TOTI: la sponsorizzazione e il dubbio

 

Aldo Bianchini

SALERNO – E’ il concetto della sponsorizzazione che non passa e non cresce nella “nostra provinciale mentalità”; e con il concetto della sponsorizzazione non passa neppure quello che è una esigenza primaria della politica: il finanziamento.

In pochi anni simo passati dl finanziamento volontario, a quello istituzionale ai partiti, per ripiombare nel finanziamento illecito e risalire poi con quello della “sponsorizzazione legale e certificata”; ma neanche questo ha placato l’ira funesta delle Procure della Repubblica che vengono sempre attraversate e condizionate (anche trasversalmente) dal dubbio che le sponsorizzazioni possono servire per ottenere dei vantaggi; ovvero che chi sponsorizza lo fa per ottenere se non proprio dei vantaggi palesi almeno quei percorsi sui quali inerpicarsi per raggiungere la vittoria (alludo alle decine di migliaia di gare pubbliche che,  tutti i livelli, si svolgono in questo Paese).

Nell’affrontare il “caso TOTI” (il governatore della Liguria gli arresti domiciliari)  il grande giornalista Bruno Vespa, nella rubrica de Il Mattino del 25.05.24 denominato “Punto di Vespa”, sotto il titolo di “Il caso Toti e il danno politico già fatto” ha sapientemente e saggiamente scritto:

  • Severino Citaristi mi fissava con lo sguardo mite e perduto dell’uomo onesto e malato. Sa quanti anni di carcere dovrebbe scontare?, gli chiesi. “Sedici?”, mi disse con un filo di voce. “Ventitré”, risposi. Tutto il Parlamento diede atto che Citaristi, segretario amministrativo della Dc, non aveva tenuto per sé un centesimo. Ma era responsabile di tutti i finanziamenti illeciti al suo partito e non trovò un giudice dubbioso come Di Pietro: Raul Gardini era salito nella sede del Pds con una valigetta con un miliardo in contanti ,ma Di Pietro non se la sentì di procedere perché non sapeva se l’imprenditore era salito al quinto piano (amministrazione) o si era fermato al secondo (segreteria politica). I segretari amministrativi del Pci/Pds (Stefanini) e del Psi (Balzamo) morirono d’infarto. Citaristi di tumore. Perché non dichiarava i finanziamenti al partito? “Ce lo chiedevano le imprese per non avere problemi con gli altri”. Adesso Giovanni Toti è agli arresti domiciliari pur avendo tracciato tutti i finanziamenti ricevuti. Erano frutto di corruzione? Bisogna provarlo e allo stato l’accusa è molto fragile. Toti era un bravo giornalista e lo ha dimostrato diffondendo alla fine dell’interrogatorio una memoria che deve aver messo fortemente in imbarazzo l’accusa. È certamente uno strumento di parte, ma lì si dimostrano alcune cose. Il mitico Spinelli dava soldi a tutti secondo la convenienza politica del momento. I padroni del porto erano lui e il patron di Msc, l’armatore Aponte (fantastico che l’uno facesse spiare l’altro). Toti mediava e si barcamenava, ma non chiudeva la porta in faccia nemmeno a persone da cui non riceveva nulla. E’ difficile che il giudice ridia subito la libertà a Toti, è difficile che possa negargliela il tribunale del riesame. Ma saranno passate ormai le elezioni e il danno politico è fatto. Resta la riflessione sul finanziamento pubblico dei partiti. La gente arriccia il naso, ma se anche il trasparente diventa illecito, qualche ripensamento va fatto. (Il primo a chiedere per iscritto una tangente fu Giuseppe Mazzini).

Io posso soltanto aggiungere una considerazione finale che va al di là di ogni legittimo e/o illegittimo dubbio: il concetto della sponsorizzazione lo abbiamo copiato, nella peggiore versione possibile, dagli Stati Uniti d’America; lì in quel grande Paese ogni possibile dubbio sulle finalità delle sponsorizzazioni è cancellato per legge e, sempre per legge non scritta, si dà per scontato che chi sponsorizza non solo contribuisce al sistema fiscale americano ma allo stesso modo ha diritto a tutti quei percorsi facilitati che qui, da noi, diventano strumenti di accusa nelle mani delle Procure.

Come al solito ci troviamo di fronte ad un sistema distorto che necessita di una volontà e di un forza politica per la sua necessaria correzione; ma all’orizzonte non si intravede né la volontà e né la forza.

 

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