ALFIERI:  la saga, il Teseo di Gerace e … le toghe

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Non ho ancora scritto una sola parola sul caso giudiziario che ha travolto Franco Alfieri (presidente della Provincia di Salerno e sindaco di Capaccio) di professione avvocato prestato alla politica da sempre.

Non l’ho fatto perché è ancora prematuro ed anche perché dato che non inseguo la notizia o la prima notizia a tutti i costi ho più tempo di riflettere per poi esprimere il mio pensiero a cominciare dai magistrati per finire ai politici passando per i giornalisti che con la loro convulsa e frenetica attività di ricerca della notizia a tutti i costi agevolano di molto il mio lavoro di approfondimento.

Prima di iniziare la serie di editoriali su Franco Alfieri, sul quale in verità non ho mai scritto tranne che qualche riflessione sull’ingiusto fuoco di fila subito da parte del fratello del compianto sindaco pescatore Angelo Vassallo per via di quella strada mai realizzata, ritengo necessario riportare, per Voi amici lettori, il pensiero dell’immarcescibile capo della Procura della Repubblica di Napoli dr. Nicola Gratteri espresso qualche settimana fa sui magistrati in genere.

L’OCCASIONE: Il Teseo di Gerace (questo il nomignolo attribuito a Gratteri), in un pomeriggio caprese del 21 settembre 24 in occasione della rassegna “Capri d’autore” nel corso del “face to face” con il giornalista Corrado Formigli, con la moderazione di Gianluigi Nuzzi e Valentina Fontana, per la sezione “Giustizia e Media – Informazione e magistratura negli scandali italiani“, ha prima commentato il grave problema del sovraffollamento delle carceri per dire che è un dramma non solo italiano ma a livello europeo, e poi ha suggerito (per quanto riguarda gli inutili convegni o visite nelle scuole sulla legalità) di portare gli studenti direttamente nelle carceri e/o nelle strutture similari per far prendere direttamente coscienza della realtà.

L’AFFONDO: Il procuratore Nicola Gratteri, nella sua onestà intellettuale, ha approfittato dell’irripetibile occasione per esprimere il suo pensiero sul problema enorme che riguarda il rapporto fiduciario tra popolazione e magistratura che orami sembra essere ridotto al lumicino: “”Noi magistrati oggi siamo ai minimi storici di credibilità, perché abbiamo fatto degli errori. Io avevo detto che il presidente della Repubblica avrebbe dovuto convincere i componenti del Csm a dimettersi, perché sul caso Palamara bisognava lanciare il messaggio alla gente che si stava voltando pagina, che si faceva un taglio netto. Non è stato fatto, con il risultato che è passato il messaggio che si voleva tutelare una corporazione che non voleva lasciare la poltrona. E questo ci ha resi più deboli, anche perché le correnti all’interno della Magistratura sono ancora tante””.

 

Condivido totalmente il pensiero del Procuratore di Napoli, oltretutto l’atteggiamento della magistratura in genere dopo il “caso Palamara” ha ingenerato nella gente comune la convinzione dell’esistenza della pericolosissima “casta della magistratura” che può fare di tutto e di più in barba anche del doveroso rispetto della legge che va applicata in termini di giustizia commutativa, senza tante filosofiche tracimazioni nel campo della giustizia sociale.

 

Proprio da queste autorevoli affermazioni comincerò a  scrivere la cosiddetta “Saga Alfieri”.

 

 

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