AVVOCATI: la parola passa a Giovanni Falci

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Come previsto le notizie da ultima pagina sono sempre quelle che, se analizzate e commentate, sfuggono alla quasi totalità della stampa ma che danno spesso la stura al dibattito tra le diverse opinioni.

E’ stto così anche per la notizia inerente la professione degli avvocati, scovata a pag. 46 de Il Mattino del 4 agosto scorso; una notizia che ho analizzato e commentato in un articolo pubblicato ieri (lunedì 5 agosto 24) su questo giornale.

Ha risposto subito l’avv. Giovanni Falci (noto penalista cassazionista) che da par suo è intervenuto sul delicato argomento con la forza, la capacità e l’esperienza che gli deriva dai tantissimi anni di esercizio della professione forense.

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Caro Aldo non ho letto l’articolo da cui hai preso spunto per una dissertazione sulla professione di avvocato, ma conosco dal di dentro i “problemi” dell’avvocato di oggi.        Sono convinto che tutto nasce dalla trasformazione sociale che ha contraddistinto gli anni della cd “globalizzazione” dalla caduta del muro in avanti.

Da quel momento si è trasformata l’ambizione in avidità e, tu stesso, nel tuo articolo, ti soffermi sui redditi di questi nuovi poveri con la laurea.

Il consumismo ha fatto sì che oggi l’avvocato bravo si identifica nell’avvocato ricco.

Gli avvocati oggi sono troppi perché il filtro che dovrebbe iniziare dalle Scuole medie e proseguire nei Licei e nelle Università si è sgranato, e oggi è a maglie larghissime.

Chi ti scrive, per ben due volte è stato Presidente di commissioni di esami per avvocato e ha potuto constatare in diretta il livello bassissimo di preparazione, non solo tecnica, ma soprattutto culturale di queste nuove generazioni di avvocati.

Nella tornata 2023 la quasi maggioranza degli esaminati non conosceva il modo in cui si forma il Parlamento Europeo; in effetti commentammo tra di noi della commissione che questi novelli avvocati non erano neanche andati mai a votare per l’elezione del parlamento europeo oltre a non averlo mai studiato.

E che dire dei compiti scritti che ho corretto nel 2013 prima della “versione Covid” dell’esame? Errori di ortografia, sintassi e addirittura di copia da temi evidentemente fatti pervenire clandestinamente ai candidati durante le prove scritte.

Ho sbalordito i componenti la mia commissione con la capacità di individuare alla seconda domanda il tipo di università che il candidato aveva frequentato; in particolare la mia abilità era individuare i candidati che provenivano dalle Università On Line, quelle che non esito a definire “laureifici”.

Il segreto? Questi candidati non hanno mai letto un libro, hanno preparato gli esami su dispense fornite da questi “atenei” che sono funzionali ad “azzeccare” in testa le risposte da dare alle domande “preconfezionate.

In definitiva nessuna capacità di argomentare, di ragionare, di coordinare i vari istituti.

A questo punto cosa volete attendervi da questa nuova genia di avvocati? Cosa potrà mai offrire al cliente che gli chiede di risolvere un problema che non riesce neanche a comprendere se non ricade nel caso “studiato” sulla dispensa?

Quelli di prima, a cui ritengo di appartenere, hanno studiato Dante, le tragedie greche, Antigone, l’Eneide; hanno letto Camus, Shakespeare, Pirandello, Dostoevskij e Pasolini che, sembrano non avere alcuna relazione con i codici e le pandette, ma che invece aiutano più delle dispense di cui innanzi.

Io “impongo” ai praticanti che vengono da me a fare il tirocinio, di fare queste letture; compro e regalo loro questi testi, perché sono convinto che la cultura è la bussola per orientarsi in questa professione.

Non a caso fino a un certo punto l’unica scuola media superiore che dava accesso alla facoltà di giurisprudenza era il liceo classico.

Io ho fatto ben tre esami di materie romanistiche: Istituzioni di Diritto Romano, Storia del Diritto Romano e Diritto Romano con i quali non vado a difendere in aula ma che rappresentano la “formazione” culturale che mi aiuta, silenziosa dentro di me, ad approcciarmi ai casi da trattare.

Devo però dire che le Istituzioni si sono ben adeguate a questa “qualità” della professione forense.

Gli Ordini sono sempre più composti da avvocati che sanno farsi votare piuttosto che da avvocati che sanno fare la professione e sanno avere quel ruolo anche sociale che il ruolo impone.

Un’ultima menzione va fatta per gli avvocati d’ufficio nei processi penali.

Uno vero strazio vedere queste schiere che non esito a definire “bande” di giovani, e non solo, avvocati appollaiati nelle aule come avvoltoi pronti a lanciarsi sulla carogna rappresentata dal “cliente” che, privo di difensore, viene assistito da uno di loro su provvedimento del Giudice.

Questi “avvocati” il cui compito, per legge, si esaurisce in quella udienza, si annotano il nominativo, l’indirizzo e la data del rinvio e, senza avvisare il malcapitato, lo “assistono” fino alla sentenza che non potrà che essere di condanna per il nulla apportato dalla difesa.

Poi, solo allora, parte la lettera con la richiesta del pagamento della “meritata” parcella per l’attività “professionale” svolta.

Il tutto sotto lo sguardo del Giudice che giudicherà in cuor suo anche questi fatti indecenti.

E già, proprio così, questa differenza tra Giudici e Avvocati si è sempre più ampliata proprio a causa della differente preparazione di base che caratterizza queste due categorie; il concorso in magistratura è rimasto una cosa seria, di quello per avvocato ne abbiamo parlato.

Chissà se c’è qualche magistrato che proviene da Università On Line? Io penso di no ma non posso esserne certo al 100%.

Sono convinto, infine, che oggi se si dovesse riscrivere “l’elogio del Giudice scritto da un avvocato” sarebbe un’opera nello stile di Frassica con la sola differenza che Frassica fa satira e comicità, il presunto autore scriverebbe in quel modo con convinzione.

Si dovrebbe continuare, ma sarebbe troppo lungo, a parlare di protocolli processuali negoziali (tra magistrati e avvocati) e proto­colli processuali unilaterali (norme deontologiche dei magistrati o degli avvocati); e poi ancora sulle conseguenze delle violazioni dei protocolli e delle norme deontologiche sul processo.

E sarebbe interessante interrogarsi del perché l’Avvocato non compare nella Costituzione.

Aspetto tuoi imput su queste interessanti questioni.

Giovanni Falci

 

 

 

 

 

One thought on “AVVOCATI: la parola passa a Giovanni Falci

  1. Condivido ciò che sullo “spinoso” argomento scrive l’illustre avvocato Falci. Oggi, a differenza di ieri, vi è assoluta carenza nelle categorie interessate ( non solo avvocati ma anche magistrati) di cultura “generale”

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