Fukuyama e la fine della società civile

 

da Angelo Giubileo (avvocato – filosofo)

All’inizio del processo, nel 1992, il politologo USA Francis Fukuyama pubblicò un saggio dal titolo italiano “La fine della storia e l’ultimo uomo”, tradotto “globalmente”. Nel saggio, si sosteneva la tesi che, con la caduta del Muro di Berlino ad est, le democrazie occidentali con il loro stile di vita liberale avrebbero conquistato tutto il mondo.
Il politologo si ricredette già quattro anni dopo, con la pubblicazione del libro “Fiducia”, ma evidentemente il dado delle “magnifiche sorti e progressive”, invise anche a Leopardi, era stato di nuovo gettato. Ciò che nella storia dell’umanità è sovente accaduto.
In un’intervista pubblicata dal Corriere della sera il 2 settembre u. s., lo storico Ilko-Sascha Kowalczuk – intellettuale tedesco che ha frequentato, frequenta e conosce molto bene la realtà della vita ad est, nonché autore di molti bestseller – ha dichiarato, tra l’altro, che: “c’è anche una fondamentale differenza con l’Ovest. Nell’Est la società civile è poco sviluppata, resiste la convinzione che tutto debba essere regolato dallo Stato, ritenuto il responsabile di tutto. Da una parte lo Stato viene criticato per tutto, dall’altra gli si demanda ogni incombenza. La mancanza della società civile – sostituita da questa onnipresente richiesta dello Stato – è uno dei motivi per cui molte persone sono inclini all’autoritarismo, credono in un leader forte”.
Fattispecie questa che purtuttavia non è dissimile dall’esperienza che molti cittadini e popolazioni, piccole e grandi, vivono altresì nell’ovest cosiddetto “civile (e industrializzato)”.
E quindi, nonostante un processo di globalizzazione, che, al di là delle aspettative, anche nell’ovest, qui da noi, ha prodotto in circa trent’anni un decremento – strutturale – della cosiddetta “società civile”,  che negli USA è testimoniato dal contemporaneo e progressivo assottigliamento della cosiddetta “middle class”. Ed è inutile citare dati, sono disponibili ovunque in rete, ma soprattutto univoci, senza tema di smentite.
In Europa (e in Italia), il dato tendenziale riduttivo ha comportato, in trent’anni circa, non solo un impoverimento della ricchezza reale media pro-capite, ma innanzitutto una progressiva e costante riduzione del tasso di partecipazione dei cittadini alla vita politico-amministrativa delle diverse comunità di appartenenza. Anche in tali casi si tratta di dati inoppugnabili.
Pertanto, se ad est si rilevi la “mancanza della società civile”, la conclusione è che, senz’altro, anche ad ovest, negli ultimi trent’anni sono stati fatti notevoli passi in tal senso.
Altro che “fine della storia”… Quanto a “l’ultimo uomo”, speriamo che anche questa profezia si riveli errata.

One thought on “Fukuyama e la fine della società civile

  1. Se posso contraddire tale scenario reale solamente in una previsione postecnologica, la ricchezza media si é alzata di gran lunga grazie alla democraticità totale dell’accesso alla comunicazione one to one e social; In pratica il più ricco della middleclass di ieri non era in grado ad accedere a beni e servizi di un normale cittadino di oggi e se il potere di spesa é diminuito ne é una percezione distratta da una moltitudine di bisogni e acquisti che ognuno soddisfa anche se in minori ma svariate forme. La middle class di ieri non trovava un supermercato dotato di tutto ogni duecento metri, né distributori di carburanti o ristoranti ad ogni strada, tecnologie da ogni parte del mondo alla portata di tutti: una standardizzazione livellante non manca di società civile ma la sta semplicemente trasformando ed il cambio viene percepito dai più come crisi negativa piuttosto che positiva. Gli stessi poiché sono legati ancora alla telecrazia pensano nei termini di una cinematografia sbugiardata e nonostante computer ed internet proseguono un pensiero inerte anche agli innovativi intellettuali di fine secolo scorso.

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