANM ha acutamente ( ! ) osservato che questa innovazione però metterà in crisi i piccoli Tribunali ovvero quelli in cui il ridotto numero di addetti all’ Ufficio GIP renderà difficoltoso comporre il Collegio a causa delle prevedibili “incompatibilità”. Oh, finalmente !: finalmente anche quelli dell’ ANM si stanno rendendo conto che i Tribunali di piccola dimensione saranno pure più vicini alla gente, ma sono meno efficienti ! Se ne sono resi conto, finalmente ! O forse no!, mi viene da sospettare, visto che la conclusione dell’ ANM è stata semplicemente quella di … non creare questa nuova competenza del “ GIP Collegiale ” ! E non invece quella di rivedere la geografia giudiziaria ed i relativi organici ! E le maggiori “garanzie” per l’ indagato ? E chi se ne fr … pardon : quelle … non interessano all’ ANM ! LA SPECIALIZZAZIONE Altra riforma indispensabile, unitamente ed anzi in simbiosi con questa di una revisione della geografia giudiziaria e pur’ essa a costo zero, è poi quella della “specializzazione” dei giudici. Detto in estrema sintesi dalla “specializzazione ” nascono: – un giudice che lavora più speditamente; – un giudice che puoi tenere costantemente aggiornato; – un giudice che garantisce maggiore omogeneità di decisioni e quindi scoraggia i ricorsi sballati; – un giudice che sbaglia di meno e quindi fa diminuire gli appelli ed i ricorsi contro le sue decisioni ovvero evita che si ingolfi la macchina giudiziaria. Questo, tutto questo – ed altro di buono – si accompagna alla figura professionale del “ giudice specializzato ”. Oscurantista ed in mala fede, secondo me, la posizione di chi vuole invece perseverare nell’ offrire al Popolo Italiano un “ giudice tuttologo”: ovvero un giudice che fa un po’ di tutto, e male, in quanto solo superficialmente preparato ovvero un giudice … impreparato a tutto. Un giudice in controtendenza culturale, infatti, è quello “ tuttologo ”, dal momento che la complessità dei fenomeni economico-sociali odierni richiede leggi complesse e specialistiche per disciplinarli. E quindi specialistica deve necessariamente essere anche la cultura professionale di un giudice moderno al quale poi si chiede di applicare quelle leggi specialistiche. Tutte queste considerazioni mi apparivano nitidamente, e mi sembravano pure scontate e quasi banali nella loro evidenza, già nel 1986, quando fui eletto a componente della Sezione di Salerno della Giunta dell’ Associazione Nazionale Magistrati: ero io uno dei due membri eletti per la corrente di “ Magistratura Indipendente ”. Tre seggi invece erano toccati ad “ Unicost “ ( “Unità per la Costituzione ”: corrente di centro-sinistra nell’ ANM ) ed uno a “ Magistratura Democratica ” ( sinistra ). La Direzione Centrale di Magistratura Indipendente da Roma ci sollecitò a formare a Salerno una Giunta unitaria ovvero una Giunta con un programma unitario assieme ad Unicost : quest’ ultima però si dichiarò decisamente contraria ad inserire nel programma l’ obbiettivo della “ specializzazione del magistrato ” !!! Io ero alla mia prima esperienza di Giunta associativa e naturalmente ci tenevo a farla. Ma a farla bene. E quindi non volevo rinnegare quello che era stato uno dei cardini della mia impostazione professionale fino a quel momento – “ la specializzazione del giudice “ cioè – e che rappresentava anche un mio generale valore culturale di riferimento, anche al di là della professione. Perciò quando mi spiegarono che, per realizzare una Giunta unitaria, avrei dovuto accantonare quello che era stato uno dei più significativi criteri di orientamento professionale nei miei primi quindici anni di magistratura, non ebbi dubbi: ero proprio l’ uomo sbagliato per un compromesso del genere. Non potevo rinnegare me stesso e sacrificare alla “ ragion politica ” l’ interesse che “ il Popolo Italiano “ aveva – ed ancora oggi ha, secondo me – ad un giudice specializzato, ad un giudice che porta ad una Giustizia più efficace, più rapida e meno fallace. Allora diedi le dimissioni dalla Giunta e così il programma se lo poterono fare unitario, come lo volevano loro, anche se – secondo me – era un programma per una Giustizia “ alla faccia … del Popolo Italiano “. Sul momento pensai che si trattasse di miopia culturale dei miei colleghi, colleghi di “corrente” e non, quella di non ravvisare nella specializzazione del giudice uno dei necessari passaggi verso l’ auspicabile modernizzazione della Giustizia. Dopo, negli anni, invece mi sono reso conto che il miope ero io a non vedere che i “ politicanti della magistratura ” non potevano che avversare il giudice specializzato ovvero un giudice che, in quanto professionalmente più forte, sarebbe stato di conseguenza meno bisognoso di un “ padrino sindacale ”, ovvero di un collega “ protettore ” in ambito associativo. Infatti ai “politicanti della magistratura” il collega-giudice, quello che li doveva votare come suoi rappresentanti in sede di ANM ( ed anche al CSM), serviva “tuttologo” ovvero doveva essere solo superficialmente preparato ( o impreparato che è … lo stesso ) un po’ in tutto. Fallace insomma. E così, come ogni fallace, sarebbe stato bisognoso di un “ santo collegaprotettore ” in sede di ANM come in sede di Consiglio Superiore della Magistratura. Questa linea della “fallacio-crazia” fu dunque quella che prevalse in quella trattativa per una Giunta unitaria a Salerno nel 1986: la stessa linea che del resto è prevalsa poi negli anni a seguire e fino ad oggi in tutta Italia. In pratica si sono registrate solo sporadiche e volontaristiche esperienze locali ovvero casi di organizzazione specialistica degli uffici giudiziari di singole sedi. Tale matrice “ volontaristica “ della specializzazione ha finito per fondarsi su criteri e moduli spesso diversi tra loro e persino contraddittori: quale, ad esempio, quello di creare una sola ( !!! ) sezione “specialistica”, ma “competente” per … molteplici specializzazioni : laddove in altre sedi per ogni settore specialistico vi era ovviamente una sezione ad hoc ! Insomma una “ specializzazione ” che … negava se stessa ! L’ opposto di quella che avevo sperimentato proprio io, all’ inizio della mia carriera, presso la Pretura Unificata di Torino dal 1973 al 1979. Peraltro è significativo che il collega, mio contraddittore in quella per me sfortunata “ trattativa sindacale ” del 1986, fece rapidamente “ carriera ” approdando in pochi anni al CSM ovvero all’ organo di indirizzo culturale e professionale per l’ intera magistratura. Quindi fu lui, e quelli che la pensavano come lui, a tracciare – in sede di Consiglio Superiore della Magistratura e con la conseguente autorevolezza – il profilo professionale del Magistrato italiano finora operante: quello cioè di un giudice “generico” ovvero “ tuttologo “ ! Sennonché l’ esigenza della “specializzazione “ è talmente fondata ed ineluttabile che si sta, in questi ultimi anni, affermando anche a dispetto dell’ ostilità della Magistratura stessa ovvero dei suoi rappresentanti, anche se più faticosamente e più lentamente proprio a causa di quella ostilità. E così, per esempio, alla storica Sezione “ Lavoro “ si è affiancata in Corte di Appello, qualche anno fa, la Sezione per la “ Tutela dei Marchi e dei Brevetti “ e si prospetta ora come imminente anche la Sezione Specializzata per il diritto di “ Famiglia ”. Un po’ alla volta dunque, emergenza dopo emergenza (!!!), sono convinto che finiremo per arrivare ad una Giustizia organizzata per la massima parte in Sezioni Specializzate. Magra soddisfazione però arrivarci con decine e decine di anni di ritardo e quindi con prezzi umani e sociali altissimi. Oltre al prezzo economico naturalmente: perché una Giustizia specializzata non solo abbassa i suoi costi economici, ma riduce anche i ben più elevati costi morali rappresentati sia dalla sofferenza delle singole vittime, familiari compresi, dell’ attuale Giustizia “ tuttologa ” sia quelli costituiti dalla perdita di credibilità dell’ istituzione giudiziaria. Una specializzazione che naturalmente deve riguardare tutti i magistrati: sia i “ giudici ” cioè che i pubblici ministeri. Anzi, per il penale, prima di tutti proprio questi ultimi: e non solo per una garanzia primaria verso i cittadini da loro indagati, ma anche e proprio per il migliore utilizzo della macchina giudiziaria e quindi nell’ interesse – collettivo – al buon funzionamento del servizio “Giustizia”. A tutela dei cittadini, ripeto, in quanto il pubblico ministero è e deve essere il primo filtro o verifica di legalità rispetto all’ azione di indagine svolta dalle forze di polizia, archiviando o ridimensionando alla loro effettiva gravità giuridica e sociale le ipotesi di reato che quest’ ultima ritenga di avere scoperto. In tal modo una buona percentuale di procedimenti penali non nascerebbe proprio e non andrebbe – inutilmente – ad intasare le già affollate aule giudiziarie: e così si realizzerebbe anche il secondo obbiettivo sopra ricordato ovvero quello di utilizzare al meglio la già affannata macchina giudiziaria. Anzi: evitarle proprio di finire in affanno. Attualmente però la situazione è ancora esattamente l’ opposto di quella, auspicabile, di un pubblico ministero ben preparato e specializzato. Un caso occorsomi qualche anno fa può forse chiarire e riassumere bene quanto finora sto provandomi a dimostrare. Siamo ai primi mesi del 2013 quando i Carabinieri del NAS di Bari scoprono, nel corso di un controllo di routine, che in una farmacia del centro città è posta in vendita una confezione di “ latte in polvere ” con “ data di scadenza “ superata da alcune settimane. Invitabile il sequestro di quella confezione che viene poi sottoposta ad analisi presso il laboratorio ASL cittadino e con esito però favorevole alla commestibilità dell’ alimento. Sennonché i Carabinieri ravvisano nella vicenda comunque l’ ipotesi di reato di “ messa in vendita di alimento in cattivo stato di conservazione ” ( violazione dell’ articolo 5, lettera b), della legge 283/1962 con sanzioni penali ) ed inviano così rapporto con notizia di reato alla Procura della Repubblica di Bari. Qui il Pubblico Ministero assegnatario del procedimento, se fosse stato “specializzato”, si sarebbe certamente ricordato subito che, per casi come questo ( alimento “scaduto”, ma ancora commestibile ), la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, già nel 1995 ( sentenza n. 1/1996 ) aveva stabilito il principio della insussistenza del reato e della ravvisabilità invece solo di un illecito amministrativo ( articolo 18 del decreto l.vo n. 109/1992 ) ed avrebbe perciò richiesto – un Pubblico Ministero specializzato – al GIP l’ archiviazione con successiva trasmissione degli atti all’ autorità amministrativa competente ( all’ epoca la Regione ) per far comminare la sanzione amministrativa. Il PM “generico” della Procura della Repubblica di Bari invece chiese il rinvio a giudizio per il distratto farmacista dinanzi al Giudice Monocratico del Tribunale di Bari. Se questo Giudice, a sua volta, fosse stato specializzato, già alla prima udienza, anzi già nella cd. “fase predibattimentale”, avrebbe emesso sentenza predibattimentale di proscioglimento “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, trasmettendo simultaneamente gli atti all’ autorità amministrativa affinché comminasse la sanzione di sua competenza. Invece quel Giudice Monocratico, pure lui generico, aprì il dibattimento ed istruì il processo attraverso ben sei udienze fino ad approdare – nel 2018 – ad una sentenza di condanna con un’ ammenda di euro duemila. Sentenza impugnata però con ricorso alla Cassazione dal malcapitato farmacista e Corte di Cassazione che finalmente – nel 2019 – ha assolto l’ imputato con la suddetta e corretta formula (“ fatto non previsto dalla legge come reato“ ) senza neppure trasmettere gli atti alla Regione per l’ illecito amministrativo stante nel frattempo l’ intervenuta prescrizione dell’ illecito medesimo ! Sei anni dunque di attività giudiziaria sprecata: sei anni che, con un Pubblico Ministero specializzato, si sarebbero invece potuti evitare subito e quell’ attività ( sei udienze dinanzi al Giudice Monocratico ed un’ udienza presso la Corte di Cassazione ) poteva essere più proficuamente dedicata ad ipotesi di reato “ vere ” e non invece verificabili come “ false ” fin dall’ inizio come nel caso in esame. In realtà – in casi come questo appena narrato – basterebbe anche un minimo di scrupolo professionale da parte di un P. M. normale, ovvero: anche “ non specializzato ”, per evitare un ingiusto accanimento giudiziario e soprattutto lo spreco delle risorse giudiziarie per reati palesemente inesistenti fin dal primo momento. Basterebbe inoltre che un P. M. scrupoloso si leggesse, con mente aperta, le memorie difensive che tanti avvocati depositano presso la sua segreteria fin dall’ inizio delle indagini e si potrebbe, già oggi, evitare che arrivino in aula procedimenti che tranquillamente potevano – e perciò: dovevano – fermarsi ben prima dell’ aula ovvero nella camera – se non … nell’ anticamera – dell’ ufficio del P. M. Invece questo in tanti, in troppi casi non succede: come dimostrano tante assoluzioni con formula piena pronunciate quotidianamente nelle aule giudiziarie e non sulla base di prove raccolte in quell’ aula, ma spesso in base ad elementi forniti al P. M. dal difensore già nel corso delle indagini. Quindi ben vengano giudici e pubblici ministeri “ specializzati ”, ma specializzati sul serio e tempestivamente però. Ovvero la “specializzazione” di giudici e P. M. deve essere preparata e realizzata in maniera seria e razionale e non avventurosamente e magari solo sulla carta. Non deve – ad esempio – capitare come nella vicenda che qui riassumo brevemente. Qualche anno fa la quiete assolata della mia unica settimana di vacanza nel mare cristallino del Cilento salernitano venne dissolta da trenta secondi di drammatica conversazione telefonica con l’angosciato proprietario di un caseificio mio cliente: gli stavano perquisendo l’ azienda e sequestrando di tutto, a cominciare dalle sue prelibate “mozzarelle di bufala campana DOP “. “ Ma che ha combinato ? ” gli chiesi io bruscamente appena concluse la sua drammatica cronaca telefonica: “Niente ! Avvocato : proprio niente, le assicuro ! “ mi replicò lui irritato e quasi arrabbiandosi pure con me. Per farla breve feci venire al telefono gli ispettori della repressione frodi che, su provvedimento del Pubblico Ministero, stavano bloccando – in pieno luglio ovvero nel momento di massimo lavoro – quel caseificio specializzato in produzione di “mozzarella di bufala campana DOP “ e questo, secondo il testo del decreto di sequestro del P. M. lettomi al telefono dagli stessi ispettori, perché le analisi del laboratorio pubblico di controllo avevano accertato la presenza – nella mozzarella di quel caseificio – di “furosina” in misura di mg. 11,3 per kg a fronte del limite massimo di legge di 10 mg, questo almeno secondo …. il direttore del laboratorio pubblico di controllo. Il P. M- ipotizzava perciò due reati, anzi due delitti: quello di produzione e commercio di “alimento non genuino “ ( articolo 516 del codice penale ) per l’ eccessiva presenza dell’ “ingrediente” ( !?! ) cd. “furosina” ed anche il delitto ( articolo 515 ) di “ frode in commercio “ e questo secondo reato per la mancata indicazione – sull’etichetta della mozzarella in questione – della “furosina” nell’ elenco degli “ingredienti “ ( !!! ). Tutto giusto dunque ? Una procedura rigorosa, ma secondo quanto legge comanda ? No, no: tutto sbagliato invece ! Tutto incredibilmente sbagliato ! Persino le analisi del laboratorio pubblico erano sbagliate, o meglio: era sbagliato il parametro di riferimento normativo considerato dal direttore del laboratorio: 11,3 mg. di furosina rientravano infatti perfettamente nel limite di 12 mg previsto dal comma 1 del decreto ministeriale del 10 dicembre 2000, quello che disciplina appunto questo parametro di genuinità per la mozzarella di bufala dop e per altri prodotti lattiero-caseari. Lo stesso decreto fissa invece in 10 mg il limite massimo per un altro tipo di mozzarella – peraltro non di bufala – che è la “ mozzarella vaccina STG “ ( specialità tradizionale garantita ): una mozzarella mai prodotta però dal caseificio in questione, così come da nessun altro, a mia scienza, caseificio della Campania. Insomma il laboratorio pubblico di analisi, peraltro … specializzato ( sic ! ), non so spiegarmi come si era … confuso ed aveva applicato il parametro di furosina … sbagliato ! Nulla di irrimediabile di per sè, anche se decisamente sgradevole per la vittima dell’ errore, in quanto la legislazione sui controlli alimentari prevede la facoltà di impugnare il referto di una prima analisi sfavorevole – quale appunto era quella in questione – con una tempestiva istanza di “revisione” dell’ analisi ( apparentemente ) sfavorevole. L’ attuale codice di procedura penale del resto riconosce valore di prova solo a questa seconda analisi ovvero alla cd. “ analisi di revisione”, in quanto solo questa si svolge appunto con le “garanzie difensive”, e non riconosce valore di prova alla prima analisi in quanto, appunto, “ non garantita “. Nel caso in esame insomma il P. M. si era precipitato – eppure non era comunque in ballo la salute pubblica – ad emettere l’ invasivo ( e paralizzante per l’ azienda casearia ) decreto di perquisizione e sequestro, senza neppure porsi il problema delle ancora possibili “analisi di revisione”. Revisione che l’ azienda infatti avrebbe poi richiesto e che avrebbe confermato il valore analitico del primo laboratorio – furosina 11,3 mg/Kg – però chiarendo la … regolarità del prodotto ! Un paio di mesi dopo però. Invece “subito” c’ era stato il decreto di perquisizione e sequestro da parte del P. M. Sequestro in realtà impossibile per la “furosina” in sé e per sé ( sequestrare “ tutta la furosina presente in azienda” ordinava perentoriamente il decreto del P. M. ) per il semplice motivo che la “ furosina “ “ in sé e per sé ” ovvero come “ingrediente” … non esiste, essendo essa semplicemente una componente naturale del “ latte ” !!! Si tratta infatti di un enzima “naturalmente” presente nel latte dei mammiferi – donne incluse – entro limiti contenuti intorno ai 10 mg/kg o poco più – e con valori che salgono a centinaia solo in caso di forti trattamenti termici del latte, quale – ad esempio – quello per la trasformazione del latte liquido in “ latte in polvere ”. Latte in polvere che il legislatore italiano – in contrasto con quello della Comunità europea peraltro – ancora oggi osteggia ed il cui impiego sicuramente è una frode ( senza rischi sanitari però ) nella lavorazione dei formaggi DOP, quale appunto la “mozzarella di bufala campana”. A tale verifica era in realtà indirizzata l’ analisi nel caso in esame. Insomma era come se il P. M. avesse disposto, per esempio, il sequestro delle “calorie” della mozzarella presente in azienda. “ Ispettore, ma lei ha presente che cosa ha chiesto il PM ? ” chiesi io per telefono sforzandomi di usare il tono più sereno possibile. “Certo, avvocato, e so bene che non troverò niente : io però procedo comunque al sequestro di prodotti finiti e di materie prime e dei registri aziendali, come pure richiesto dal PM ”. E così fu ! E così per una buona settimana il caseificio rimase del tutto paralizzato ed i suoi clienti sviati altrove. Tornato dalla breve pausa vacanziera non mi fu difficile spiegare al P. M., con documentazione scientifica alla mano e facilmente reperita su internet ed anche con qualche precedente giurisprudenziale allegato ad una memoria difensiva, non mi fu difficile spiegare il clamoroso errore in cui erano incorsi il laboratorio di analisi prima ed il P. M. stesso poi e così potei ottenere da costui il dissequestro dei materiali e dei documenti aziendali prima e l’ archiviazione del procedimento poi. “ Avvocato, sono mortificato: purtroppo non avevo idea di cosa realmente fosse la furosina e delle problematiche analitiche. Il fatto è che sono solo pochi mesi che sono stato assegnato a questa sezione specializzata in reati alimentari ”, fu la sua onesta quanto disarmante ammissione nel nostro ultimo incontro. “ Dottore, non è lei a doversi mortificare, quanto piuttosto chi ha pensato di assegnarla ad una sezione specializzata senza averla prima … specializzata. In pratica lei si sta specializzando a spese del Popolo Italiano ”, questa la mia altrettanto sincera e cruda risposta. Penso che questo episodio evidenzi meglio di tanti astratti ragionamenti la necessità ormai vitale della specializzazione dei magistrati italiani, a cominciare da quelli delle Procure della Repubblica. Ma una specializzazione seria: innanzitutto una specializzazione che … “preceda” l’ applicazione del magistrato ad una sezione specializzata ! E poi le sezioni specializzate non possono essere affidate alla buona volontà del Procuratore Capo e del Presidente del Tribunale del momento: ma devono essere previste per legge in tutti gli uffici giudiziari e questi, a loro volta, devono essere dimensionati in modo tale da avere tutti le stesse sezioni specializzate e tutte realizzate con lo stesso criterio. Non è infatti ammissibile che, per esempio, le specializzazioni che in una sede giudiziaria sono distribuite tra quattro sezioni in un’ altra sede siano invece concentrate in un’ unica sezione: questa concentrazione in realtà è la … negazione della specializzazione. Eppure, vi assicuro, ci sono (dis)organizzazioni giudiziarie di questo tipo ancora in questo momento in Italia

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