LAZIO: l’impresa del 1974, c’ero anche io

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Domenica 12 maggio 1974 la LAZIO (squadra di calcio capitolina) ha solennemente festeggiato la ricorrenza del 50° anniversario della vittoria del primo scudetto tricolore della sua storia sportiva.

L’evento mi ha riportato alla mente un ricordo indelebile in quanto non solo conobbi tutti quei grandi calciatori ma con loro e con tutto lo staff dirigenziale andai anche a cena in un noto locale di Ostia (non ricordo il nome).

Correva l’anno 1974 e il giorno 14 aprile di buon mattino io e Francesco De Robbio, detto Ciccio, partimmo da Salerno diretti a Roma perché la mattina successiva dovevamo recarci negli uffici della Direzione Generale dell’INAIL (Ente dl quale dipendevamo sia io che Ciccio) per ragioni di servizio.

De Robbio era arbitro nazionale di calcio della Serie A e, quindi, dopo un leggero pranzo nei pressi del Foro Italico ci recammo allo stadio Olimpico per assistere alla partita Lazio-Verona con una Lazio che si avviava a vincere il suo primo scudetto sotto la guida del magico Tommaso Maestrelli.

La partite per la cronaca finì con un secco 4-2 per la Lazio con reti di Garlaschelli, Nanni (2) e l’immancabile Chinaglia sul finire dell’incontro.

La mattina successiva 15 aprile 1974 assolvemmo ai nostri rispettivi impegni di servizio presso la direzione generale dell’Inail e ritornammo in albergo (in Via Nazionale); mentre riposavamo Ciccio fu raggiunto da una telefonata; all’altro capo della linea c’era la segretaria della Lazio che invitò il mio amico-mentore ad una cena ufficiale della squadra ad Ostia, con la presenza anche del noto arbitro internazionale Sbardella (poi designatore della CAN) che aveva diretto la gara della Lazio contro il Verona del giorno prima. Ciccio già lo sapeva ma aspettava solo la telefonata di conferma.

In serata mi ritrovai immerso in un ambiente sportivo che fino ad allora non avevo mai conosciuto; un salone enorme con un grande tavolo ovale che accoglieva oltre trenta persone, tra le quali tutti o quasi i giocatori della Lazio, tra i quali l’intera squadra che era scesa in campo all’Olimpico il giorno prima: Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi e D’Amico.

Rimasi impressionato dalla vivacità di Vincenzino D’Amico che addirittura salì sul tavolo, a fine cena, per esibirsi nel canto dell’inno della Lazio; mi colpirono anche la serena compostezza di Tommaso Maestrelli (seduto tra Ciccio e Sbardella) e la statuarietà di un gigantesco Chinaglia.

In quel locale si respirava l’aria della cordialità e dell’amicizia che andava ben al di là del gruppo che già allora veniva velenosamente indicato come diviso in due clan l’un contro l’altro armati; non ebbi questa sensazione, anzi toccai con mano il contrario. Probabilmente la rivalità interna serviva sia al gruppo che alla stampa per attirare l’attenzione sull’impresa che stava per essere compiuta.

Ottima la cena, tutta a base di pesce di prima qualità; raccolsi le firme di buona parte dei calciatori e da Maestrelli ricevetti anche la medaglietta raffigurante il mezzo scudetto che la Lazio aveva stampato alla fine del girone d’andata come campione d’inverno. Un mese dopo la consacrazione a campioni d’Italia in uno stadio Olimpico impazzito di gioia.

Ricordo di aver regalato tutto il materiale raccolto a mio nipote Giuseppe (oggi medico a Roma) che in quel periodo aveva riportato gravi ferite a causa della caduta da un muretto alto alcuni metri.

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