Tangentopoli: Vincenzo Maria Greco … l’uomo in più

 

Aldo Bianchini

SALERNO – L’ho già scritto di recente ma è giusto ripeterlo; da quando il quotidiano IL MATTINO è passato nel maggio 2024 sotto la direzione di Roberto Napoletano (spezzino di nascita) ha cambiato letteralmente volto, impaginazione e contenuti passando da una caduta libera ad una risalita costante e professionale.

MI è piaciuto molto l’intervento del direttore Napoletano in prima pagina (ed. 25.09.24) a commento della morte del mitico ingegnere idraulico e docente universitario Vincenzo Maria Greco, un nome ed un personaggio che ha attraversato longitudinalmente l’intera tangentopoli campana; negli anni ’80 e inizi degli anni ‘90 al massimo del suo splendore professionale aveva (questo il direttore Napoletano non poteva saperlo) due allievi prediletti nelle persone degli ingegneri Franco Amatucci e Raffaele Galdi, salernitani doc, anche loro vittime sacrificali di tangentopoli.

Greco era un fedele custode delle linee democratiche indicategli dall’onnipotente Paolo Cirino Pomicino, mentre Amatucci e Galdi (i famosi compassi d’oro) erano i proconsoli del leader socialista salernitano e ministro per le aree urbane on. Carmelo Conte; nonostante questa radicale diversità di pensiero politico, superando ogni barriera ideologica, i tre sono stati grandi cervelli capaci di anticipare di molto i tempi moderni dell’urbanistica, nel senso che erano riusciti a capire come e che cosa realizzare nel piano delle strutture pubbliche da inserire in una visione avanzata dell’urbanistica del futuro.

Vincenzo Maria Greco merita il rispetto che si deve all’intelligenza di una persona di valore che ha dimostrato una visione anticipatrice concependo negli anni Ottanta e Novanta le grandi infrastrutture che cambiano il contesto dei territori, la qualità di chi ci vive, e creano l’ambiente favorevole alla crescita e agli investimenti. Napoli e il Mezzogiorno oggi godono i benefici di quelle intuizioni e delle realizzazioni che ne sono scaturite. Se volessimo sintetizzarne l’eredità dovremmo parlare di tre elementi fondamentali: visione, strategia e operatività. Qualità che a Napoli raramente vanno insieme e che oggi, più di allora, sono vitali”, così scrive il direttore de Il Mattino.

A questo commento che sottoscrivo in pieno, mi permetto di aggiungere una chicca che è giustissimo ricordare.

Nel processo madre della tangentopoli salernitana, quello della Fondovalle Calore, la pubblica accusa arrivò finanche a sostenere che lo stretto legame professionale e personale tra i tre tecnici (Greco, Amatucci e Galdi) appariva professionalmente innaturale alla luce delle loro ideologie politiche e manifestava un intreccio perverso con i loro rispettivi sponsor politici, ministro Pomicino (DC) e ministro Conte (PSI); un intreccio che aveva addirittura prodotto la famosa legge per la pianificazione e realizzazione dei grandi lavori pubblici (legge n. 831 del 1° dicembre 1986 – legge scritta, secondo gli inquirenti, addirittura dai tre tecnici) in base alla quale il ministero per le aree urbane aveva immense possibilità di catturare enormi finanziamenti pubblici da distribuire sotto forma di contributi e mazzette al fine di oliare e superare controlli e posizioni contrarie.

Nelle 354 pagine della sentenza di 1° (n. 193/94 del 23 febbraio 1994) l’ipotesi avanzata dalla pubblica accusa venne soltanto fumosamente riportata quasi come a voler rafforzare il discorso accusatorio, ma senza alcun rilievo sull’entità delle pene inflitte. Anche questa è stata tangentopoli.

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