BOTTIGLIERO: dove la cardiologia è di casa

 

Aldo Bianchini

SALERNO – “Và dove ti porta il cuore”, bisognerebbe scomodare la scrittrice Susanna Tamaro per capire meglio l’atmosfera che regna e si respira in “casa Bottigliero” con papà, mamma e figlio, tutti e tre impegnati, ognuno a loro modo, con il mondo della sanità ed in particolare con il “mondo del cuore”-

Papà e mamma entrambi nella Torre del Cuore e nella direzione sanitaria dell’Azienda Universitaria Ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, il figlio impegnato in una struttura sanitaria di livello europeo sita in Francia.

Il papà, Matteo Generoso, dopo qualche decennio di onorata gavetta in cardiologia, dal maggio scorso è passato, come reggente, alla direzione della divisione di cardiochirurgia di elezione che da qualche mese sembra aver risolto, grazie appunto a Lui, almeno temporaneamente i grossi problemi di incomprensione che erano sfociati prima e dopo la direzione di Enrico Coscioni; tutto questo in barba ai commenti poco ortodossi, per non dire quasi offensivi, di Mario Polichetti e Aurelio Tommsetti, sull’organizzazione della cardiochirurgia post Iesu e, quindi, riferibili direttamente molto ingiustamente, anche al dr. Matteo Generoso Bottigliero che invece sta dimostrando esattamente il contrario.

La mamma è stata a lungo notissima operatrice sanitaria nella divisione di “elettrofisiologia cardiaca” per passare da qualche tempo alla direzione sanitaria del Ruggi.

Avete, però, già capito che il personaggio della “Bottigliero family” è DARIO che fin da bambino è cresciuto a pane e cardiologia, divenendo in breve tempo laureato in medicina prima e poi specializzato in cardiologia.

Ha lavorato poco in Italia ed ha risposto senza esitazione alla chiamata d’oltralpe laddove hanno valutato la sua professionalità e bravura mettendo a sua disposizione tutte le attrezzature all’avanguardia nella medicina cardiaca.

Da tempo lavora nel notissimo CENTRE HOSPITALIER VICTOR JUOSSELIN  DE  DREUX con grande profitto sul piano professionale e relazionale; fino al punto che il 6 agosto scorso la Direzione Generale dell’ospedale francese (con apposito decreto n. 2024 – 743) lo ha nominato “chef” del servizio di “Cardiologia – USIC –  Exploration Fonctionnelles Cardiologiques”.

Una bella e grande soddisfazione, ovviamente, per mamma e papà; peccato che il SSN non riesca ancora a studiare ed applicare un sistema per trattenere in patria i suoi cervelli migliori.

La stampa francese si è spesso interessata al “caso Dario Bottigliero” con titoli anche in prima pagina sui maggiori quotidiani perché Dario ha addirittura inventato un sistema di “holter iniettabile”, una pratica che è destinata a sostituire in breve tempo l’arcaico-ingombrante e meno efficiente holter  che da decine di anni appesantisce la quotidianità della vita di milioni di persone in cerca di sicurezza cardiaca e, sicuramente, incide anche a livello psicologico per le limitazioni motorie che comunque impone nei modi e nei tempi dei suoi utilizzi.

Un piccolo dispositivo, l’holter iniettabile, che può salvare moltissime vite o, almeno, permettere di trattare rapidamente diverse tipologie di patologie legate all’organo più sensibile ma anche più curabile in dotazione dell’uomo: il cuore. Un piccolo dispositivo che anche se non sarà utilizzato per tutti i pazienti cardiopatici è destinato a risolvere i problemi dei pazienti che hanno storia di ictus ischemico. Il controllo del dispositivo è garantito in maniera ultraveloce ed a distanza e addirittura manovrabile dallo stesso paziente con un piccolo telecomando tramite degli speciali programmatori in maniera completamente indolore.

Ma questa è soltanto una delle tante trovate sanitarie che Dario Bottigliero ha già messo a punto nel corso della sua ancor giovane vita di “cardiologo” andando là dove lo ha portato il cuore.

 

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